• 25 Novembre 2022

Corsi d’acqua di rango

Esiste una gerarchia tra i corpi idrici che vede in cima i fiumi

di Francesco Manfredi Selvaggi

25 novembre 2022

Esiste una gerarchia tra i corpi idrici che vede in cima i fiumi seguiti in questa speciale classifica dai loro tributari i quali precedono, non sempre ci sono, i rivi minori che vi affluiscono. I piani paesistici molisani differenziano il grado di tutela in relazione alla posizione che i corsi d’acqua occupano in tale scala. Ci sono difficoltà applicative dovute alle specialità di alcune di queste aste fluviali (ph F. Morgillo)

Un piano, qualsiasi piano che abbia ad oggetto il territorio è obbligato a predisporre una disciplina di carattere generale, non essendo realistico, data la vastità del suo campo, geografico, d’azione, pensare di fissare disposizioni specifiche per ciascuno degli elementi presenti in quell’insieme territoriale. Prendi la rete idrica la quale innerva ogni angolo della superficie regionale per cui occorerebbe una conoscenza dettagliatissima dei luoghi al fine di definire misure di tutela puntuali per i singoli membri di cui si compone il sistema fluviale; è una cosa impossibile perché troppo onerosa, l’operazione sarebbe antieconomica.

Si rischia, peraltro, di perdersi fra troppe specificazioni. Si ricorre, perciò ad una tipizzazione delle componenti del paesaggio, stiamo parlando della pianificazione paesistica, riconducendo le stesse ad alcune, poche, categorie; le norme di tutela sono differenziate proprio in relazione a tali raggruppamenti. Per quanto riguarda i corsi d’acqua, i quali sono l’argomento della presente nota, i piani paesaggistici molisani prevedono una distinzione tra di essi in relazione alla posizione che occupano in una scala gerarchica nella quale il primo posto è occupato dalle aste che sversano direttamente nel mare, cioè Biferno, Trigno, Volturno e Fortore, il secondo ai tributari dei primi, il terzo agli affluenti degli affluenti, fermandosi al quarto ordine, i rivi che riforniscono questi ultimi.

Una considerazione da farsi è che la gerarchia così stabilita non tiene conto della portata idrica dei singoli segmenti del reticolo fluviale per cui si trattano in maniera uguale entità dissimili, potendoci essere differenze in termini di quantitativo d’acqua che trasportano. Quando l’ampiezza del bacino si restringe è ovvio che i torrenti, i quali, ben si sa, non nascono da sorgenti, ovvero le aste minori della maglia fluviale, diventano più corti, raccogliendo meno acqua meteorica, a meno che i rilievi che delimitano la valle siano alti, la piovosità e, soprattutto, la nevosità aumenta con la quota. Il Trigno nel suo tratto iniziale corre tra i monti dell’Alto Molise e la Montagnola.

Man mano che ci si avvicina alla costa le vallate, bifernina e trignina, si allargano e lo schema idrico secondario diventa articolato con i torrentelli che non si riversano direttamente nel fiume, bensì confluiscono, seguendo il classico schema ad albero, nel maggiore fra loro (anche merito dell’apporto d’acqua che gli forniscono) il quale funge da tronco ed è questo che si immette nell’asse fluviale. Giunti infine nella piana adiacente alla marina gli affluenti in quanto tali scompaiono, ogni corso d’acqua fa da sé, seppure esiguo quali il Mergolo, il Tecchio, il Rio Salso, hanno cioè una foce propria.

Per l’applicazione della normativa predetta le cose, già difficili in sé come si è visto, si complicano ulteriormente quando, è il caso del Cavaliere, il fiume che si diparte da Isernia il quale prende vita da due tributari di pari rango, il Carpino e il Sordo, fiancheggiando negli opposti versanti la dorsale su cui sorge il capoluogo pentro. È singolare anche il rapporto che vi è tra Vandra e Volturno, l’uno con regime torrentizio l’altro alimentato da fonti perenni.

Nei periodi di pioggia copiosa l’apporto idrico del Vandra, il quale ha un impluvio assai più grande, al Volturno è particolarmente significativo, mentre nel resto dell’anno è il flusso delle acque sorgentizie di Capo Volturno ad avere il sopravvento per cui è legittimo ritenere quest’ultimo il corso gerarchicamente superiore. Vale la pena far notare che se il Vandra ha origini in un sito, siamo a S. Pietro Avellana, che è stato sempre Molise, la sorgente del Volturno è in un luogo, Rocchetta al Volturno, che faceva parte della Terra di Lavoro, perciò Campania: nei momenti di precipitazioni piovose intense, il contributo molisano, quello dato dal Vandra, al Volturno il quale in seguito è interamente campano diventa rilevante, altrimenti, nelle stagioni asciutte, diventa irrilevante.

Ciò succede ad occidente della regione perché ad oriente c’è, comunque, il Tammaro a tributare acqua a questo fiume. Non esiste solo il genere delle persone, è una sciocchezza quella che si sta per dire, ma pure dei corsi d’acqua: Vandra è un nome al femminile non solo per la vocale finale, localmente la si chiama la Vandra, invece il Volturno è maschile per cui la loro unione assomiglia ad un matrimonio tradizionale, lo si ripete è una stupidaggine, che si celebra nella piana tra Montaquila e Macchia d’Isernia.

Una relationship analoga vi è tra il Trigno e il Verrino, il quale ultimo pur assicurando un sostegno in termini di acqua al’altro non decisivo è stato capace di far compiere a questo una svolta brusca, costringendolo a piegare energicamente il suo “superiore gerarchico” verso l’Adriatico. Un breve accenno al Sangro, altrettanto breve che il tratto in cui lambisce la nostra regione, lo si fa per illustrare una rara tipologia di sdoppiamento di fiume, adesso all’interno del medesimo letto, il tipo a canali intrecciati, paritari in tutto, non c’è questione di gerarchia; tale configurazione porta alla formazione nella fascia centrale dell’alveo di isolotti, l’Isola di Fonte della Luna ci appartiene.

Le regole per la salvaguardia dell’ambiente fluviale sono non solo identiche per tutti i fiumi, ma anche identiche per tutto un fiume seppure sia morfologicamente cangiante nel suo sviluppo longitudinale. Il Trigno, che prendiamo come esempio, lo si può dividere in due pezzi con 2 connotati profondamente diversi. C’è quello concernente la luce che lo pervade, scarsa durante il suo incedere nella fase giovanile in mezzo alle montagne altomolisane ricche di boschi che giungono fin sulle sponde ombreggiandolo e la penetrazione dei raggi solari è un fatto che influenza la struttura ecologica oltre che la percezione visiva.

Allorché raggiunge il piano esso presenta una sezione trasversale talmente estesa da sembrare quando è in magra una landa desertica; il canale sottile in cui si è ridotto a scorrere è esposto al sole senza che vi sia vegetazione ripariale, le piante non attecchiscono sulla ghiaia, a fare ombra e l’ecosistema acquatico ne risente. La conformazione del Trigno muta nel passaggio tra la zona montana e quella pianeggiante pure planimetricamente, la seconda connotazione preannunciata: il fiume che innanzi aveva disegnato una larga curva, era curvilineo, a partire dall’incontro con il Verrino si adegua all’andamento dei fiumi appenninici che è rettilineo. La rettilineità, vale anche per il Biferno che lo è nella sua interezza, con l’ortogonalità rispetto alla linea di costa; è questa una caratteristica costante delle aste fluviali provenienti dall’Appennino. L’andare diritti al mare, perpendicolari ad esso riduce la lunghezza e la pendenza del tragitto, cosa che fa risparmiare energia.

di Francesco Manfredi Selvaggi

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