Rete unica, fluviale e stradale
È quanto si verifica nella nostra regione con la costruzione, negli anni 70, della Bifernina e della Trignina
di Francesco Manfredi-Selvaggi
5 novembre 2021
È quanto si verifica nella nostra regione con la costruzione, negli anni 70, della Bifernina e della Trignina che hanno quale sedime il fondo delle valli dei 2 maggiori fiumi molisani. Vennero chiamate al momento della loro ideazione «assi di sviluppo», definizione che può essere trasferita ai corsi d’acqua lungo cui si sviluppano.
Si intende trattare la questione del rapporto dei fiumi con la nostra struttura viaria e, però, per fare questo occorre vedere un po’ in che consiste la rete fluviale presente nel Molise. Innanzitutto è da dire che tutti i corsi d’acqua che vi sono qui da noi sono relativamente corti e ciò perché l’Appennino da cui tutti, con eccezione del Fortore e includendo pure il Trigno che nasce da una propaggine della catena appenninica, hanno origine non è molto distante dal mare dove sfociano, o almeno è molto meno distante dal mare delle Alpi; un fiume alpino è, per capirci, il Po, il principale corso d’acqua dell’Italia.
Poiché relativamente, lo si ripete, brevi essi dovrebbero interessare un’unica regione, ma non è così perché 2 su 4 sono a confine tra più delimitazioni regionali, il Trigno e il Fortore, mentre uno, il Volturno, che ha origine dal versante molisano delle Mainarde si sviluppa per larga parte in Campania; il Po, l’esempio di prima, tocca invece numerose regioni. In definitiva, solo il Biferno è interamente, per così dire, nostro. L’assetto del reticolo fluviale è replicato da quello delle strade.
La Bifernina e la Trignina si attestano sulle vallate dei relativi fiumi. Tale disposizione nei fondovalle delle vie di comunicazione è tipica della fascia adriatica dello Stivale, dalle Marche fin qui, presentandosi quale modalità meno frequente nell’area alpina e in quella tirrenica. Abbiamo così arterie di scorrimento veloce perpendicolari, come lo sono le aste idriche, sia alla costa sia ai rilievi appenninici che permettono di attraversare il Molise secondo la sua longitudine, che è la dimensione di gran lunga prevalente, in poco tempo.
Esse sono, similmente ai corsi d’acqua, rettilinee e ciò favorisce il contatto diretto, si stava per dire diritto, tra i vari comprensori regionali procedendo da oriente a occidente, oltre che tra il mare e la montagna. Si ha una direzionalità marcata, appunto da est a ovest (e viceversa, è scontato), dei collegamenti stradali, anzi addirittura una univocità delle comunicazioni in quanto le teorie di colline che separano le diverse valli fluviali non consentono di impostare tracciati lungo traiettorie di spostamento nel senso opposto, cioè nord-sud.
Lo sa bene la Transcollinare il cui progetto è rimasto sulla carta per le difficoltà dei plurimi, uno per ogni fiume incontrato, ostacoli incontrati nel suo percorso. Solamente ai capi estremi del presente sistema vallivo si ha l’apertura di varchi in cui si inseriscono canali di trasporto, ferroviario e automobilistico, orientati nella direzione settentrione-meridione. Trattandosi del lato in cui la regione è più stretta, insieme alla loro collocazione ai limiti del territorio molisano, essi appaiono funzionali più che alle connessioni interne, cioè a scala regionale, a quelle esterne, cioè a scala nazionale.
Tali corridoi di traffico, lo si ripete su ferro e su gomma, noi li guardiamo, conformemente al tema che ci siamo assegnati, dal punto di vista della coerenza con l’idrografia. È presto detto: nella fascia litoranea chi la percorre si trova a dover traversare su semplici ponticelli, quasi senza accorgersene poiché semplici, anch’essi, corpi idrici, una serie di rivi, dal Tecchio al Mergolo al Sinarca alla Foce dell’Angelo al Vallone La Torre al Riovivo, che procedono in piano. Il territorio è in piano perché si sono ormai conclusi i bacini formati dai corsi d’acqua provenienti dall’Appennino.
Osservando, lasciata la fine dei fiumi, il punto contrapposto ad esso, il principio dei fiumi, ci si imbatte in una sequenza di piane parallele alla linea costiera, non più ortogonali come lo sono i fondi vallivi degli assi fluviali appenninici, la quale comprende Le Piane di Isernia, il Lago di Pettoranello e poi, scavalcato il valico di Castelpetroso, la conca di Boiano e di seguito, oltrepassata la Sella di Vinchiaturo, la pianura di Sepino. Avevamo anticipato che avremmo fatto riferimento alla configurazione idrologica e così facciamo: siamo di fronte a corsi d’acqua minimi, la loro ridotta estensione essendo diretta conseguenza della frequenza dei passi che dividono le piane e, soprattutto, dell’esistenza di una vera e propria cordigliera che chiude lateralmente tali vallette dirimpetto alla dorsale appenninica la quale le stringe nell’altro fianco.
È un concatenamento di bassi monti continuo che si interrompe unicamente per lasciar passare il Trigno e il Biferno, impedendo al resto della rete idraulica di defluire verso il mare. Impediti come sono i corsi d’acqua minori, proprio perché minori, a scavarsi un solco verso l’Adriatico essi si devono accontentare di un ruolo, in qualche modo, secondario che è quello di tributari, pertanto di secondo livello, nella maglia idrica delle aste fluviali di grado superiore, nuovamente il Biferno e il Trigno. È su questo sistema vallivo inframontano, congruente con la disposizione, in un fronte, dell’Appennino e, sul fronte di fronte, non è un gioco di parole, magari è cacofonico, con quella dell’Antiappennino che, è in parallelo con il “fratello” maggiore, posizionato sulla linea di mezzeria della Penisola, dunque secondo l’asse nord-sud, che si attesta un percorso viario antichissimo.
È quest’ultimo la via Minucia dei Romani che diventerà la statale 17, la direttrice che è stata da supporto alla nascita di centri rilevanti quali Aesernia, Bovianum, Saepinum nel cuore storico della regione. Alla statale predetta si affiancano i binari della Carpinone-Sulmona, ora un “ramo secco”, ma prima essenziale infrastruttura di congiunzione fra le cosiddette aree interne di mezz’Italia. Rimane da evidenziare, riprendendo una considerazione iniziale, che se in passato i fiumi al perimetro del territorio regionale, quindi il Trigno e un pezzo del Fortore, potevano essere letti come barriere legittimamente, una causa dell’isolamento della nostra terra tale da giustificare l’espressione «il Molise non esiste», adesso lo stato di fatto, vale per il Trigno, con la costruzione della strada di scorrimento veloce nel suo fondovalle è cambiato.
È diventato agevole transitare da una sponda all’altra per i numerosi bivi che punteggiano la superstrada, nei quali si innestano, a pettine, come a pettine è lo schema degli affluenti a tale fiume, le vie che portano ai paesi in altura. I viadotti che sono diversi sulla Trignina (in verità, a differenza della Bifernina dove ne costituiscono l’ossatura qui vi sono pure le gallerie) sorvolano l’alveo fluviale e si poggiano a volte sulla riva molisana e a volte su quella abruzzese e non rendono ulteriormente necessari i ponti i quali erano assai rari in passato. Ciò ne faceva dei luoghi nevralgici, prendi Sprondasino, nell’organizzazione territoriale, cruciale per collegare le due regioni, ma anche l’intera nazione.
di Francesco Manfredi-Selvaggi