La fase narrativa del cammino sinodale
Bisogna evitare di disegnare una lettura superficiale della realtà ecclesiale uscendo da ogni logica di analisi di tipo formalistico, intellettualistico o peggio ancora immobilista
di Umberto Berardo
25 gennaio 2022
Dopo l’apertura ufficiale in San Pietro a Roma il 10 ottobre 2021 il cammino sinodale sta cercando un suo percorso articolato nelle Chiese locali con la costituzione delle relative Commissioni Diocesane che stanno organizzando schede di riflessione dei vari gruppi di lavoro costituiti a livello parrocchiale e diocesano.
Il documento preparatorio della CEI pone opportunamente l’esigenza che nel primo biennio (2021-2023), denominato “fase narrativa”, il popolo di Dio si interroghi con una mente guidata dallo Spirito e comunque libera e serena sulle questioni che ritiene più rilevanti dentro e fuori di una Chiesa il cui futuro va costruito partendo da una visione aperta e comunque indirizzata dal Vangelo.
Evitando di promuovere confusione con idee preconcette e prive di confronti umili e rispettosi, occorrerà comunque evitare di disegnare una lettura superficiale della realtà ecclesiale uscendo da ogni logica di analisi di tipo formalistico, intellettualistico o peggio ancora immobilista.
Consapevole delle tante difficoltà che viviamo, lo stesso papa Francesco ci stimola, pur nella salvaguardia degli aspetti sostanziali, a modificare “certe visioni verticistiche, distorte e parziali” per delineare una Chiesa in cui ridefinire i carismi, i ministeri, i ruoli, le responsabilità e le relazioni tra i suoi organismi.
In tale direzione occorre partire dall’idea che il soggetto fondamentale della Chiesa è il Popolo di Dio, che non è il demos in quanto entità politica, ma il laos unificato dalla chiamata di Dio.
All’interno di tale laos lo Spirito dona carismi che occorre saper valutare e maturare per ruoli relativi alle diverse funzioni quali quelle dei ministeri, della presidenza nella comunità, della formazione, del coordinamento della preghiera, della liturgia come della promozione della carità nella sua accezione evangelica di condivisione.
I vari incarichi, fuori dalle narrazioni della vocazione e della santificazione di alcuni di essi, vanno profondamente riconsiderati nella logica del servizio che per essere utile ed efficace ovviamente va preparato per ogni mansione con una formazione che non può essere solo di iniziazione, ma ha necessità di diventare molto accurata ed ovviamente permanente.
Sicuramente la stragrande maggioranza dei sacerdoti vive il Vangelo in maniera cristallina, ma la Chiesa con alcuni di essi sta vivendo problemi seri che tuttora non sono risolti.
Per tale ragione la preparazione di laici e presbiteri impegnati nelle parrocchie va ripensata mettendo in relazione molto stretta non solo i vari luoghi della formazione come seminari, facoltà e scuole di teologia, ma anche i diversi organismi parrocchiali e diocesani.
Non può mancare una riflessione seria su quali debbano essere gli spazi, le metodologie e i soggetti per la trasmissione della fede che talora è affidata unicamente all’attività catechistica o ad un insegnamento della religione nella scuola che hanno bisogno di essere ripensati sul piano strutturale, metodologico e didattico mentre davvero poco si fa in tale direzione all’interno della famiglia.
Le difficoltà derivanti dalla carenza di presbiteri, emerse non solo in territori molto vasti come l’Amazzonia ma ormai anche in Italia, ci interrogano certamente sulla stessa struttura attuale delle parrocchie da collegare quantomeno in una sorta di rete visto che alcune di esse sono ormai ridotte a pochi fedeli.
C’è chi affaccia anche la necessità di una discussione su un eventuale celibato volontario e non più essenziale per l’esercizio del ministero sacerdotale ed alla stessa maniera sul nubilato facoltativo nei nuovi ruoli in tante funzioni ecclesiali da dare alle donne che non possono essere più escluse da essi dando anche nella Chiesa al principio di uguaglianza una concezione di effettiva parità capace di superare forme di esclusione che in molti casi sembrano più legate ad una prassi della tradizione o a principi di natura antropologica piuttosto che ad altri di tipo teologico.
Ogni compito forse va poi davvero definito, fuori da ogni gerarchizzazione standardizzata e spesso gerarchizzata nell’ottica del potere, unicamente nella direzione del servizio alla Chiesa ed ai fratelli dentro e fuori di essa.
Ho già sottolineato più di una volta che occorre ridisegnare l’assetto istituzionale della Chiesa evitando la divisione desueta dei cristiani in categorie e definendo anche forme di partecipazione reali di tutti nelle decisioni non solo di carattere gestionale della vita comunitaria, ma anche in quelle che riguardano forme di elezioni o nomine di pastori, presidenti, direttori o coordinatori.
Sicuramente la stessa Curia credo abbia bisogno di un ripensamento della sua struttura come della funzione e degli obiettivi di alcuni suoi organismi quale ad esempio lo IOR solo per fare qualche esempio.
È altrettanto evidente che la fede si alimenta nella Parola, ma non può che essere vissuta in relazione con gli altri che, come testimoniano soprattutto la Caritas ed il mondo missionario, non sono unicamente i cristiani della nostra parrocchia e neppure quelli della nostra Chiesa, ma l’insieme dell’umanità verso la quale occorre tenere un atteggiamento di comunione ed ecumenismo cercando non solo di esprimere, ma di testimoniare ciò in cui si crede sul piano religioso e che alimenta i principi che ispirano la nostra vita.
Sostenere la bellezza di uno stile di vita cristiana significa trovare forme credibili per rendere l’esperienza di fede relazionata a Dio, ma profondamente incarnata nella storia e dunque umanizzata ed umanizzante.
Ai gruppi di lavoro che hanno già iniziato anche nella mia diocesi di Trivento (CB) il cammino di riflessione con l’aiuto di una Commissione Sinodale diocesana presieduta da don Francesco Martino e dalla prof.ssa Ambrosinella Putaturo l’augurio sincero è che abbiano un impegno di osservazione delle realtà parrocchiali e di riflessione sui tanti aspetti dell’essere Chiesa che permetta di allargare ulteriormente analisi e suggerimenti a livello foraniale e quindi diocesano per arrivare poi ad una relazione conclusiva da inviare alla CEI con utili indicazioni per la fase sapienziale e per quella profetica che delineeranno in un momento importante di tipo assembleare il documento finale di sintesi dopo questi quattro anni d’impegno delle comunità locali che mi auguro siano lontani da ogni formalismo e sappiano occuparsi dei temi che costituiscono la centralità della Fede e della Chiesa.
Ho fiducia che una tale esperienza non sia un evento estemporaneo, ma possa diventare una modalità di essere della comunità cristiana a qualsiasi livello.
La guida spero sia questo breve ma bellissimo passaggio della preghiera dell’Adsumus (Siamo qui) che introdurrà ogni incontro dei gruppi di lavoro.
“Insegnaci la via da seguire
e come dobbiamo percorrerla.
Siamo deboli e peccatori;
non lasciare che promuoviamo il disordine.
Non lasciare che l’ignoranza ci porti sulla strada sbagliata
né che la parzialità influenzi le nostre azioni.
Fa’ che troviamo in Te la nostra unità
affinché possiamo camminare insieme verso la vita eterna
e non ci allontaniamo dalla via della verità
e da ciò che è giusto.”
di Umberto Berardo