I giorni della merla
Si narra che una volta, in un tempo lontanissimo, i merli fossero bianchi come la neve
di Mauro Gioielli
30 Gennaio 2023
Sono chiamati «giorni della merla» gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, che la tradizione popolare considera i più freddi dell’anno. È una credenza che si riscontra in diverse regioni italiane, principalmente del nord.
Quasi ovunque, l’origine di tale tradizione è legata a una leggenda, di cui trascrivo una variante ottocentesca:
«Si dice che una volta, in un tempo lontano lontano, i merli fossero bianchi come la neve. Ma accadde un anno che gli ultimi tre giorni di gennaio fossero così freddi che gli uomini non uscivano più dalle loro case per non restare gelati; che i corsi delle acque s’eran mutati in nastri di cristallo; che i rami degli alberi scricchiolavano pel gelo, e cadevano a terra spezzati; che tutti gli uccellini si rifugiavano in qualche angolo delle abitazioni degli uomini per non morire. Una merla co’ suoi tre piccini si era ritardata tanto per non abbandonare le sue creaturine, il cui volo era tardo, e reso più lento dalla pungentissima bruma invernale, che quando arrivò alla dimora dell’uomo, la trovò chiusa.
L’amore materno non si scoraggia, è fatto per la lotta; l’augelletta incita i suoi piccoli ad alzare vieppiù il volo, e riesce a portarli su fino al comignolo di un camino. Là arrivata li ripara sotto quel piccolo tetto. Il camino fuma; certo intorno al focolare si riscaldano altre creaturine tenere come le sue; e la povera madre cerca di collocare i suoi piccini appunto dalla parte donde volge il fumo che ha un certo tepore. I piccini si riscaldano, ma le loro penne candide e lucenti divengono nere come la notte. E, quando venne il bel tempo, anch’essi intrecciarono il loro nido, deposero e covarono le uova; ma quando queste ai schiusero, lasciarono vedere degli uccellini implumi, la cui peluria però non era più candida.
Crebbero, e alla lor volta diventarono neri come la notte. E da ciò il nome ai tre ultimi giorni di gennaio: I giorni della Merla» [C. Buffoni Zappa, a proposito de i giorni della merla, Rivista delle tradizioni popolari italiane, anno I, fasc. V, 1° aprile 1894].
Sul finire del novecento, Alfredo Cattabiani pubblicò una variante di tale racconto, secondo la quale i giorni della merla – fermo restando l’animale protagonista – sono quelli che nel folklore italiano corrispondono ai cosiddetti giorni imprestati.
«Si narra che tanto, tanto tempo fa, quando i merli erano bianchi, una famigliola viveva su una quercia di una villa soffrendo a ogni inverno un freddo tremendo, nonostante mamma merla supplicasse messer Gennaio di essere più mite. Ma il sadico, contento di vederli soffrire, rispondeva monotonamente che quello era il suo mestiere. Un anno la merla cambiò tattica: se ne stette nascosta con tutta la famiglia in modo che Gennaio, non vedendola, si scordasse di tormentarla. Alla fine del mese, che allora era il più corto dell’anno con soli ventotto giorni, la merla uscì fuori al sole e non riuscì a nascondere la soddisfazione di aver gabbato messer Gennaio deridendolo. Ma non aveva fatto i conti con quell’essere vendicativo che chiese tre giorni a Febbraio e li trasformò in una ghiacciaia mandando la temperatura a diversi gradi sotto zero. La neve e il gelo colpirono la famigliola dei merli che rischiarono di congelare. Quando mamma merla vide uscire del fumo da un camino della villa decise di rifugiarsi su quel tepore insieme con i figli; ma il fumo impregnò talmente le loro penne che la famigliola con i discendenti diventò per sempre nera come la pece e quel periodo fu ribattezzato i giorni della merla» [A. Cattabiani Lunario, Milano 1994].
Un riferimento, ancorché vago, ai giorni della merla si rintraccia in una annotazione leggibile in una edizione settecentesca della Divina Commedia (Purgatorio, c. XIII, nota al v. 123):
«Appellansi, se non altrove, in Lombardia certamente, giorni della merla i tre ultimi di gennaio; e favoleggiasi, che tali si appellino, e sieno, come d’ordinario sogliono essere, molto freddi a cagione di vendetta, che continua tuttavia a far gennaio contro della merla, la quale sentendo una volta intorno a que’ dì mitigato il freddo, vantossi di non più temer di gennaio» [B. Lombardi, La Divina Commedia di Dante Alighieri, nuovamente corretta spiegata e difesa, Roma 1791].
In un volume stampato nella prima metà del XVIII secolo, Sebastiano Pauli – pur ribadendo che si trattava di giorni freddissimi – ne diede due spiegazioni correlate con il fiume Po ghiacciato e secondo le quali la merla non è il nome d’un uccello bensì quello d’un cannone o d’una nobildonna:
«I Milanesi sogliono ancor oggi chiamare gli ultimi giorni di Gennaio i giorni della merla in significazione di giorni freddissimi. L’origine del quel dettato dicono esser questo: dovendosi far passare oltre Po un cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: nè quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, nè quali passò sovra il fiume gelato».
Pauli, in altra pagina del medesimo libro, segnala il proverbio.
La merla ha passato il Po, spiegando che «dicesi per lo più di Donna che per l’età le sia mancato il fiore di sua bellezza» [S. Pauli, Modi di dire toscani ricercati nella loro origine, Venezia 1740].
Nell’era di internet, molte varianti della leggenda dei giorni della merla si possono leggere sul web. Alcune sono brevissime narrazioni di sfortunate vicende d’amore. Ne trascrivo un paio.
La prima: «Due merli dalle candide piume, maschio e femmina, si ripararono per il freddo in un camino. Non avendo nulla da mangiare, il maschio decise di uscire per cercare qualcosa. Dopo tre giorni tornò con del cibo ma, trovando un uccello nero come il carbone, non riconobbe la sua merla e tornò indietro per cercarla. La merla, annerita per la fuliggine, lo attese a lungo e alla fine morì di fame».
La seconda: «Sul finire di gennaio, un merlo e una merla si sposarono in un villaggio che si trovava oltre il Po. Finito il matrimonio, avrebbero dovuto riattraversare il fiume per andare a vivere nel paesello dove c’era il nido dello sposo; ma si era fatto tardi e si fermarono per due giorni in una locanda. La temperatura era davvero rigida e il Po s’era ghiacciato. Attraversarlo era diventato pericoloso. Il terzo giorno, il merlo volle ugualmente tentare di raggiungere il nido. Disse alla moglie di attendere il suo ritorno e andò da solo. Ma a metà tragitto morì per il gelo. La merla lo attese a lungo, piangendo per giorni e giorni. Il suo lamento può sentirsi ancora oggi lungo il Po, nelle tre notti di fine gennaio».
(La leggenda dei giorni della merla di Mauro Gioielli – Il Quotidiano del Molise, anno XXI, n. 49, lunedì 19 febbraio 2018, p. 15)
di Mauro Gioielli