La miopia del Governatore
I compensi legati alla produttività dei consiglieri regionali invece di diminuire aumentano
di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)
8 Febbraio 2023
La riduzione dei costi della politica è un tema che tutti hanno sventolato in campagna elettorale e siccome abbiamo capito che quello che si dice prima delle elezioni non conta, (vedi l’azione di governo del premier Meloni), il presidente Toma lo ha ribadito anche in Consiglio regionale nelle dichiarazioni programmatiche. Il nostro eroe non solo ha inteso ridurre le spese dei suoi ma anche quelle dei consiglieri di altre regioni con un generico: “È necessario stabilire dei parametri minimi e comuni a tutte le Regioni con l’obiettivo dichiarato di disporre di un quadro interregionale omogeneo per evitare privilegi e sperperi di danaro pubblico”; non si capisce bene a quale organo è affidata questa terapia, e sarà appunto questo il motivo per il quale nulla si è fatto in questi cinque anni, tuttavia, una volta tanto, sulla diagnosi siamo d’accordo finanche con Toma. In verità, il malcapitato aveva indicato un percorso: “Sui compensi dei consiglieri regionali riteniamo sia necessaria un’operazione tesa a legare il contenimento della spesa alla produttività. È necessario, quindi, avviare una fase di studio e di approfondimento dei sistemi premiali di remunerazione dell’attività politica per innescare un ciclo virtuoso”.
Dalla fase di studio, e ancora di più di apprendimento, il Presidente avrà appreso che se si producono solo stronzate, i compensi legati alla produttività dei consiglieri regionali invece di diminuire aumentano, sarà anche per questo che non se n’è fatto più niente. Da circa 22 anni le giunte di sinistra hanno sempre annunciato, senza poi farlo davvero, la realizzazione di una sede regionale unica, così come del resto hanno fatto tutte le regioni italiane; quelle di destra, in verità, non ne hanno mai parlato, pare che l’argomento produca forti dissensi da parte di chi ha interessi economici e percepisce lauti affitti dalla Regione. Il problema non si annida nella mancanza di risorse, per quelle basterebbe accendere un mutuo e farvi fronte con gli esborsi importanti che l’Ente oggi sopporta a fronte del pagamento delle spese di affitto dei tantissimi immobili condotti in locazione. Ma la Destra molisana per non far torto a nessuno, invece di accasarsi in loco, ha preferito acquistare un lussuoso immobile a Bruxelles e destinarlo a sede regionale. Iorio, all’epoca dell’acquisto ci spiegò che non potevamo fare la figura degli straccioni e coerentemente non ha badato a spese. Il presidente Toma, messo lì da una cordata di destra avversa a quella di Iorio, nel programma di legislatura ha da subito marcato il territorio rispetto agli sprechi cosi come appresso: “È obbligatoria una revisione complessiva della funzionalità e degli obiettivi della nostra sede di Bruxelles. Non è possibile mantenere una struttura, con quelle potenzialità logistiche per soli fini di rappresentanza. Non possiamo, né vogliamo permettercelo. Nel nostro programma prevediamo di far diventare gli uffici di Rue de Tolouse la “casa” operativa, strategica e funzionale delle nostre imprese, dei nostri professionisti, del nostro sistema scolastico ed universitario, delle iniziative di cooperazione internazionale. O ci riusciamo o si chiude!”. E siccome nulla è cambiato rispetto a prima e la sede di Bruxelles è ancora aperta, supponiamo che il governatore volesse riferirsi alla sua carriera politica: confidiamo nella sua parola d’onore.
Per quanto riguarda invece gli obiettivi, le azioni e i costi di produzione delle aziende partecipate dove in genere la Regione mette i capitali e i soci dividono gli utili – ne sono all’incirca una trentina – i giudici contabili della Corte dei Conti nel giudizio di parifica per l’esercizio finanziario 2021 si sono espressi così: “L’esame del complesso di Enti partecipati o controllati dalla Regione Molise ha evidenziato la perdurante mancanza di una reale visione programmatica, tecnica, amministrativa e gestionale del fenomeno partecipativo, che si pone sullo sfondo di diffuse e consolidate criticità consistenti nell’incompleta revisione delle partecipazioni, nell’ inefficace comunicazione di dati gestionali, nella mancanza di congrui budget”.
Ci fermiamo qui per non infierire e rinviamo la questione del giudizio di parifica della Corte dei Conti, sospeso con invio degli atti alla Corte Costituzionale per sospetta incostituzionalità di alcune norme di bilancio approvate dal Consiglio regionale, al prossimo numero; intanto solo un accenno sul salvataggio della nostra Regione, operato con indomito coraggio da Gianni e Pinotto al tavolo del decreto “Mille proroghe”. Il presidente Toma pare, così dice lui, abbia scritto due emendamenti al decreto di cui sopra: uno sulla rateizzazione trentennale del disavanzo regionale di circa mezzo miliardo di euro e uno sul debito contratto con l’INPS per il mancato pagamento dei contributi previdenziali nel periodo post terremoto; gli stessi, lo dice sempre lui, sono stati consegnati al vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato, Claudio Lotito, esperto di dilazioni di pagamento, il quale dopo averli firmati e fatti firmare ai colleghi di Forza Italia ne ha chiesto la messa in votazione. Questa operazione ha un costo, gli interessi sul debito, come quella già sperimentata nella legge finanziaria con le squadre di calcio e non è dato sapere chi la pagherà. Di certo, per la sorte capitale, sappiamo sin da ora chi pagherà per tutta questa trovata: non saranno i nostri figli, questa volta toccherà ai nostri nipoti (la situazione è grave, ma non è seria – Ennio Flaiano).
di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)