• 17 Maggio 2022

Archeologia di Agnone

Presentazione della ricerca e dei luoghi

di Bruno Sardella (da Letteratura Capracottese)

17 maggio 2022

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Il presente contributo costituisce la sintesi delle ricerche effettuate nell’ambito del XXIV Ciclo di Dottorato in Metodologie conoscitive per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni culturali presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. Le indagini topografiche sono state svolte in Molise nei territori compresi nei limiti amministrativi dei Comuni di Belmonte del Sannio, Agnone, Capracotta, Vastogirardi e San Pietro Avellana, appartenenti alla Provincia di Isernia. Si tratta di un’area cerniera tra la valle del Sangro, la Marsica e il Sannio Pentro, un comprensorio che per la sua collocazione geografica ha mostrato forti potenzialità archeologiche sin dall’inizio delle indagini.
La centralità di quest’area e il suo valore strategico in epoca sannitica risultano ben chiare se consideriamo la vicinanza del santuario di Pietrabbondante, il principale centro religioso e politico del Sannio, posto a soli 6,8 chilometri a sud di Agnone, in connessione col Tratturo Celano-Foggia.
I confini territoriali della ricerca sono ben marcati a nord, est e ovest. A ovest il limite è dato dal percorso del Tratturello San Rocco-Piana delle Vacche e dal Torrente Sente (l’attuale limite di divisione tra le Regioni Abruzzo e Molise), a nord invece la demarcazione orografica è rappresentata dalla catena di monti costituita da Monte Sant’Onofrio, Monte San Nicola, Monte Campo e Monte Capraro, mentre a est la linea ideale di confine è rappresentata dalla catena montuosa di Schienaforte, la Costa e Colle San Biagio (lungo la quale passa il confine tra Abruzzo e Molise). Meno definiti risultano invece i margini meridionali, dove le ricerche sul campo sono state condotte sino alle propaggini settentrionali di Monte Pizzi e alle estremità meridionali delle pianure di Piano San Mauro e della Cocozza, sino al vallone Zelluso.
Dal punto di vista geomorfologico il comprensorio presenta un’estrema varietà di caratteri, passando da un paesaggio collinare nella valle del Torrente Verrino, con altimetrie che si aggirano intorno ai 500 metri s.l.m., ai leggeri pendii della conca di Agnone, sino ai picchi di Monte San Nicola e Monte Capraro che raggiungono rispettivamente 1.500 e 1.700 metri di altitudine. Questa estrema varietà di situazioni geografiche, che condiziona anche la natura dei terreni e la loro produttività agricola, ha inciso profondamente sulle dinamiche insediative e sullo sfruttamento del territorio. Le indagini hanno mostrato una maggior concentrazione di insediamenti nella conca di Agnone e lungo la valle del Verrino, in opposizione a una rarefazione delle presenze nei territori più marcatamente montuosi di Vastogirardi e San Pietro Avellana.
L’area della ricerca può esser idealmente divisa in due settori distinti con caratteristiche geomorfologiche specifiche in cui la linea di divisione può essere rintracciata nel sistema montuoso che va da Guado Ogliararo sino a Monte Capraro. La conca di Agnone rappresenta il bacino imbrifero del Torrente Verrino, alimentato dagli affluenti principali, quali il Vallone Fossato e il Vallone della Rocca, e da varie aste torrentizie minori che solcano profondamente il territorio, presenti sia sulla destra che sulla sinistra idrografica. Il territorio compreso tra Agnone, Capracotta e Belmonte del Sannio, in cui sono presenti maggiori termini argillosi, è caratterizzato da forme dolci con pendenze non accentuate, soggette spesso a isolati movimenti franosi, inciso profondamente da un sistema di ruscellamento superficiale ben strutturato. Il secondo settore comprende invece i territori di Vastogirardi e San Pietro Avellana e si caratterizza per morfologie più aspre, con rilievi spesso contraddistinti dalla presenza di estesi affioramenti rocciosi alternati a forme di terrazzamento sub-pianeggiante, determinate da depositi alluvionali generati dai corsi d’acqua, in modo particolare dal Torrente Vandra nel caso di San Pietro Avellana e dal Fiume Trigno per Vastogirardi. Non mancano poi vaste conche intermontane di origine carsica con presenza di inghiottitoi, come nelle località Monteforte e Piano Sant’Angelo.
La maggior parte dei rilievi è costituita da elementi litologici appartenenti in prevalenza alla formazione di Gamberale-Pizzoferrato, con marne a orbulina e alternanza di calcilutiti, radiolariti e marne argillose del Miocene Inferiore-Oligocene. Fanno eccezione i rilievi meridionali sui quali si sviluppano gli abitati di Belmonte del Sannio e Agnone, costituiti essenzialmente da arenarie meno soggette ad erosione rispetto alle zone vallive circostanti. Queste ultime, assieme ai terrazzamenti di origine alluvionale che ritroviamo ad esempio nelle località Staffoli, Piano San Mauro, La Cocozza, sono caratterizzate dalle formazioni del Flysch di Agnone negli elementi litologici argilloso-arenacei del Messiniano Inferiore.
I tratti distintivi di questa vasta area si traducono nella disponibilità di risorse idriche e boschive, di larghe fasce di territorio adatte all’agricoltura alternate a estesi pascoli montani. A partire dai 900 metri circa s.l.m., i pendii dei monti non interessati da coperture boschive mostrano le tracce dell’intenso sfruttamento a cui sono stati soggetti nel passato. Interi pendii anche molto acclivi sono stati regolarizzati con terrazzamenti realizzati con muretti a secco. Tali opere hanno garantito la stabilità del territorio, arginando fenomeni di dilavamento superficiale dei terreni garantendone un buon drenaggio.
Nel passato l’intenso sfruttamento del suolo dei rilievi ha prodotto frequenti ed estesi accumuli di pietrame derivanti dall’opera di spietramento dei terreni. Molto comuni sono inoltre gli stazzi, recinti più o meno estesi formati da muretti realizzati con pietre a secco, utilizzati in passato per la raccolta degli animali al pascolo. Spesso questi recinti ospitano costruzioni di forma circolare in calcare locale, denominate caselle o capanne, adibite al ricovero temporaneo dei pastori. La casella ha un’altezza massima di circa due metri, copertura a pseudo volta ottenuta con la sovrapposizione di filari di pietra stringenti verso il centro del vano.
Le capanne e gli stazzi presenti numerosi nel territorio, soprattutto oltre i 1000 metri di quota, sono il segno delle intense attività di pascolo stagionale svolte negli ultimi secoli. Non disponiamo invece di dati sulla pastorizia nelle epoche più antiche, tuttavia la fitta rete di mulattiere e i tratturelli (Sprondasino-Castel del Giudice, Ateleta-Biferno, San Rocco-Piana delle Vacche), collegati a loro volta ai principali tratturi diretti verso il territorio apulo e l’Abruzzo, suggerisce che anche aree le montuose di Agnone, Capracotta, Vastogirardi e San Pietro Avellana costituirono in passato terminali e/o tappe importanti di transumanza.
La configurazione geo-litologica conferisce a una parte del territorio un’accentuata fragilità di fronte ai processi di degrado dei versanti, com’è facile riscontrare analizzando la diffusione dei fenomeni franosi. Le valli secondarie, caratterizzate da strette e profonde gole scavate da corsi d’acqua a carattere torrentizio, hanno fianchi decisamente scoscesi, dove l’occupazione umana risulta improbabile. Lungo il corso del Trigno gli insediamenti antichi evitano le aree pianeggianti. Lo si riscontra per esempio nelle località di Staffoli, Piano San Mauro o La Cocozza. Si tratta infatti di zone soggette agli straripamenti del fiume o a frequenti impaludamenti nel periodo invernale.
Le ricognizioni con la raccolta dei dati di superficie sono state effettuate in maniera intensiva e sistematica a tendenziale copertura totale. Esse sono state indirizzate verso una conoscenza quanto più organica e capillare possibile del territorio, registrando testimonianze di ogni tipo, dalla preistoria all’età moderna. Una fondamentale fase del lavoro ha riguardato la definizione di un quadro delle fonti, in grado di fornire dati utili per la ricostruzione dell’antico paesaggio antropizzato. Sono state a tal proposito prese in esame fonti scritte a carattere storico-letterario, epigrafico, documentale e geografico.
L’attività sul terreno si è svolta in tre campagne, tra gli anni 2009 e 2012, in modo particolare nei periodi compresi tra i mesi di agosto e marzo. Nello stesso periodo sono state effettuate indagini attraverso prospezioni geofisiche che hanno interessato un campione di 5 insediamenti ritenuti promettenti nell’ambito di questa metodologia di ricerca.
Nei settori montani oltre gli 800 metri s.l.m. sono preponderanti gli incolti, le aree boscate e i pascoli.
Qui la ricognizione archeologica può essere praticata con successo solo nelle limitate porzioni di terreno ancora coltivate o in zone in cui durante l’inverno il manto erboso risulta poco sviluppato.
L’esodo dalle aree montane, verificatosi principalmente nella seconda metà del ‘900, ha inciso sull’intero complesso di attività (principalmente agricole e zootecniche) che per secoli avevano garantito il sostentamento della popolazione. Un semplice confronto tra le immagini del volo base IGM (1954-1955) e quelle recenti documenta chiaramente l’espansione di superfici ricoperte da boschi e incolto.
Sono state schedate in totale 135 Unità Topografiche corrispondenti a strutture, sepolcreti, aree di frammenti fittili o ritrovamenti isolati posizionate su cartografia IGM in scala 1:25.000 e identificate con un numero progressivo. Sono state realizzate anche 10 Schede che riguardano rinvenimenti avvenuti in passato che però non è stato possibile localizzare con precisione. Il risultato ottenuto non costituisce solamente un catasto delle evidenze che permetta interventi di tutela e di valorizzazione, ma più in generale un supporto per la programmazione territoriale. Esso cerca inoltre di fornire una plausibile ricostruzione storica del territorio, delle dinamiche insediative manifestatesi nel tempo, dalla preistoria sino al Medioevo.

di Bruno Sardella (da Letteratura Capracottese) 

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