Casalciprano: un borgo e più sobborghi
Al nucleo più antico si affiancano varie appendici, anch’esse di origine remota. L’evoluzione insediativa ha riguardato anche la stessa area centrale nella quale pur permanendo l’impianto si è rinnovato il costruito
di Francesco Manfredi Selvaggi
7 novembre 2022
Le gerarchie territoriali sono mutate nell’ultimo mezzo secolo, ma permane sempre una struttura gerarchica tra i vari centri. Se prima Casalciprano gravitava su Frosolone per i servizi scolastici secondari, l’assistenza sanitaria specialistica, le attività commerciali, in seguito questo comune si è venuto a rapportare maggiormente con Boiano, più distante anche se più fornito di attrezzature; oggi il capoluogo regionale sta diventando il polo di riferimento privilegiato. I motivi di questo cambiamento sono stati, sicuramente, la realizzazione di nuove arterie viarie, la Bifernina in precedenza e di recente la Rivolo che collega velocemente con Campobasso.
Le suddette strade hanno colmato una carenza atavica, quella dei collegamenti carrabili, togliendo dall’isolamento gli agglomerati edilizi, almeno della media valle del Biferno. Man mano pure relazioni di lunga durata come quella con Frosolone e con Trivento, la sede della diocesi si sono venute a ridurre d’intensità. È da dire che ovunque nel Molise si riscontra pur nella polverizzazione del sistema insediativo la presenza di polarità urbane principali quali fulcri del sistema insediativo.
Ciò si spiega con il fatto che l’economia agricola è stata in passato basata sull’autoconsumo e non sul mercato per cui i nuclei abitativi erano (e sono) piccoli, dimensionati rispetto al suolo coltivabile a disposizione degli abitanti che lo devono raggiungere a piedi, e questo fatto impedisce la formazione di aggregati molto consistenti. Gli insediamenti sono minimi, al di sotto dei 1000 residenti, anche se distribuiti nell’area in questione in modo diffuso poiché storicamente vi è stata una completa utilizzazione a fini agrari dei terreni.
Lungo la vallata di questo fiume, perlomeno nel tratto in cui ricade Casalciprano, quello mediano, i paesi e, di conseguenza, la viabilità, ci stiamo riferendo a quella preesistente alla costruzione delle infrastrutture moderne, si dispongono sulla fascia collinare. Essi sono allineati fra di loro, posizionati come sono alla medesima quota, a formare una sequenza regolare. Si configura una sorta di catena formata da borghi distanziati fra loro di una lunghezza analoga; essa è abbastanza estesa comprendendo Colledanchise, Casalciprano, appunto, Roccaspromonte, Castropignano, Limosano.
È da rilevare che tale modalità di urbanizzazione si coglie pure nel versante opposto del bacino idrografico, anche qui gli abitati sono concentrati in una stretta striscia di territorio di collina, ma ancorché i paesi dei due distinti lati del corso d’acqua siano planimetricamente vicini essi, per le difficoltà di percorso, specie per l’attraversamento dell’alveo fluviale, non erano collegati fra di loro.
I centri urbani prediligono nell’ubicazione il colmo dei colli perché luogo più difendibile e a Casalciprano è ancora ben riconoscibile quello che doveva essere il perimetro delle antiche mura per via dell’impianto viario “a guscio” che ne segue il percorso; è l’elementarietà dello schema urbanistico il quale permette una chiara lettura a rendere ben evidente la posizione dell’originaria cinta muraria della quale non rimangono resti in quanto, magari, ad essa si sono sovrapposte abitazioni sfruttando quali fondazioni proprio il basamento della murazione.
Il tracciato stradale che sembra ripercorrere tale recinzione fortificata è quello che comprende via Maddalena, piazza S. Maria, via Giardino passando per Porta Mancina, e si conclude in largo Municipio. Vi sono, poi, due sobborghi, anch’essi di antica datazione, affiancati, ai due vertici opposti, al nucleo originario; ambedue possono essere considerati appendici sviluppatesi intorno ad altrettanti luoghi di culto, la chiesa di S. Maria detta del Giardino con il bellissimo portale in stile romanico al quale è sovrapposto un rosone la cui cornice, con interventi recenti, è sagomata in cemento e l’altra di S. Pietro della quale si tramanda solo il toponimo, prossima a quella tutt’ora esistente di S. Rocco, cappella che sorge fuori dell’abitato perché destinata per seppellire i morti della peste del XVII secolo.
Pure nella località Maddalena (un nome che chiaramente rimanda a questa santa e che costituisce l’indizio della presenza di una chiesa) alla quale conduce l’omonima strada che è presumibile sorga sul perimetro della fortificazione e, quindi, ai limiti dell’abitato vi è un raggruppamento di case; siamo lungo il terzo fianco dell’insediamento medioevale al quale fa da contrappunto, quasi, nella direzione contrapposta una appendice urbana di epoca novecentesca.
Quest’ultima è avvenuta lungo la diramazione della strada provinciale che serve il paese la quale funge da elemento attrattivo alla stessa maniera degli edifici di culto di cui sopra. Sull’altro braccio viario di collegamento extraurbano che porta alla fondovalle Biferno, opera degli anni 70, poiché probabilmente troppo recente non si ha edificazione ai margini salvo una palazzina di edilizia residenziale pubblica frutto, quindi, di un programma costruttivo regionale coevo.
Mentre in questo ambito la fisionomia urbanistica è comprensibile con nettezza, anche perché di tipo lineare conseguenza com’è del passaggio delle strade supercomunali, nel resto dell’aggregato abitativo la configurazione è molto più articolata, sia per quanto riguarda il sistema viario sia per il costruito. A contribuire a questa complessità di sicuro sono stati i frequenti terremoti, siamo in zona di sismicità elevata, che possono essere stati la causa della distruzione del castello del quale non vi è alcuna traccia se non l’ampio vuoto presente all’interno dell’isolato prossimo alla chiesa parrocchiale che discende fino a via Giardini.
Siamo nel punto più alto del centro urbano, definibile acrocoro perché qui il colle spiana; a far presupporre che in tale sito vi sia stato la struttura castellana è tanto la dimensione dello spazio aperto di questo isolato, davvero sorprendente se si pensa al resto dell’agglomerato storico composto da isole edilizie estremamente compatte quanto la contiguità con l’architettura religiosa, il potere politico (e militare) e quello ecclesiastico congiunti.
Non è vero, comunque, che senza la residenza feudale, con l’eccezione delle chiese, tutto sia edilizia popolare individuandosi pure a Casalciprano manufatti di pregevole fattura, frutto di una colta tradizione architettonica, in particolare i palazzi Montalbò, Chiunco e Antonecchia i quali si pongono in interessante dialettica con la cosiddetta architettura spontanea, molto più minuta. Questi palazzi che risalgono all’Ottocento non vanno letti quali semplici episodi, bensì come un diverso strato del sistema insediativo che è costituito da più fasi edificatorie, evento storico dopo evento storico, terremoto dopo terremoto, durante le quali il paese si è rimodellato, conservando, ad ogni modo, l’impianto seppur rinnovato a dimostrazione della sua grande forza di permanenza.
di Francesco Manfredi Selvaggi