Le altalene cantate
Un arcaico rito di purificazione
di Mauro Gioielli – fb
2 febbraio 2022
Anticamente, in varie località del Molise, durante il periodo di carnevale-quaresima, le fanciulle (raramente anche i ragazzi) si dedicavano a un rito ludico di purificazione. Giocavano a fare l’altalena canticchiando delle strofette di vario genere (filastrocche, canzoncine a tema amoroso, versi nonsense, ecc.). Tali altalene cantate erano chiamate in modi diversi a seconda delle località: zambarelle, scionnole, zaziambre, calavreselle o altre denominazioni dialettali. Le ragazze appendevano una fune alla trave del soffitto di casa oppure a un albero e, utilizzando un solido bastone o una tavola a mo’ di seggiolino, si dondolavano eseguendo con la voce una melodia che assecondava il moto oscillante.
Fra i primi ad imbattersi nelle altalene cantate della tradizione molisana fu Graziadio Isaia Ascoli, allorquando, nel 1864, annotò alcuni versi d’una «vecchia e lunga ballata» in lingua croata che le fanciulle di Acquaviva Collecroce eseguivano «in carnevale, giocando a dondolarsi sulle funi».
Centotrent’anni dopo, nel febbraio 1994, durante una ricerca sul carnevale di Bagnoli del Trigno, io stesso raccolsi alcune notizie sulla tradizione della zambarella. Ecco cosa mi disse a tal proposito una informatrice: «È un’altalena che si faceva in casa. Si legava una grossa corda alle travi del soffitto di casa… perché le case antiche non erano come quelle di adesso, c’erano delle travi che reggevano il soffitto. Si legavano a queste travi le estremità di una corda bella robusta… ‘na jacch’ra… la stessa fune che si usa pure per legare la varda dell’asino. Si otteneva così un’altalena con cui si giocava. Si giocava e si cantava, perché