Andare oltre l’ideologia per difendere l’agricoltura italiana
Non ha senso, oggi, il partito comunista. È ormai parte della storia e tale deve rimanere. Bisogna ripartire dai territori: tesori di risorse e di valori, qualità e diversità, solidarietà e convivialità
di Pasquale Di Lena
4 aprile 2022
Una sera di qualche mese fa Marco, un amico di Firenze, mio ospite a cena, mi ha annunciato, con particolare entusiasmo, la sua partecipazione all’apertura della sezione del partito comunista di Reggello. “Ha senso, oggi – gli dissi – una sezione del Partito comunista? È una domanda che sto ponendo a me, prima che a te, Marco, visto che non ho mai sentito di iniziative simili avviate in Italia. Personalmente penso che è un non senso in questo tempo così buio che il mondo vive e, con esso, l’Italia, che pure ha visto il partito comunista grande protagonista, per settant’anni. Nella clandestinità; nella lotta e nella Resistenza al fascismo ed al nazismo; nei tempi duri del dopoguerra, con l’apertura, subito dopo la liberazione, delle sezioni e delle federazioni, segnalate tutte dalla bandiera rossa con il simbolo in giallo della falce e martello; nelle tante battaglie per il lavoro, la pace, il No alla guerra e alle armi; nella lotta, con la sua ferrea organizzazione, al terrorismo; nell’esempio della buona e corretta amministrazione del bene comune e del buon governo; nella partecipazione alla stesura e approvazione di straordinarie riforme nel campo della sanità, del lavoro, della scuola e dei diritti civili; nel rispetto della Carta Costituzionale”.
Notai subito, nel volto di Marco, la sorpresa per queste mie parole che avevano raffreddato il suo entusiasmo. “Sto parlando – continuai con ancor più fervore – della grande scuola di formazione politica, sociale ed economica, con i valori della pace, dell’uguaglianza e della libertà punti di riferimento, e, per quanto mi riguarda, della più bella ed esaltante esperienza di vita vissuta per oltre vent’anni a Firenze e in Toscana. Poi, continuata con la nascita del Pds e DS , e,alla fine, interrotta con quella del Pd, quando non ripresi più la tessera, avendo poco o niente da condividere con un partito benedetto dagli americani. Sentivo che non era più il mio partito, e, per la verità, neanche un partito, visto che la politica era, ed è tutt’ora. nelle mani di altri, le banche e le multinazionali. Speravo di pentirmi di questa mia decisione e, così tornare a dare il mio contributo di militante. E’ bastato poco tempo per capire che avevo ragione di pensare a uno strumento utile solo al sistema che si stava appropriando della politica, lasciando ai partiti e ai movimenti, tutti, il compito di essere comparse che occupano la scena, spostandosi da una parte all’altra del palcoscenico, a seconda delle indicazioni del copione e delle esigenze dei protagonisti”.
Mi sono fermato per un attimo e dopo un sorso di buona Tintilia, il vino testimone del Molise, ricominciai come avevo iniziato. “No, non ha senso, oggi, il partito comunista. È ormai parte della storia e tale deve rimanere. Più che inadeguato, lo trovo scompensato di fronte al tempo che viviamo e che sta mettendo in discussione tutto, in particolare il nostro modo di vivere, con le limitazioni alla convivialità; il nostro modo di lavorare, con la provvisorietà e l’incertezza, che limitano la lotta e la speranza in un domani migliore. Per essere chiaro, il partito comunista è morto ancor prima della nascita del Pd, quando è diventato altro con la sua confluenza nel Pds, e poi, Ds. Già da allora era venuta meno la ragione della lotta al capitalismo, il sistema che, da qualche decennio, si stava vestendo di neoliberismo, perdendo, con la mancanza di continuità, la sua funzione di costruttore di speranza in un mondo nuovo, diverso. Una vera e propria rottura che ha dato il via libera definitivo – a mio parere – al sistema delle banche e delle multinazionali; alla globalizzazione, alla depredazione e distruzione di ogni tipo di risorsa e dei tanti fondamentali valori, quelli, oggi, cancellati tutti dal dio denaro. Dico questo – caro Marco – nel momento in cui sento forte la necessità di uno strumento di aggregazione e d’incontro, che ha senso e possibilità di incidere se riesce a mettere insieme il pensiero di Papa Francesco per un “mondo da guarire” e l’esempio dato da Greta Thunberg a milioni di giovani di ogni angolo della terra per la difesa del clima, quale priorità per un possibile domani. Insieme nella solidarietà, come a voler trasformare la frase del Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels “Proletari di tutto il mondo unitevi” in “Giovani di ogni paese del mondo, unitevi”.
“Un futuro, che ci sarà se abbiamo la forza e la capacità non solo di unire, ma di rivedere, da subito, i nostri comportamenti e il nostro modo di rapportarci con gli altri esseri viventi, in modo da poter riallacciare i rapporti spezzati con la natura e cambiare il modo di produrre e di consumare, che è anche il modo di preparare la pace e sconfiggere la guerra, e, con la pace, mettere a nudo la follia di quelli che la guerra la preparano, la dichiarano o, anche, la alimentano con le armi. Siamo di fronte – continuai – a disastri prodotti da un sistema che non ha il senso del limite e del finito, e, come tale, predatorio e distruttivo. Di fronte a un mondo complesso segnato da pandemie, clima sempre più malato e crescita di focolai di guerra, serve ribellarsi per non implodere con il sistema, il neoliberismo. Per quanto riguarda l’Italia, vedo due possibilità di lotta che possono far male al sistema e diventare basi solide per la costruzione di un nuovo domani: ripartire da noi, soprattutto dai nostri bisogni per cambiarli, e dai luoghi, per rigenerarli, farli rinascere e renderli sorgenti di vita nuova per tutto quello che sono in grado di dare, con i loro territori. Tesori di risorse e di valori, qualità e diversità, solidarietà e convivialità. Hanno – per essere salvaguardati, tutelati e valorizzati.- un forte bisogno di cultura e, soprattutto, di un modo nuovo di stare insieme dei suoi abitanti. Bisogno, in pratica, di costruttori capaci e, per quanto mi riguarda, sono certo che le nuove generazioni hanno tutto, in primo luogo la rabbia, per esserlo”
di Pasquale Di Lena