• 5 Dicembre 2022

Il gas e la democrazia

Un vero e proprio allarme dalla costa toscana si allarga all’Italia intera

di Pasquale Di Lena (da La Fonte, dicembre 2022)

5 dicembre 2022

Il Molise non è solo a subire e a lottare contro il consumo di suolo, contro impianti calati dall’alto che rubano il futuro ai territori e a chi li abita. Se qui la Regione e lo Stato avallano speculazioni selvagge per gli impianti energetici nelle campagne, nella tanto mitizzata Toscana si fa di peggio e la democrazia è sospesa. La vicenda del rigassificatore di Piombino, divenuto un caso nazionale grazie alla lotta dei cittadini organizzati in comitati, dimostra che accanto alla crisi energetica, frutto di un modello di sviluppo sbagliato, c’è la crisi della democrazia, che si esprime con l’arroganza del potere e la sudditanza della politica ai grandi interessi economici.

Il nuovo impianto consisterebbe in una grande nave ancorata permanentemente nel piccolo porto toscano e in grado di contenere 170.000 metri cubi di gas liquefatto, che arriverebbe a ciclo continuo via mare, con lo scopo di riportarlo allo stato gassoso e immetterlo nella rete nazionale. Un impianto che per la SNAM, titolare del progetto, dovrà servire a “garantire la massimizzazione dell’utilizzo della capacità di rigassificazione” del Paese per liberarsi, secondo il governo, dalla dipendenza dal gas russo.

Si tratta di un progetto altamente impattante e pericoloso, come confermano le moltissime prescrizioni formulati dai vari enti competenti al commissario governativo (che è anche presidente della Regione Toscana) ai fini dell’autorizzazione dell’impianto. Prescrizioni che, in una condizione di effettiva autonomia e libertà da condizionamenti politici o economici, avrebbero certamente indotto i tecnici firmatari ad esprimere parere negativo. Invece hanno detto: ci sono tante cose che non vanno, tanti pericoli che si corrono, ma il parere è favorevole perché non si può andare contro Snam, i governi e i partiti che li sostengono. È una storia consueta, che si ripete. Altro che libertà della scienza e della tecnica! Del resto, quante valutazioni di impatto ambientale ci sono che si concludono con parere favorevole pur enucleando decine e decine di prescrizioni che in realtà sarebbero motivi ostativi? Ma qui si è esclusa perfino la procedura di impatto ambientale, sempre con la scusa dell’emergenza. E dal governo Draghi al governo Meloni la musica per ora non è cambiata. Ciò che più ha sorpreso in questa vicenda è che, nella sua veste di commissario, il presidente di una regione a forti tradizioni democratiche come la Toscana si sia prestato a svendere una parte significativa del territorio regionale, a sospendere le normali procedure democratiche e a non considerare minimamente la voce dei cittadini e degli enti locali, con in testa il consiglio comunale di Piombino che all’unanimità si è espresso contro il rigassificatore.

La mobilitazione di popolo contro questo progetto è stata forte, pacifica e continua per tutta l’estate, spinta da motivazione di ordine ambientale, sanitario ed economico. La ex città siderurgica di Piombino e il suo comprensorio (la Val di Cornia) vivono una situazione di difficoltà che già sembrava portare alla deriva: crisi industriale irrisolta, perdita di popolazione, servizi in diminuzione, niente bonifiche dei siti inquinati, nessun rilancio di un’industria moderna e ecosostenibile, impianti estesi di fotovoltaico che consumano suolo fertile, una discarica che ha accolto rifiuti da ogni dove… L’arrivo della nave rigassificatrice con tutti i sui annessi marittimi e terrestri ostacolerebbe il processo diversificazione economica e di conversione ecologica nel quale industria, agricoltura, porto e attività legate al mare, al turismo, alla storia e alla cultura costituiscano la base di uno sviluppo finalmente in equilibrio con la natura e il territorio. Con la scusa dell’emergenza si va in direzione opposta, sacrificando la città e il territorio a interessi particolari, esterni, funzionali ad un modello energetico antistorico e dannoso al Paese che ripropone il fossile come pilastro della cosiddetta transizione ecologica.

Per fare questo si adottano forme dirigiste, autoritarie, antidemocratiche, perfino violente. Qualcuno (es. Calenda) ha perfino invitato a militarizzare Piombino per realizzare l’impianto. Per questi motivi la vicenda del rigassificatore è una questione ambientale e territoriale, ma anche una questione democratica. Collocare un grande impianto rigassificatore nel porto di Piombino, al centro del Golfo di Follonica, davanti al Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, dentro un porto che è contiguo alla città, con alle spalle un territorio e un paesaggio che sono la base dell’economia agricola e turistica, un sistema di parchi e aree protette con elevati valori naturalistici e culturali, è un’offesa irrimediabile al territorio e alla democrazia.

Non è, dunque, solo un problema di Piombino, una città dove, dopo l’abbandono dell’industria, energia e rifiuti – due grandi problemi del nostro tempo – sono diventati business, speculazione, arroganza del potere, sordità alle preoccupate istanze dei cittadini. E’ evidente che non si tratta di questioni soltanto locali, ma di un vero e proprio allarme che dalla costa toscana si allarga all’Italia intera. Non c’entra niente la questione Nimby che alcuni hanno tirato in ballo per depotenziare la mobilitazione popolare. Spetta alle comunità locali, alla scuola, alla società civile nel suo insieme e attraverso i movimenti di lotta affermare la necessità di un cambiamento radicale delle politiche e del modello di sviluppo: partire davvero dalla tutela del territorio, dalle risorse naturali e culurali e dalla conversione ecologica per ripensare l’economia in modo circolare e non estrattivo, che aderisca ai bisogni delle persone e non il contrario.

Ora che la realizzazione dell’impianto di rigassificazione è stata autorizzata (a meno di improbabili ripensamenti del governo centrale), la mobilitazione si va estendendo e la sfida deve continuare per essere trasposta su un piano più generale, perché con il rigassificatore, con impianti e procedure come queste, muore anche la fiducia nelle istituzioni centrali e regionali e verrà sempre meno iol consenso verso chi le forma e le appoggia. Del resto, la politica dei commissari e il ricatto delle emergenze sono il contrario della democrazia. 

Anche sul piano energetico il rigassificatore è una scelta sbagliata, figlia del ricatto di una guerra in cui il governo italiano ha voluto trascinare il Paese e di una visione distorta della questione energetica, che non si può affrontare applicando lo stesso modello che l’ha generata. Per questo i rigassificatori non vanno bene né qui, né altrove se vogliamo interpretare correttamente la transizione verso la pace e l’equilibrio ecologico. Altrimenti sarà la democrazia a diventare gassosa. 

di Pasquale Di Lena (da La Fonte, dicembre 2022)

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