Le sorgenti del Volturno
Storia e racconti intorno al fiume
di Marcella Calascibetta – fb
14 marzo 2022
Il fiume Volturno nasce sotto il Monte della Rocchetta e raccoglie le sue acque a ventaglio. Questo fiume scorre per 45 km in territorio Molisano per poi portare le sue acque in terra Campana.
Con i suoi 175 km di lunghezza, e un bacino piuttosto esteso, il Volturno si attesta come uno dei più importanti fiumi del Meridione. Il suo principale affluente, il fiume Calore, non fa altro che andare ad accrescere quella che già è una portata di notevoli dimensioni. Oltre che avere i numeri giusti, il Volturno ha una storia che affonda le sue radici in tempi quasi ancestrali. Questo famoso corso d’acqua, dall’andamento capriccioso e deciso, ha sempre avuto una natura ribelle. Ha spesso cambiato il suo letto, rendendo alcuni territori fertili e facendone inaridire altri. Da molti storici latini veniva definito Volturnux rapax o Volturnus celer, poiché nei periodi di piena la violenza delle sue acque era quasi inarrestabile. Per questa ragione, l’imperatore Domiziano decise di limitare questa potenza predisponendo degli argini, per impedire al Volturno vagabondo e sdegnoso di uscire dal proprio alveo.
Anche ai tempi di Diocleziano e di Massimiliano vi furono altre inondazioni, precisamente lungo la via Appia, che causarono moltissimi danni. Grazie a Tito Livio, abbiamo poi le prime notizie sulla sua navigabilità. Narrando della seconda guerra cartaginese, infatti, scriveva: «per fornir di viveri l’esercito romano nell’assedio di Capua occupato si trasportavano le vettovaglie in Casilino; e a tale oggetto si identificò un castello nella bocca del Volturno e postavi sufficiente guarnigione per così tenere il fiume».
A questa fredda (seppur veritiera) carrellata di eventi legata al fiume Volturno, se ne associano altri molto più coloriti e strettamente connessi all’atmosfera di questo inquieto elemento naturale. Prima di tutto, il fiume Volturno prende il nome dall’omonima divinità etrusca, che venne annessa al pantheon romano al termine dei conflitti con quel popolo. L’archeologo Francesco Nicosia ha affermato che il Volturno veniva descritto dagli storici antichi come una creatura mostruosa, mezzo uomo e mezzo bestia, che solitamente contaminava le campagne con il nefando materiale incandescente che gli fuoriusciva dalla bocca. Col tempo, questo mostro si acquietò e divenne un alleato della razza umana, rendendo feconde le terre e popolando il luogo di animali e di foreste. In realtà, se di realtà si può parlare, spesso la figura del dio Volturno era associata anche al vento, tanto che lo studioso Georges Dumézil asserì che questa creatura indicasse il vento che si muoveva da oriente.
Un’altra leggenda, invece, racconta che San Castese, che veniva perseguitato nella sua patria perché non si era voluto arruolare nell’esercito, era stato condannato ad imbarcarsi su una nave diroccata, affinché vi morisse affogato. Però il volere divino salvò l’uomo, che approdò alla foce del Volturno, dove avrebbe svolto il suo magistero di vescovo e creato una stabile comunità cristiana. Infine, una storia più triste legata al fiume, narra dell’antica città di Plistica, che durante le guerre sannitiche fu assediata e rasa al suolo dai Sanniti. Da quel momento, dalle montagne scese verso il corso d’acqua tanto di quel sangue che il luogo sottostante fu chiamato Sanguineto, e il Volturno si tinse di un rosso acceso. Ancora una volta, le leggende che caratterizzano il nostro territorio ci regalano momenti intensi, oltre che sedare (forse no) la nostra sete di mistero!
(Foto: Sorgenti del Volturno- Pina Mancini)
di Marcella Calascibetta – fb