La solitudine della vedova bianca
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
8 settembre 2022
Maria, dopo l’anno di fidanzamento, aveva sposato Luigi e le nozze furono festeggiate solennemente nella parrocchiale del paese.
Negli anni Cinquanta in paese il lavoro scarseggiava e Luigi si aggregò all’ennesima comitiva di emigranti in partenza per il Venezuela.
Nella nazione sudamericana si ambientò subito, sia per il clima mite e sia per la lingua facilmente comprensibile, impiantando la sua nuova bottega di falegname nella grande capitale: Caracas.
In terra straniera, agli inizi gli mancava molto la sua famiglia, lasciata in paese, soprattutto la moglie, poiché il figlio lo aveva visto solo alla nascita. Il giovane falegname, fu subito corteggiato dalle clienti locali dall’indole “caliente”, che apparvero all’uomo molto più disinibite delle paesane.
Complice la solitudine e la lontananza dalla consorte e grazie ai tanti Bolivar messi da parte, fu presto circuito da una bella indigena con la quale non tardò a formarsi la sua nuova famiglia.
La corrispondenza epistolare con Maria si diradò fino a cessare, ma soprattutto non le inviò le sue attese e necessarie rimesse.
Maria dovette subire sia l’umiliazione dell’abbandono e sia il dolore di vedere suo figlio privo dell’affetto paterno.
Suo malgrado, rassegnandosi, divenne come altre diverse donne sfortunate in paese, una “vedova bianca”.
Priva del calore affettivo del consorte, ma priva soprattutto delle sue rimesse, affrontò per amore del figlio inauditi sacrifici e tante umiliazioni per assicurargli un dignitoso futuro avviandolo agli studi.
Ormai anziana e sola, con mille acciacchi, un giorno il postino le recapitò la tipica busta col bordo tricolore delle lettere inviate “via aerea” che non vedeva ormai da anni.
Luigi, con grafia incerta, la informava di avere un male incurabile e per tale motivo, supplicandola, le chiedeva di poter morire in paese. Ella rimase scossa, sia nel leggere la lettera, sia per la richiesta non priva di sfrontatezza del suo antico marito.
Pur carica di risentimento, al cospetto dell’enorme dolore patito per tanti anni di abbandono, non seppe, né volle infierire col porgli diniego alla disperata richiesta, non voleva infierire con la stessa arma del marito che tanta sofferenza aveva causato
a lei e a suo figlio e che nel corso degli anni invece di indurirla, l’aveva resa: amorevole; tollerante; paziente e incline al perdono.
Dopo qualche mese di permanenza in famiglia, con l’imbarazzo di non essere mai stato trattato e chiamato papà dal figlio, Luigi ebbe degna sepoltura nel suo paese.
di Vincenzo Colledanchise