Padre guardiano irascibile
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
15 settembre 2021
Negli anni Quaranta ci fu l’ennesima ristrutturazione del convento. Si rifece il tetto e la facciata fu caratterizzata con pietra bianca locale e un grande rosone.
Per riconsacrare la chiesa, era necessario ripulirla dalle incrostazioni e dalla polvere. Per questo si fece ricorso alle araldine che, nonostante la clausura, poterono accedere liberamente nei locali del convento.
Con lunghe scale si arrampicavano sui muri, spolverando minuziosamente i fregi, gli stemmi e i grandi angeli di gesso, posti alla sommità degli altari barocchi. A una a una ripulirono anche le nicchie dei santi, dopo aver rimosso e allineato le statue nel chiostro.
Il lavoro era ormai completato, s’era fatto buio. Restava solo da prelevare l’ultima statua, San Pasquale Baylon, e ricollocarla nella sua nicchia. Ma le ragazze erano sfinite.
Fu allora che venne in loro aiuto Fasciano, un uomo pratico e risoluto. Accortosi che San Pasquale era pieno di sporcizia, attinse un secchio d’acqua dal pozzo del chiostro, lo riversò con forza sulla statua, e in presenza delle pie ragazze esclamò a gran voce:
– “Te’, San Pasqua’, lavate pure tu i cugliune!?”.
Le ragazze dapprima rimasero sconvolte per quella bestialità, ma poi scoppiarono in una fragorosa risata, ringraziando il buon uomo per l’aiuto dato loro.
Passò circa un decennio e un nuovo padre guardiano diede il via a nuovi lavori. Tra l’altro fu rifatto il pavimento in cemento, dopo la rimozione degli scheletri giacenti sotto il vecchio pavimento in cotto.
Questa volta San Pasquale ebbe minor fortuna. Forse perché la statua era veramente malridotta, forse perché la devozione per il santo scemava, una bella mattina il padre guardiano, se la caricò in spalla e la infilò nella sua Fiat 1100 familiare.
Pensava di aver fatto quella operazione da solo e in gran segreto, ma si sbagliava, perché una bizzoca aveva spiato le sue mosse. La malalingua insinuò il dubbio in paese che il padre guardiano fosse andato a vendersi la statua di San Pasquale a Campobasso.
Messo al corrente della pesante insinuazione, l’irascibile padre guardiano, che in città c’era andato sì, ma per depositare la statua al convento di San Giovanni dei Gelsi, dove erano già stati depositati a centinaia anche i vecchi libri della gloriosa biblioteca del convento di Toro, ebbe a dare sfogo a tutto il suo risentimento.
Durante un’omelia, prima rassicurò i fedeli che la statua di San Pasquale non era stata venduta, ma aveva solo cambiato convento, poi si permise la degna conclusione dall’altare:
– “Ma poi sta’ femmina non poteva farsi i c…. suoi?”.
(“Foto: P. Ireneo Serpone)
di Vincenzo Colledanchise