Ambiente e rinnovabili
I progetti per la realizzazione di parchi eolici si abbattono sul nostro territorio senza nessun criterio logico
di Patrizia Manzo (da lafonte.tv)
7 aprile 2022
La domanda sorge spontanea, avrebbe detto un noto giornalista per aprire una riflessione finalmente sincera e scevra dai formalismi e dagli equilibrismi politici, cosa di cui avremmo davvero bisogno: si può coniugare la transizione energetica con la tutela dell’ambiente, si può spingere sui temi delle rinnovabili senza fare scempio del nostro patrimonio?
Ho inteso portare questa semplice e ugualmente complessa riflessione all’interno del Consiglio regionale, luogo deputato a leggere gli eventi, studiarli e programmare le azioni conseguenti, presentando all’attenzione della Giunta una mozione che – al momento – non ha trovato alcun riscontro. Che significa, nei fatti, alcun riscontro? Semplice: il tema in questione, di rilevanza straordinaria e fondamentale per il futuro della nostra regione, non è stato ancora affrontato mentre invece avrebbe bisogno di essere al centro di una valutazione politica laica, ferace, proiettata al futuro e possibilmente accompagnata da contributi scientifici.
I progetti per la realizzazione di parchi eolici che si abbattono sul nostro territorio senza nessun criterio logico – le megatorri che dovrebbero essere impiantate nei terreni che producono eccellenze vitivinicole, agroalimentari oppure che avrebbero potuto sovrastare le aree archeologiche – non sono aspetti di un preordinamento irrevocabile della volontà divina. Qui il soprannaturale non ha nessuna responsabilità, si tratta solo di mancanza di volontà ma umana, troppo umana. Gli imprenditori del green in Molise potrebbero avere campo libero perché la Regione non ha mai ottemperato a quanto la normativa nazionale impone.
E sorgono subito tre problemi principali. Il primo: mi riferisco al DM 10 settembre 2010 che consentiva la possibilità di individuare aree e siti non idonei all’installazione di impianti per energie rinnovabili. In dodici anni nulla è stato fatto anche se, ad onor del vero, nel corso della passata legislatura con un confronto serrato, a volte aspro ma comunque molto costruttivo così come il nostro ruolo impone, la Regione si è dotata finalmente del Piano energetico, finito poi nel solito cassetto visto che in questi anni non si è ancora riusciti a scrivere i regolamenti attuativi. Nel 2015, sarà il caso di ricordarlo, la Regione diede parere negativo al progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica e delle relative opere di connessione nei Comuni di Campomarino, San Martino in Pensilis e Portocannone.
Il secondo: oggi la faccenda si complica ulteriormente perché il decreto legislativo del 28 novembre 2021 stabilisce che occorre individuare non solo i siti non idonei all’ installazione ma anche quelli idonei, tenuto conto degli strumenti di pianificazione ambientale.
Infine, il terzo problema: la pianificazione dovrebbe essere contenuta nel Piano paesaggistico di cui si sono perse da anni le tracce. E già questo dovrebbe far comprendere quanto l’ambiente e la sua tutela siano argomenti rilevanti per la politica che ci governa.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.219, il DM 10 settembre 2010 all’articolo 17, “Aree non idonee”, al comma 1 specifica che “al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere all’indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”. In mano, quindi, la Regione aveva l’unico strumento in grado di bloccare la predazione del territorio. Poteva indicare delle zone dove realizzare quei progetti che non sono da guardare con sospetto a prescindere, soprattutto nel contesto storico che stiamo vivendo: le energie rinnovabili sono il futuro prossimo ma occorrono pianificazione, programmazione, studi ambientali, attenzione vera e concreta al territorio. Non improvvisazione, dimenticanze, inadempienze.
Alimentare le proprie attività, le proprie case con fonti non inquinanti è anche un obbligo ma, ovviamente, questo non può e non deve significare devastazione di un territorio che ha altre ambizioni. O per lo meno tenta di averle. Individuare quelle zone diventa adesso urgentissimo: significa salvaguardare gli interessi dei nostri borghi, delle attività agricole e vitivinicole, delle imprese che puntano sull’ eccellenza del prodotto e di chi ha investito risorse proprie nelle coltivazioni e in un’idea di sviluppo del turismo che non è più di nicchia. Non c’è tempo da perdere, la transizione ecologica è ormai un cammino intrapreso e nel quale il Molise deve giocare un ruolo di protagonista per evitare che altri decidano in sua vece.
Bisogna immediatamente dare concretezza al Piano paesaggistico: in risposta ad una mia interrogazione, mesi fa mi è stato comunicato che agli inizi del 2022, grazie alla convenzione stipulata con l’Unimol, si sarebbe arrivati ad un punto di svolta di quello che è l’unico strumento in grado di consentire uno sviluppo armonico ma parimenti responsabile in tema di utilizzo di fonti rinnovabili. Bisogna chiudere la partita diventando artefici del nostro destino e del nostro futuro perché il decreto legislativo 199 dell’8 novembre scorso, al Titolo III, “Procedure autorizzative, codici e regolamentazione tecnica”, stabilisce che con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata – da adottare entro centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore – saranno stabiliti “princìpi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili”.
Centottanta giorni, il mese di maggio in pratica. È dietro l’angolo una scadenza che rischia di avere effetti catastrofici per il territorio, le attività imprenditoriali, il futuro. La norma è chiarissima: l’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate nello stesso DM del 2010 colpevolmente dimenticato per 12 anni.
E quindi le domande spontanee aumentano: quando la classe di governo regionale intende dare attuazione alle normative, quando apriremo un confronto serio e serrato, di reale e condivisa programmazione, quando avremo modo di leggere il Piano paesaggistico, quando potremo davvero fare i conti con una efficienza energetica che sia rispettosa del territorio? Quando chi ci governa deciderà finalmente di farlo? E soprattutto cui prodest?
di Patrizia Manzo (da lafonte.tv)