La notte scura della politica italiana
La commedia recitata in questi giorni è la dimostrazione della precarietà di un governo che non si regge più sull’autorevolezza e la forza del Parlamento, ma sulla figura del Presidente del Consiglio
di Umberto Berardo
31 gennaio 2022
Sull’elezione del presidente della Repubblica italiana una politica dotata di senso dello Stato dovrebbe farsi guidare unicamente dall’articolo 87 della nostra Costituzione che così recita testualmente.
“Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.”
Ho voluto citarlo nella sua interezza perché dalla lettura si desume chiaramente come il Presidente della Repubblica assommi una serie di funzioni e di poteri allo stesso tempo eterogenei e soprattutto di tale rilevanza per la garanzia del corretto e democratico funzionamento dello Stato; pertanto nell’assunzione di una tale carica si deve necessariamente pensare ad un cittadino che garantisca anzitutto una personalità e comportamenti integerrimi a livello etico ed una condotta di vita irreprensibile; serve ancora una preparazione giuridica davvero inappuntabile dovendo presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura e valutare la presentazione e l’emanazione delle leggi e dei decreti oltre che indire referendum e concedere grazia o commutare pene; necessita altresì la saggezza e la terzietà di chi non abbia assolutamente conflitti di interesse né pendenze con la giustizia o condanne di alcun tipo.
Questa mi pare sia l’unica fotografia possibile di un Presidente della Repubblica efficiente e rispettato all’interno della Stato come nei rapporti internazionali.
Era l’orizzonte cui si doveva guardare con razionalità soprattutto in un momento davvero difficile per il nostro Paese alle prese con una pandemia che facciamo fatica a superare, ma che soprattutto vive uno dei momenti più difficili sul piano economico a causa principalmente di un debito pubblico che forse non siamo capaci o non vogliamo eliminare.
Al di là di qualche proposta fantasiosa e davvero irricevibile che è circolata sui mezzi d’informazione nei giorni che hanno preceduto l’inizio delle sedute elettorali per il Quirinale, non era difficile trovare un’italiana o un italiano che potessero corrispondere alla descrizione dei requisiti che un tale ruolo così importante richiedeva.
Un Parlamento, sia pure di nominati dalle segreterie dei partiti, non avendo prodotto una legge elettorale capace di ridare sovranità elettiva piena ai cittadini, avrebbe potuto dimostrare in questa circostanza responsabilità nell’elezione del Capo dello Stato ed affidare tale incarico ad una persona degna; invece i gruppi parlamentari, che in questi anni si sono moltiplicati con manovre trasformistiche ignobili, hanno dimostrato nell’occasione tutta l’approssimazione e l’irresponsabilità di chi ormai non pensa più al bene del Paese, ma si serve anche di questo momento così alto delle funzioni dei grandi elettori per fini puramente elettorali e cinici interessi personali o legati alla propria forza politica.
Mentre i bollettini serali del Covid ci danno un numero di decessi così elevato e la popolazione fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena è davvero surreale ed offensivo per i cittadini che taluni parlamentari possano divertirsi a scrivere sulle schede i nomi più impensabili quasi che stessero immersi nella recitazione di un film comico.
Ascoltare poi le litanie generiche e ripetute di leaders che pensano solo a come vendere la propria immagine nei talk show piuttosto che fermarsi in un confronto riservato e costruttivo per delle proposte politiche serie è diventato ormai francamente sconfortante.
Lo sfilacciamento macroscopico poi che esiste tra i partiti e al loro interno come le continue crisi di governo sono la chiara dimostrazione che ormai il re è completamente nudo con il pericolo che l’Italia rischi seriamente di precipitare verso un declino economico non riuscendo neppure a beneficiare dei fondi europei in corso di erogazione.La commedia recitata in questi giorni dai cosiddetti leaders è davvero la dimostrazione della precarietà di un governo che non si regge più sull’autorevolezza e la forza del Parlamento, ma sulla figura di un Presidente del Consiglio che non è certo espressione della sovranità popolare.
Al di là di come si sono concluse le operazioni di voto per il Quirinale è del tutto evidente che l’Italia è davvero a corto di figure di statisti capaci di dare sicurezze sul piano dell’assetto democratico del Paese, ma in particolar modo per il superamento di un periodo assai problematico per l’economia che teoricamente dicono essere in ripresa, ma che praticamente vede aumentare la disoccupazione soprattutto nella fascia giovanile.
Mentre scrivo le ultime agenzie di stampa danno per certo un ritorno di Mattarella e la notizia è il sintomo dell’assoluta incapacità della politica che si dimostra davvero inadeguata per la seconda volta dopo Napolitano ad impedire la fuga in avanti verso una forma di presidenzialismo o di “monarchia repubblicana” che sarebbero davvero degli artifici squallidi per oscurare le linee di una Repubblica parlamentare chiaramente definita dalla Costituzione.
Tra l’altro siamo chiaramente davanti all’ennesimo escamotage della politica che ha fatto tale scelta per rompere l’asse tra Salvini, Meloni e Conte che stavano giungendo ad un accordo; si è così scongiurato lo scompaginamento delle forze di governo e la crisi dell’esecutivo che nessuno vuole per ragioni legate al raggiungimento del vitalizio anche se continuano da parte della Lega i subdoli tentativi di sovvertimento del quadro politico attuale.
In ogni caso oltre il teatrino grottesco di questi giorni dentro e fuori dal Parlamento mi sembra importante sottolineare alcune riflessioni.
Certamente il Presidente della Repubblica ha come primo ed indifferibile compito quello di riportarci ad un sistema democratico che nessuno può negare sia stato messo tra parentesi per l’inefficienza della classe politica che è sempre più succube di intrecci di potere della plutocrazia finanziaria.
Tornare ad una democrazia effettiva significa allora avere anzitutto al più presto una legge elettorale che restituisca la sovranità ai cittadini.
Altri obiettivi inderogabili sono quelli di realizzare la giustizia sociale dando a tutti un lavoro sicuro e dignitoso, di operare seriamente per abbattere finalmente l’evasione fiscale e di riaffermare il diritto pieno alla salute e all’istruzione con il ritorno ad una sanità e ad un sistema d’istruzione pubblici finanziati adeguatamente per un loro efficiente funzionamento soprattutto dove oggi manifestano maggiore precarietà.
Il Presidente della Repubblica ha il dovere di porsi queste finalità che sono il passaggio indispensabile per uscire dal buio politico che viviamo nel quale domina un vuoto di pensiero, figlio di una profonda crisi culturale ed etica, il quale sta logorando la società a livello istituzionale ma anche negli aspetti più elementari relativi alle forme comportamentali soprattutto sul piano relazionale.
di Umberto Berardo