• 18 Febbraio 2022

La reincarnazione di Theodor Mommsen…

…E la storia dei Sanniti pentri

di Oreste Gentile (da letteraturacapracottese.it) 

18 febbraio 2022

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Theodor Mommsen (1817-1903), storico, numismatico, giurista, epigrafista e filologo tedesco, generalmente considerato il più grande classicista del XIX secolo, premio Nobel per la letteratura nell’anno 1902, morì nell’anno 1903.
Ignoravo che lui fosse la causa della diffusione della “sindrome Viteliù”, convinto che nell’aldilà, avendo conosciuto e confrontato le conclusioni delle sue ricerche con Giacomo Devoto, morto nell’anno 1975, con Valerio Cianfarani, morto nell’anno 1977, con Edward Togo Salmon, morto nell’anno 1988 e con Sabatino Moscati, morto nell’anno 1997, si fosse ricreduto sull’origine dei popoli che tra il XI ed il IX secolo a.C. occuparono i territori della penisola italica centro meridionale.
Anche i premi Nobel hanno la capa tosta; pertanto, Devoto, Cianfarani, Salmon, Moscati ed i viventi Adriano La Regina, Gianluca Tagliamonte, Gianfranco De Benedittis, Stefania Capini, Angela Di Niro, Roberta Cairoli, Valeria Ceglia e tanti altri storici e studiosi, farebbero bene a cambiare mestiere e dare credito a chi oggi “reincarna” Theodor Mommsen e diffonde la “sindrome Viteliù”.
Il reincarnato Mommsen è venuto a conoscenza solo nel novembre 2017 della scoperta fatta nel mese di settembre dell’anno 2004 di una necropoli arcaica nel territorio del comune di San Pietro Avellana, località Piana di Sangro, di cui si conoscono 25 sepolture databili tra l’VIII e il VI secolo a.C. e, preso dalla foga della sua scoperta, non solo ha localizzato la «Val Fondillo a Barrea», mentre è nel comune di Opi, ma ha stimato, bontà sua, le tombe tra il «IX-VIII secolo», mentre sono datate, quelle di Barrea, località Baia-Convento, tra il 899 a.C. e il 200 a.C.
Il reincarnato Mommsen ignora che la necropoli di Barrea è stata scoperta nella Vallis Regia e risale ad un periodo che va dal VII all’IV secolo a.C. e della necropoli di Alfedena, in località Campo Consolino è stato scritto: «Nel 1882 si rinvenne una necropoli italica unica per la sua imponenza ed importanza, con tombe ad inumazione databili dal VII al III sec. a.C. Ne sono state stimate circa 15.000 e ne sono state esplorate circa 3.000».
Per la necropoli di Scontrone, sappiamo: «L’area era già conosciuta come sito di necropoli di epoca italica, tant’è che tornano alla luce sepolture con reperti provenienti da strati relativi a epoche diverse che vanno dalla prima età del ferro (IX secolo a.C.), all’età romana (dal II-I secolo a.C. fino all’età imperiale)».
Per la necropoli di Guastra (così scrive il reincarnato Mommsen, o forse è Guastre?) di Capracotta, la datazione dei reperti è compresa tra il 590 ed il 525 a.C.; mentre per il territorio di Pietrabbondante, scrive la Soprintendenza Archeologica del Molise: «Le testimonianze più antiche, risalenti al V secolo a.C., sono quelle dei corredi restituiti dalla necropoli in località Troccola, sulle pendici occidentali del monte Saraceno. La sommità di questo monte verrà fortificata con una cinta muraria in opera poligonale, raccordata ad opere di difesa poste a quote più basse, in un momento in cui il territorio viene dotato di strutture difensive per opporsi alla minaccia romana. In questo momento (seconda metà del IV secolo a.C.) inizia la frequentazione del luogo di culto in località Calcatello».
Sulla base di quanto illustrato e, soprattutto, sulla datazione delle necropoli, il reincarnato Mommsen vuole riproporci la sua bufala (non la mozzarella campana) sull’origine dei popoli di stirpe Safina/Sabina/Sabella/Sannita.
Partiti dalla Sabina: i giovani migranti, a cui il reincarnato Mommsen non dà alcuna identità, si sarebbero per prima stanziati tra le montagne di Agnone e di Castel di Sangro e solo in seguito, con altre migrazioni avrebbero dato origine ai popoli che si denominarono Pentri, Caudini, Irpini.
A rigor di logica, in base alla datazione delle necropoli citate dal reincarnato Mommsen e sulla sua inoppugnabile certezza dell’avvenuto 1° stanziamento degli anonimi giovani Safini/Sabini/Sabelli/Sanniti, dovremmo quanto meno scoprire che i loro discendenti (Pentri, Caudini ed Irpini), emigrando nelle rispettive sedi, fossero stati inumati in necropoli che dovrebbero per forza essere datate molto, ma molto dopo il IX-VIII secolo a.C. Purtroppo per il reincarnato Mommsen, le testimonianze delle necropoli scoperte presso i Pentri, i Caudini e gli Irpini, confermano l’inesistenza del 1° stanziamento tra le montagne di Agnone e di Castel di Sangro degli anonimi giovani Safini/Sabini/Sabelli/Sanniti: la loro inumazione è avvenuta prima dell’VIII secolo a.C., ossia era coeva o addirittura più antica, di quella dei loro presunti progenitori. Moscati scrisse: «l’ampia necropoli tornata alla luce recentemente presso Boiano. […]. La datazione si colloca tra l’VIII e il VII secolo a. C.: siamo dunque dinnanzi a testimonianze tra le più antiche finora conosciute della cultura di area sannitica [area che includeva: Pentri, Carricini, Frentani, n.d.r.]. Successivamente scendono fino al IV-III secolo alcune tombe maschili, contenenti bacili e cinturoni di bronzo, punte di lancia e di giavellotto, ceramiche varie». Moscati non poteva conoscere ciò che fu scoperto nella pianura di Bojano, negli anni successivi alla sua morte: aree funerarie risalenti cronologicamente, scrive De Benedittis, al periodo compreso tra il IX ed il IV sec. a.C. Un’area, quella di Bojano, scrive De Benedittis, aperta agli scambi culturali sin dall’Età del Ferro probabilmente legata a quella viabilità naturale che attraversa la Piana di Bojano. Nella collezione Del Pinto, spicca il più antico reperto: «Fibula ad arco serpeggiante […] Questo tipo di arco si sviluppa soprattutto in Italia centrale tra X e IX secolo».
Bovaianom/Bojano era la “città madre”, la capitale dei Sanniti/Pentri, un popolo già presente ed operante sul territorio ancor prima che una “anonima” popolazione si stanziasse tra le montagne di Agnone e di Castel di Sangro.
Anche per il popolo dei Sanniti/Irpini abbiamo ritrovamenti occasionali che permettono una datazione che va dagli inizi del IX sec. a.C. agli inizi dell’VIII.
Per il popolo dei Sanniti/Caudini: le sepolture portate in luce a Montesarchio sono più di 3.000, distribuite lungo un arco cronologico compreso tra la prima Età del Ferro e la fine del IV-inizi del III secolo a.C. La storia, più che le necropoli, testimonia il contemporaneo sviluppo economico, sociale e bellico dei popoli di origine Safina/Sabina/Sabella/Sannita: Caricini, Pentri, Caudini ed Irpini, definiti dagli Storici i Sanniti della montagna: alla fine del V secolo a. C. occuparono la città etrusca di Capua (anno 445 a.C.) e la città di Cuma (anno 421-420 a.C.). Probabilmente il reincarnato Mommsen ignora che l’edificazione delle aree sacre e dei templi scoperti nel territorio dei Sanniti/Pentri è così descritta dalla Soprintendenza:
Vastogirardi, frequentata dal IV sec. a.C. Pietrabbondante, frequentata dal III sec. a.C. Schiavi d’Abruzzo, fine III ed inizio II sec. a.C. Campochiaro, alcuni reperti trovati nel santuario sono stati datati tra la metà del VII e la metà del VI sec. a.C. Sepino, frequentazione a partire dal IV sec. a.C. San Giovanni in Galdo, frequentato già alla fine del III-inizi del II secolo a.C.
Come si può giudicare sacro per eccellenza il santuario di Pietrabbondante? Il reincarnato Mommsen ignora che «solo alla fine del II-inizi del I secolo a.C. verrà realizzato il complesso teatro-tempio con uno schema tipico dell’età ellenistica mediato dall’ambiente campano e latino. Gli ultimi scavi hanno indagato l’area a sud-ovest del complesso monumentale teatro-tempio individuando l’importante domus publica: unicamente alla fine del II-inizi del I secolo a.C. il centro religioso di Pietrabbondante fu considerato il Santuario della Nazione Sannita». Nel periodo precedente, La Regina scrive del santuario di Pietrabbondante: «Il santuario nella sua fase più antica non doveva essere più importante degli altri esistenti nelle zone circostanti: Agnone, Quadri, Schiavi d’Abruzzo, San Giovanni in Galdo, Roccaspromonte, e Macchia Val Fortore. Lo straordinario sviluppo di cui godette in seguito, benché segregato nel cuore di una regione montana, tagliato fuori dalle grandi vie di comunicazione, dimostra che fu potenziato, verso la fine del II sec. a.C., con la partecipazione di una vasta comunità, forse di tutti i Sanniti Pentri». Purtroppo il reincarnato Mommsen continua a divertirsi, manipolando soprattutto la storia dei Sanniti/Pentri. Che riposi in pace.

di Oreste Gentile (da letteraturacapracottese.it) 

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