Sanità, silenzi e ipocrisie
Negli accordi di confine con Abruzzo, Campania e Puglia si sta disegnando il ruolo di cenerentola del Molise
di Umberto Berardo
20 settembre 2021
I problemi e le carenze della sanità molisana si trascinano da anni e si sono incancreniti soprattutto da quando la regione è entrata nel 2007 in piano di rientro e poi è stata commissariata due anni dopo.
Da allora i poteri sul settore appartengono al commissario che ovviamente risponde del suo operato al governo nazionale dal quale riceve la nomina.
Ho scritto più volte che, a prescindere dalle difficoltà gestionali di natura regionale dei servizi sanitari, le inefficienze del sistema derivano soprattutto dalla volontà politica di spostare progressivamente e furbescamente con il metodo della “rana bollita” l’insieme delle prestazioni diagnostiche, curative ed assistenziali dal pubblico al privato.
Si è ingigantita così una sanità ospedalocentrica sempre più affidata alle convenzioni con le strutture private depotenziando quelle pubbliche.
L’inesistenza di tante prestazioni in queste ultime e l’assenza pesante dei servizi territoriali ha creato i tanti drammi vissuti dai cittadini soprattutto in questo periodo di pandemia che hanno portato in Italia alle migliaia di decessi sui quali ancora stiamo aspettando un po’ di luce da parte della magistratura.
Di recente in Molise il presidente della giunta regionale e commissario ad acta per la sanità Donato Toma ha prima annunciato e poi presentato alla stampa il Piano Operativo Sanitario 2019-2021 che a suo dire sarebbe quello elaborato in realtà dal Commissario Giustini e dalla subcommissaria Grossi.
La prima cosa che sembrerebbe sfuggire a molti è che siamo davanti ad un Piano che riguarda un triennio in scadenza e che dunque non si capisce quale operatività possa generare visto che si deve già lavorare a quello successivo.
Questi ritardi di elaborazione di idee sul piano programmatico parlano da soli con chiarezza.
A parte la promessa di 930 nuovi addetti tra il personale e l’assicurazione che nessun reparto chiuderà, non si intravvede alcuna inversione rilevante di tendenza con una riqualificazione delle prestazioni territoriali ed ospedaliere nel servizio pubblico.
Sulle promesse di Campobasso Dea di secondo livello e di Isernia e Termoli Dea di primo livello nel P.O.S. 2022-2024 credo si debba stendere un velo di grande perplessità.
Non solo continuerà la logica dell’integrazione funzionale tra pubblico e privato che altro non è se non il passo iniziale per giungere alla gestione privata del servizio sanitario, ma inizierà perfino un percorso di esternalizzazione attraverso accordi di confine con le regioni limitrofe che potrebbero portare perfino alcune forme di assistenza nelle malattie tempo-dipendenti in centri come Benevento e Foggia molto distanti e difficilmente raggiungibili soprattutto dalle aree interne della regione.
Negli accordi di confine con Abruzzo, Campania e Puglia spero non si stia disegnando il ruolo di cenerentola del Molise che vedrebbe sicuramente aumentare la mobilità passiva.
Al di là poi dei preannunciati infermieri di comunità e del potenziamento degli screening oncologici non vediamo francamente nessun disegno di natura strutturale e funzionale nelle prestazioni, nel potenziamento delle attrezzature e nella definizione di nuovi servizi sul territorio.
Così come viene disegnata, si aggrava sicuramente per i molisani la rete dell’assistenza per l’emergenza-urgenza nelle patologie tempo-dipendenti.
In una situazione di deprivazione progressiva dei servizi sanitari pubblici, che rischiano di perdere sempre più anche la loro gratuità per ragioni legate soprattutto ai tempi di attesa, il rischio è che tutto ciò possa accentuare la desertificazione demografica che continua a spopolare la regione.
Relativamente al P.O.S. 2019-2021 esiste poi un problema politico e sociale di ipocrisie e silenzi sui quali occorre fare qualche riflessione.
Se è vero che il centro-destra molisano sta percorrendo da anni la strada della privatizzazione dei servizi sanitari, è altrettanto certo che le cosiddette forze che si definiscono di centro-sinistra e che governano l’Italia non hanno mai denunciato con coerenza il processo di depotenziamento delle strutture della sanità pubblica e lavorato per un progetto di un loro rafforzamento soprattutto con servizi di qualità nei centri ospedalieri e sul territorio.
Di queste posizioni ovviamente dovranno render conto ad un elettorato che certamente sa osservare quanto e come si opera politicamente nelle diverse istituzioni.
Pur avendone le competenze previste dalla funzione commissariale, è certamente inconcepibile che un presidente della giunta regionale annunci un P.O.S. senza preventivamente confrontarsi con il Consiglio Regionale il quale tuttavia avrebbe dovuto tenere quantomeno le antenne alzate evitando come al solito di sollevare le barricate solo a cose fatte.
Dalle forze contrarie alla linea politica della Giunta troppe volte molti molisani hanno atteso posizioni politiche decise e cristalline che non sono mai arrivate.
Aspettarsi da loro il coinvolgimento attivo della popolazione su questioni così serie è troppo, vero?
Non ci è dato sapere fin qui se Toma abbia convocato al riguardo la Conferenza dei Sindaci, i sindacati, le associazioni ed i comitati di base.
Sta di fatto che, se si escludono le tante voci libere che muovono il dibattito sulle questioni sociali, da parte di molti esponenti delle amministrazioni locali e delle forze politiche, culturali, ecclesiali e sociali c’è un silenzio assordante o posizioni incomprensibili che preoccupano non poco.
Ci sono infine i cittadini molisani che hanno il diritto, ma anche la responsabilità di pretendere sistemi di partecipazione diretta in decisioni così importanti quali quelle relative ad un settore così delicato della vita pubblica come l’assistenza sanitaria.
Con grande serietà e determinazione occorre lavorare soprattutto alla base con proposte razionali di ristrutturazione del servizio sanitario relativo al P.O.S. 2022-2024 evitando di lasciarlo al verticismo di una politica che sta perdendo le relazioni con le esigenze di una popolazione che non credo possa riconoscerne più per tale ragione le funzioni di rappresentanza.
L’inerzia non può essere la risposta alla china sulla quale stanno franando tantissimi servizi pubblici nella regione.
di Umberto Berardo