• 13 Gennaio 2023

L’intero sistema insediativo  in crisi

L’abbandono del patrimonio edilizio non è un problema solo dei piccoli centri, ma riguarda anche le cittadine, specie nelle loro parti più antiche. Ciò che preoccupa maggiormente è la perdita di popolazione la quale porta all’abbandonamento delle case

di Francesco Manfredi Selvaggi

13 Gennaio 2023

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Il tema di cui parleremo è quello delle evoluzioni in corso nella struttura insediativa in relazione alle conseguenze sul patrimonio edilizio esistente. Ci concentreremo sul fenomeno dell’abbandonamento di tanti manufatti architettonici del passato, recente o meno. Questo problema riguarda, è ovvio, soprattutto i centri storici e soprattutto le porzioni di essi poste più in alto perché meno accessibili, in genere, con le auto o le più ripide servite, normalmente, da scalinate. Qui qualche casetta a causa della sua fatiscenza viene abbattuta per ricavare sul sedime ormai sgombro dalla costruzione che vi insisteva una piazzetta (succede a S. Massimo).

Sempre nella fascia più antica degli abitati a preoccupare per il loro precario stato di conservazione, nonostante abbiano la struttura muraria più solida essendo stati edificati con maggiori mezzi economici, sono i palazzetti della borghesia ottocentesca i quali per la loro notevole ampiezza non sono più idonei all’uso residenziale, stanze troppo numerose e troppo grandi. Il deterioramento di queste architetture, di frequente, di pregio, una sorta di status simbolo delle famiglie appartenenti al ceto dei “galantuomini” che le abitavano, porta ad uno scadimento dei valori culturali di quel borgo.

Bisogna, poi, tener conto che tali palazzi signorili si ergono solitamente nei siti di maggior lustro dell’insediamento, peraltro anche per merito di essi, nella piazza o lungo il corso principale della zona di origine medievale. Non è la medesima cosa per le conseguenze urbanistiche il degrado di un’abitazione popolare o di una magione nobiliare, al di là delle valenze artistiche proprio dimensionalmente coinvolgendo queste ultime, è evidente, un intorno più esteso, l’isolato occupa una superficie estesa, che viene messo in sofferenza dall’ingombrante prossimità con un fabbricato fantasma di notevole mole.

Le amministrazioni comunali alle quali spetta il mantenimento del decoro e della vivibilità urbana si devono fare carico della tenuta in efficienza delle infrastrutture viarie e igienico-sanitarie che ricadono in ambiti dell’abitato non più praticati (vale anche per lo spazzamento delle strade). Lo stesso problema della dequalificazione del contesto in cui insistono edifici in abbandono, adesso non siamo più nei vecchi nuclei, lo si registra pure al contorno delle “attrezzature per l’istruzione” perché sono frequenti i casi, nei borghi minori, di scuole soppresse, istituti accorpati con plessi scolastici di altri comuni, magari più popolosi.

Un’ulteriore casistica di strutture sottoutilizzate o, financo, dismesse è rappresentato dalle case cantoniere e dai caselli ferroviari, un’unica categoria in quanto tutte opere di proprietà di aziende con azionista pubblico. Mentre prima abbiamo parlato di beni privati, per le scuole e per i corpi di fabbrica a servizio di strade carrabili e ferrate siamo di fronte a un costruito di pertinenza della collettività la quale occorre che si impegni per il loro recupero. Vale pure per le stazioni dei treni, principalmente quando la strada ferrata di cui sono quei terminali raggiunge l’abitato e ciò si verifica solo nei centri maggiori poiché in quelli minori, che stanno, di norma, in cima a un colle, sono questi ultimi a dover raggiungere il tracciato dei binari che si sviluppa, di norma, a valle dei rilievi.

Smentendo quanto affermato nell’incipit piuttosto che un’evoluzione quanto stanno subendo gli agglomerati di età medioevale è un processo di involuzione, non bisogna aver vergogna di correggersi. Tale stato di cose, è bene precisarlo, è dovuto solo parzialmente allo spopolamento, una tendenza demografica preoccupante per le aree interne del Meridione. In molti luoghi pur in presenza di una decrescita degli abitanti vi è una crescita delle superfici urbanizzate, detto diversamente si ha un incremento del consumo di suolo nonostante un saldo negativo della popolazione residente.

Infatti, allo svuotamento del nucleo centrale di datazione remota fa da contraltare l’espansione delle periferie. Nei piccoli comuni la realtà sta diventando drammatica in quanto al dato della perdita di residenti complessivi si aggiunge quello della diminuzione delle classi d’età di persone attive; sono rimasti i pensionati i quali avendo i loro figli fuori, spostatisi per ragioni di lavoro altrove, non hanno, di certo, interesse al futuro del borgo in cui vivono e, di conseguenza, al rinnovamento delle loro abitazioni, non c’è superbonus che tenga.

Stiamo scivolando su una china assai ripida che ci condurrà in breve a non aver più bimbi, riducendosi i nuovi nati, che impersonifichino il Bambino Gesù nei Presepi Viventi, ma anche a non avere figuranti, in generale, nelle rappresentazioni sacre, oltre alla Natività ci sono le tante Passione di Cristo, oppure giovani che organizzino le sagre locali. Si è posta l’accentuazione sui paesini che sono in crisi di residenti, dove si registra un aumento progressivo di case che si chiudono, non per segnalare un problema a sé stante, concluso in sé stesso, ma in quanto ciò che sta avvenendo qui si riverbera sugli aggregati residenziali più grandi, mettendo in crisi l’intero sistema insediativo.

Non è, in definitiva, unicamente, il problema quello della minaccia di sparizione, che riguarda i Piccoli Comuni, convenzionalmente le comunità al di sotto dei 5000 abitanti, perché coinvolge pure le entità comunali che stanno al di sopra di tale soglia. Queste appena dette hanno funzionato quale riferimento per gli insediamenti di taglia inferiore che sono al contorno fornendo ad essi servizi plurimi, dalle scuole secondarie ai poliambulatori ai supermercati, per cui, con un meccanismo a catena, se regredisce il numero di coloro che popolano le realtà abitative del circondario si avrà quale riflesso una contrazione in termini di demografia dei capoluoghi, di fatto, di quel comprensorio per la cessazione delle attività economiche e direzionali ivi insediate.

Per completare il quadro delle difficoltà di mantenimento in efficienza del costruito occorre includere anche il rischio potenziale di sottoutilizzazione delle volumetrie realizzate a scopo turistico, dalle seconde case delle lottizzazioni in territorio rurale sempre meno frequentemente frequentate ai residences nelle località di villeggiatura più pubblicizzate, al mare o in montagna, si pensi a Campitello che non appare più una meta di vacanza alla moda.

Per quanto riguarda il soggiorno sulla costa vi è da perorare la riattivazione delle colonie marine, non più in funzione in quanto tali, una è diventata sede dell’Università che ha istituito ivi un corso di laurea, guarda un po’, sul turismo, per permettere il godimento della spiaggia e dell’acqua dell’Adriatico alle categorie sociali disagiate.

di Francesco Manfredi Selvaggi

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