• 19 Gennaio 2022

Il paese dei paesi

Cercatelo, trovatelo e candidatelo. 1 miliardo per il rilancio di 250 piccoli paesi, progetti da presentare entro il 15 marzo

di Maria Fioretti (da orticalab.it)

19 gennaio 2022

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Ci sono luoghi che si salveranno, nel paniere dei paesi piccolissimi: brilleranno di una luce propria, nuova di zecca. E ce ne sono altri che continueremo a dimenticare, buoni solo per dirsi addio

Di cosa parliamo? È disponibile QUI l’avviso pubblico per la presentazione di Proposte di intervento per la rigenerazione culturale e sociale dei piccoli borghi storici da finanziare nell’ambito del PNRR, Missione 1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, Component 3 – Cultura 4.0 (M1C3). E Misura 2 Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale, Investimento 2.1: Attrattività dei borghi storici, finanziato dall’Unione europea – NextGenerationEU.

Che tradotto corrisponde agli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in particolare l’Investimento 2.1 Attrattività dei Borghi prevede un finanziamento complessivo pari a 1.020 milioni di euro ed è suddiviso in due linee d’intervento: la Linea A dedicata a  Progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei Borghi a rischio abbandono e abbandonati  con una dotazione finanziaria di 420 milioni di euro e la Linea B dedicata a  Progetti locali per la Rigenerazione Culturale e Sociale con una dotazione finanziaria complessiva di 580 milioni di euro. Infine, l’investimento vede un importo pari a 20 milioni di euro destinati all’intervento Turismo delle radici il cui soggetto attuatore è però il Ministero degli Affari e della Cooperazione Internazionale.

Risorse dedicate ai piccoli borghi storici, finalizzate a promuovere progetti per la rigenerazione, valorizzazione e gestione del grande patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presenti nei piccoli centri italiani, integrando obiettivi di tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto dello spopolamento.

Questo avviso pubblico, ha dichiarato il Ministro Dario Franceschini, «rappresenta un’occasione unica per il rilancio dei borghi e delle bellezze artistiche diffuse nei luoghi meno conosciuti del Paese e ancor di più per trasformare un patrimonio disperso in un patrimonio diffuso».

Gli interventi ammessi al finanziamento dovranno dare nuova linfa al tessuto socio-economico di questi luoghi attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici, la rigenerazione del patrimonio storico-architettonico insieme all’attivazione di iniziative imprenditoriali e commerciali che creino ricadute occupazionali sul territorio.

Destinatari sono i piccoli comuni singoli o aggregati con popolazione residente fino a 5mila abitanti nei quali sia presente un borgo storico chiaramente identificabile e riconoscibile (o, nel caso di comuni dimensionalmente molto piccoli, si configurino essi stessi come un borgo storico). Le aggregazioni di comuni possono riguardare comuni limitrofi o comuni ricadenti nella medesima regione che condividono medesimi tematismi. Nel caso di aggregazioni di più comuni fino ad un massimo di tre, in ogni comune dovrà essere presente un borgo storico. Nel caso di Comuni in forma aggregata la candidatura deve essere presentata dal Comune che assume il ruolo di proponente e capofila. 

Un’opportunità – si legge nell’applicativo – per i piccoli centri collocati prevalentemente nelle aree marginali del Paese, spesso caratterizzati da fragili economie, aggravate oggi dagli effetti della pandemia da Covid 19, segnati dalla presenza di gravi criticità demografiche e rischi ambientali.

Le risorse saranno ripartite tra Regioni e Province secondo criteri condivisi che fanno riferimento ai criteri di riparto dell’Accordo di Partenariato 2021-2027 riparametrati secondo il macro riparto del PNRR: 40% al Mezzogiorno e 60% a Centro Nord.

La domanda potrà essere presentata entro massimo le ore 13:59 del giorno 15 marzo 2022.

E siamo alla sintesi: saranno realizzati interventi di rigenerazione e innovazione nei piccoli centri attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici, il restauro del patrimonio storico-architettonico, insieme all’attivazione di iniziative imprenditoriali e commerciali che creino ricadute occupazionali sul territorio, per rivitalizzare il tessuto socio-economico di questi luoghi, contrastando lo spopolamento e favorendo la conservazione del loro notevole patrimonio culturale materiale e immateriale, paesaggistico e delle loro tradizioni.

È prevista una forte collaborazione pubblico-privato alla base degli interventi, favorendo approcci integrati e partecipativi al fine di generare benefici nei quattro pilastri dello sviluppo sostenibile: economia, diversità culturale, società e ambiente. In questa logica, si darà peso a quei progetti in grado di coinvolgere in modo diretto ed esplicito sia le comunità locali (i cittadini, le famiglie, ecc.), sia le organizzazioni produttive, imprese profit e non profit e le loro organizzazioni intermedie, allo scopo di stimolare la collaborazione, l’integrazione e la partnership in termini sia di co-progettazione sia di forme collaborative di gestione.

Provando a mettere da parte le formule fuffa – e standard – del Ministero della Cultura, possiamo renderci conto di come questi fondi del PNRR Cultura possano rappresentare una possibilità e una sperimentazione – allo stesso tempo – anche se non tutto risulta immediatamente chiaro, soprattutto se guardiamo agli investimenti sul digitale. Capiamo però che non si tratterà di semplici lavori di ristrutturazione, questa non sarà un’operazione di facciata, ma un programma che ha a cuore quella rigenerazione capace di cambiare i piccoli paesi nelle politiche – e nelle pratiche – quotidiane.

Veniamo alle perplessità, che sono appositamente in conclusione. La prima: un carico di lavoro importante sulle spalle dei piccoli comuni, non luoghi dell’anima ma amministrazioni e uffici che vivono delle mancanze tecnico-strutturali impossibili da sottovalutare. E siccome un progetto così non si scrive da solo, ci tremano i polsi al pensiero che non tutti abbiamo le giuste competenze e l’occasione possa andare sprecata, aumentando di fatto le disuguaglianze. O peggio, che tutti decidano di affidare all’esterno il compito.

Arriviamo così al secondo dubbio: il metodo. L’approccio partecipativo non sarà certamente garantito dall’azienda X – partnership pubblico/privato – che arriva dalla metropoli ed è ultra specializzata nella rigenerazione urbana. In verità, è complesso garantirlo anche partendo dal basso, soprattutto dove non esiste più comunità, a causa di quello spopolamento – qualitativo più che quantitativo – a cui faceva accenno anche il MiC.In

ultimo, ci impensierisce la rigenerazione a base culturale che dovrà diventare la vocazione definitiva per questi luoghi oggetto di investimenti. Perché la cultura non è fatta solo di beni o di patrimoni, è anche produzione, fruizione, trasformazione, è soprattutto persone, connessioni, crescita.

Buona fortuna quindi. Entro giugno 2025 – scrive Il Sole 24 Ore – si conosceranno i 1.300 interventi di siti culturali o turistici e le 1.800 imprese sostenute.

di Maria Fioretti (da orticalab.it)

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