Il Molise modello per il futuro dell’olivicoltura italiana?
Monteroduni, la patria della Paesana banca e della Paesana nera, due delle 19 varietà che caratterizzano la biodiversità olivicola molisana, ha ospitato il confronto tra Città del’Olio e Distretto Olio Evo Molisano
di Pasquale Di Lena
23 settembre 2022
Un pomeriggio dedicato, dopo il saluto del padrone di casa, il sindaco Nicola Altobelli, all’olivo e all’olio del Molise con due protagonisti a confronto: l’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, rappresentata dal suo Presidente, Michele Sonnessa, e il Distretto del Cibo “Olio Evo Molisano”, con il suo promotore Luigi Di Majo, acclamato presidente. Tanti gli obiettivi comuni, primo fra tutti quello di un rilancio dell’olivicoltura, biologica e nel rispetto della sua preziosa biodiversità, e, di un’immagine della qualità del suo olio, fortemente legata all’origine. Ciò vuol dire, con lo sviluppo del turismo dell’olio, tanta voglia di Molise e dei tesori del suo territorio, piccolo, ma ricco di bellezze e di bontà. Un impegno che ha il significato di uno schiaffo sferrato a tutti quelli che hanno ridotto a poca cosa l’olivicoltura italiana, oggi scesa sotto il milione di ettari coltivati, con il 30% di essi abbandonati. Anche a quelli che, con la moda degli oliveti superintensivi (uno dei disastri del dio denaro e del disprezzo della propria identità), hanno sferrato un attacco al primato italiano della biodiversità, con le sue oltre 600 varietà sparse nelle 18 Regioni olivicole, che vogliono dire più del doppio del resto del mondo.
L’occasione di questo impegno non facile è stata la consegna della 28a bandiera delle Città dell’Olio, con l’olivina disegnata da Ro Marcenaro, a un piccolo Paese, Monteroduni, con le sue case che si attorcigliano intorno a un piccolo colle che ha in alto un campanile ed un castello, quello dei Pignatelli. I principi di un tempo, che, qui nel Molise, con la coltura dell’olivo e la cultura dell’olio, continuano a confrontarsi con i Colonna, anche loro principi, che, con la discendente Marina, producono olio a San Martino in Pensilis, non lontano dal mare delle Tremiti, quello che va da Termoli al Gargano. Monteroduni, la patria della “Paesana banca” e della “Paesana nera”, due delle 19 varietà che caratterizzano la biodiversità olivicola molisana, che hanno il merito di collegare i paesaggi stupendi del Matese e delle Mainarde fino a S. Vincenzo al Volturno. Subito dopo la consegna della bandiera, l’avvio di un dibattito di grande interesse, che vale la pena riportare perché apre all’olivicoltura molisana di domani e rimette l’agricoltura al centro dello sviluppo economico, sociale e culturale, e, con essa, il suo comparto primario l’olivicoltura. A partire da Venafro e da Larino, le due città, che, nel corso dei millenni, devono la loro grandezza e la loro fama all’agricoltura, ai loro olivi e ai loro oli, “Aurino”, noto, un tempo, come “di Licinio o liciniano”, e “Gentile”, un terzo dell’olio prodotto in Molise. Le due Città che non hanno smesso di rinnovare la loro fama, grazie a amministratori lungimiranti degli anni ‘90, con Larino culla (17 dicembre 1994) dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, e Venafro sede del primo Parco e, tutt’ora unico al mondo, dedicato all’olivo. Da quel giorno freddo di dicembre di quasi trent’anni fa a Larino, con 32 comuni soci costituenti, oggi sono oltre 423 le Città dell’Olio, una realtà che il Covid non ha bloccato, ma, grazie agli organi di amministrazione e all’entusiasmo del suo nuovo presidente, Michele Sonnessa, sostenuto dai progetti e programmi della direzione di Antonio Balenzano, ha visto crescere di ben 124 nuove adesioni, tra le quali grandi città, a partire della capitale, Roma, il Comune, per estensione, più agricolo d’Italia. E il presidente Sonnessa, con la passione di sempre, ha parlato del programma di iniziative dell’Associazione, soffermandosi sul recupero degli oliveti abbandonati e sull’importanza del turismo dell’olio quale filo conduttore di una promozione della qualità e dell’origine di essa, che è nei territori. Come tale, nelle Città dell’Olio, soprattutto le piccole realtà che, nello sviluppo di questo programma, possono trovare la ragione di una loro rinascita. Tante altre le iniziative che hanno tutto per rilanciare quel ruolo proprio del Molise e la sua immagine di “Terra dell’Olivo e dell’Olio”. Iniziative che, solo mediante un coordinamento costante e efficace, possono vedere protagoniste le 28 città dell’olio oggi associate e quelle che hanno tutto per diventarlo. Soprattutto oggi– ha continuato il presidente Sonnessa – che l’Associazione, dopo aver dato, con il suo vicepresidente Nicola Malorni, il contributo alla nascita del Distretto del Cibo “Olio Evo Molisano”, si sente parte attiva dello sviluppo e realizzazione dei progetti che costituiscono il programma della nuova realtà, costituitasi a giugno a Campomarino.
“Tanti e impegnativi – ha sottolineato, prendendo la parola, il Presidente de l’Olio Evo Molisano, Dr. Luigi Di Majo – e tutti con l’obiettivo di tinteggiare, ancor più, di verde olivo le colline molisane, cioè il 47% del territorio della regione più piccola, seconda solo alla Valle D’Aosta. Una grande occasione – ha detto – per rilanciare l’olivicoltura con la qualità dei suoi oli e la promozione degli stessi in Italia e nel mondo, utile, anche, per dare fama ai territori di origine e, con essi, a tutto il Molise. Con l’olivicoltura rilanciare l’agricoltura, che è stata e deve tornare a essere al centro di uno sviluppo equilibrato e non scompensato come quello attuale. In tal senso l’obiettivo di altri 10mila ettari di oliveti, da aggiungere agli attuali 14mila, che hanno bisogno di risorse, non solo finanziarie, ma soprattutto umane, in particolare dei giovani molisani. Hanno, con lo sviluppo di questo obiettivo, la possibilità di rimanere nel Molise e di rilanciare i piccoli comuni (la quasi totalità) prima che lo stato di abbandono diventi definitivo”. A illustrare i progetti del Consorzio ci ha pensato il Dr. Manlio Cassandro e, ad arricchire l’interessante dibattito, gli interventi del vicepresidente nazionale delle Città dell’Olio, Dr. Nicola Malorni; dell’imprenditore Ing. Antonio Sandro Valerio, della famiglia titolare dell’oliveto Pignatelli e della cantina omonima; del dr. Emilio Pesino, presidente del Parco storico regionale dell’olivo di Venafro; di Fabrizio Fazzi, l’organizzatore dell’evento, che ha voluto ringraziare il sindaco e i suoi collaboratori, i relatori e il numeroso pubblico per la sua attenzione. Presente nel salone, anche Simone D’Angelo, il regista del documentario “Gocce” che, con Fausto, l’olivo di Guardialfiera in primo piano, sta riscuotendo successo con premi di importanti mostre e rassegne.
Un incontro, coordinato da Anna Russo, che ha visto due realtà associative – l’una di enti e istituzioni, l’altra di produttori, associazioni e cooperative –che, insieme, possono dare, con lo sviluppo dell’olivicoltura, nuova immagine al Molise, al suo territorio, alla sua agricoltura e al suo cibo, rafforzando quello che già ha e realizzando altre iniziative, a partire da un “Olio Evo molisano biologico” per affermare la sostenibilità e dare sollievo al clima malato. Un incontro bello, che ha onorato la bandiera delle Città dell’Olio, oggi nelle mani della comunità, che, attraverso questo simbolo può trovare quanto serve per essere orgogliosi delle proprie radici, protette dal territorio, il bene comune sempre più bisognoso di nuovi sogni da trasformare in idee, progetti, futuro, e, visto che stiamo parlando di olio, farlo con la speranza che tutto scivoli liscio, com’è sua natura.
di Pasquale Di Lena