Il Matese tra sic e parco
Questo massiccio montuoso è protetto tanto in base alla normativa sui Siti di Importanza Comunitaria quanto da quella delle Aree Protette ed anche dalle normative sulle Bellezze Naturali, cioè i Piani Paesistici
di Francesco Manfredi-Selvaggi
19 settembre 2022
La conservazione della natura nel Molise dove ad eccezione di Pizzone non vi erano comuni rientranti in alcuna area protetta, prende avvio con la legge n. 394 del 1991, ma ci volle qualche tempo perché trovasse applicazione qui da noi e ciò avvenne con l’istituzione non di parchi, né di iniziativa statale né regionale (la normativa regionale in proposito è dei primissimi inizi del nuovo millennio) bensì di riserve, una categoria di zona protetta contemplata nella 394. Si è detto riserve e, però, bisogna specificare che vi sono quelle statali, ambedue presenti nel territorio molisano.
Le riserve dello Stato coincidono quasi sempre, e il Molise conferma la regola, con superfici appartenenti allo Stato stesso, primo requisito, e, secondo requisito, aventi copertura forestale. Così è la Riserva Orientata di Pesche e così sono le due Riserve contemporaneamente della Biosfera (BR) e Riserve Naturali Statali di Collemeluccio e di Montedimezzo, in precedenza aree MAB. Le riserve della Regione, cioè le Riserve Naturali Regionali coincidono, invece, con le Oasi naturalistiche gestite da 3 grandi associazioni protezioniste, Italia Nostra, WWF e, l’ultima, LIPU, opportunamente e sostanzialmente allargate.
All’insegna della 394 si farà anche l’ampliamento del Parco Nazionale d’Abruzzo il quale include 5 comuni molisani, e questo rimane, per circa un decennio e mezzo, fino all’approvazione della legge istitutiva del Parco Nazionale del Matese nel 2017, il quale, comunque, sta ancora sulla carta, l’unico intervento in materia di parchi. Vi è stato un gran dibattito a partire dal 1985 sulla necessità di formazione del Parco nazionale del Matese o, un’altra forma di parco previsto dalla 394, del Parco Interregionale del Matese, in comune, quindi, con la Campania, ma fino al 2017 non se n’è fatto nulla.
Quando si è parlato di Riserve e, in specifico, di quelle della Biosfera si è omesso di dire (per non perdere il filo del discorso), lo si fa ora (che si è concluso quel discorso), che si sono ventilate ipotesi di applicazione della Convenzione di Ramsar per alcune Zone Umide molisane, classificazione che, poi, avrebbe portato al riconoscimento delle stesse quali BR; tra queste di speciale interesse è Le Fantine di Campomarino, una porzione di territorio, paludosa, sfuggita alla grandiosa opera di Bonifica Integrale.
È una storia questa delle Aree Protette, così ufficialmente si denominano i parchi e le riserve, che si incrocia con un’altra, con un diverso, diverso per atteggiamento, non per scopo, tipo di iniziativa finalizzata alla salvaguardia della natura come rivendicato pure dal nome che è Rete Natura 2000. Mentre quest’ultima è promossa dall’Europa, le Aree Protette derivano dalla legislazione italiana e, forse, perciò, pur sovrapponendosi i Siti di Importanza Comunitaria a parchi e riserve, le regole di conservazione che li governano sono differenti.
Sarebbe dovuto essere il programma europeo poiché successivo a coordinarsi con la legislazione vigente in Italia, ma l’Unione Europea non ragiona così né potrebbe perché sono ben 27 gli Stati che vi aderiscono. Allora tocca alla 394 autoriformarsi per tener conto delle disposizioni comunitarie. La riforma appena invocata è necessario che non si limiti al coordinamento in seno ai confini di una singola area protetta tra queste due tipologie di misure vincolistiche essendo opportuno anche che nello specifico articolo della 394 in cui si introduce il concetto di sistema delle aree protette si inseriscano accanto a parchi e riserve pure i SIC.
Se ciò ha un senso ovunque, nella nostra regione esso ha un senso superiore perché è una realtà dove, da un lato, non si è raggiunto, tuttora, l’obiettivo posto per l’intera nazione del 10% di territorio costituente area protetta, dall’altro lato, quasi a compensazione, la superficie individuata quale SIC è il 22% del totale contro il 15% della media nazionale. Non è una cosa da poco la situazione che si è rappresentata, una situazione migliore, per certi versi, a quella di altre regioni dove vi è un’estensione maggiore dei territori diventati parchi e la ragione è presto detta: i parchi sono essenzialmente montani per cui la difesa è, di nuovo, essenzialmente della natura in quota, a differenza dei SIC i quali sono distribuiti in tutto l’ambito regionale, dalle fasce pedemontane a quelle collinari, dalla striscia costiera alle strisce fluviali.
Va, poi, segnalato che, e ciò in termini di biodiversità la quale si avvantaggia sicuramente della varietà ambientale, è meglio che la protezione riguardi contesti naturalistici differenti, conta meno che si tratti di intorni territoriali ampi, per riconoscere che l’ampiezza consente di far coincidere un’Area Protetta con un ecosistema la cui essenza è di essere vasto; è da rilevarsi che questo è il connotato che distingue i parchi dai SIC, di frequente tendenti al puntuale e al lineare non all’areale come fanno i parchi.
Un risvolto negativo, o forse no, di una tale condizione, presente non solo nel Molise, è che il regime conservativo è variegato, differenziandosi le norme riguardanti i parchi (e le riserve statali e regionali) da quelle dei SIC. Una differenziazione che si incrementa se si tiene conto che i parchi vanno obbligatoriamente suddivisi in zone tra le quali c’è la Zona di Riserva Integrale al cui interno non è consentito fare alcunché e poi c’è l’Area Contigua e che i SIC contengono, “statutariamente”, uno o più Habitat i quali, alla stessa maniera, sono inviolabili.
Attualizzando l’insieme delle presenti considerazioni al comprensorio matesino vediamo che esso è un’anomalia, non rara, peraltro, o caso limite che dir si voglia poiché lì vi è una sovrapposizione tra parco e SIC. Tale stato di fatto anomalo se non si vede quale beneficio possa apportare al parco è sicuramente vantaggioso per il SIC ed il perché è il seguente: il Piano di Gestione degli Habitat censiti nel SIC può essere affidato all’Ente Parco una volta che sarà varato risolvendo il problema che per gli altri 87 SIC molisani appare di difficile soluzione, cioè l’individuazione di un organismo in grado di attuare tutti gli interventi conservativi stabiliti in tali piani.
È comprensibile che la gestione del SIC «La Gallinola-Monte Miletto-Monti del Matese» è facilitata dalla circostanza che i terreni qui, ricordiamoci che siamo in altitudine, sono in grande quantità di proprietà degli enti locali, sfruttati dalla popolazione del posto per la legna e il pascolo, e non privati come si verifica in genere per i restanti SIC. la concreta nascita del Parco, non solo in riguardo alla gestione del SIC, verrà a colmare il vuoto lasciato dalla soppressione delle Comunità Montane, quella che interessa il Matese aveva sede a Boiano, le quali si occupavano pure di problematiche aventi risvolti naturalistici, prendi i rimboschimenti, con il direttore, di regola un agronomo-forestale, competente in materia di ecologia. In conclusione, le Aree Protette, parchi e riserve, proteggono i SIC che ricadono nei loro confini, i quali, a loro volta, proteggono gli Habitat chiamati altrimenti biotopi, il minimo comune denominatore della struttura ecologica.
di Francesco Manfredi-Selvaggi