• 20 Febbraio 2023

Bottoni

Un racconto, ambientato a Campobasso, tratto da “Mille scarpe da lucidare” di Deborah Rossi 

di Deborah Rossi

20 Febbraio 2023

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Bottoni. Bottoni a centinaia, mille migliaia di bottoni di ogni varietà genere e colore.
Un mare di bottoni in cui si tuffavano mani esperte per cercare quello più adatto da attaccare ad una camicia, ad una gonna, ad un cappotto. E suono ininterrotto e ritmato di pedali alla macchina per cucire piena colma di stoffe da trasformare come per magia in un indumento bellissimo!
E chiacchiere, serene chiacchiere tra amiche che nella loro vita avevano sempre lavorato e per questo plasmate al sacrificio, alla resistenza, a ore di capo chinato sui bottoni da cucire, su calzini da rammendare e su molle di mutande da riattaccare. E sorrisi, molti sorrisi, e sorsi di caffè da condividere. Stoffe colorate, e bianche e nere e anche grigie. E aghi e gigantesche forbici e spilli e spille infinite. E c’era lei: Pina Giangiobbe in Denaro che io per il gran bene che mi voleva, chiamavo zia Pina Denaro per non confonderla con zia Pina Bove alla quale ho voluto bene cone una bimba ama la sua mamma.
Zia Pina  Denaro, era grande e immensa come il suo generoso cuore. Lei era il sorriso, la forza, la bontà , la caparbietà, e la testardaggine.
Prima di ogni altra cosa al mondo, zia Pina Denaro, era una mamma, un porto sicuro a cui attraccare anche se il mare era in tempesta, la casa calda  in cui tornare, la carezza nel suo seno prosperoso e accogliente.
Zia Pina Denaro, mi voleva proprio un gran bene.  La conobbi quando ero piccina, perchè mia nonna Carmela Di Biase, era una tra le sue più care amiche e spesso trascorreva i pomeriggi nel suo negozio portandomi con se.
Zia Pina, ogni mattina, da Via Fontana Vecchia la strada dove abitava, raggiungeva via Marconi e alzava la saracinesca del suo negozio di Lavanderia e lì trascorreva tutto il giorno lavorando. Nel suo negozio zia Pina stirava, cuciva e rammendava panni. Mi insegnò a consegnare gli indumenti pronti e stirati e incartati, ai suoi proprietari.
E così, io bimbetta alta una spanna, bussavo alle abitazioni tra via Marconi, via Santa Maria della Croce e via S. Antonio Abate, consegnavo i vestiti e qualcuno mi dava una mancia di cento lire e subito correvo al bar Iannaccone da Gino per comprare un cremino, ma lui me lo regalava sempre e mi diceva: “Conservati la cento lire, dalla a nonna o comprati un giochino.”
Gino anche mi voleva bene, però non lo diceva, me lo dimostrava cosi, e molte volte alla nonna e me, ha regalato anche il latte fresco San Giorgio, quello nel cartone a forma di piramide.
E allora, seguendo il consiglio di Gino, entravo nel tabacchino a via Marconi, più su del negozio di zia Pina, e compravo un giochino al quale se tiravi una cordicella, volava in alto un paracadutista che poi, puntualmente, franava a terra.
Un giorno questo paracadutista, atterrò sul tetto della mensa dei poveri a via Monsignor Bologna e non potei più recuperarlo: piansi per due giorni al pensiero di quel poveretto sul tetto. Qualche volta mi compravo   Zagor, oppure Soldino, ma di rado, perchè questi giornaletti me li passavano le sorelle Sforza.
Ogni casa in cui zia Pina Denaro mi mandava a consegnar vestiti, seppur contraddistinta da atmosfere diverse, aveva un unico inconfondibile odore: odoravano di cibo che sobolliva nelle pentole, oppure che aspettava paziente sul tavolo in cucina, in un piatto coperto da un altro piatto; odorava di pane fresco che solleticava le mie narici e il mio palato di bimba affamata, odorava del calore dei corpi, di camini e di bracieri, e di abbracci e di gambe aggrovigliate per dirsi ti amo.
Zia Pina faceva una gran fatica ad andare avanti, aveva tanti figli e il marito Nicolino era volato in cielo. Forse fu per questo che volle a tutti i costi che mi conoscessero i giovani proprietari del negozio La Cornice: zio Angelo e zia Pina Bove che (e che ve lo dico a fare?) si innamorarono di me all’istante.
Zia Pina Denaro sapeva che non avrebbe potuto occuparsi molto di me, ed era sicura che quella giovane coppia mi avrebbe amata e così è stato.
Devo dunque a zia Pina Denaro la mia indimenticabile esperienza trascorsa un’estate intera nella casa di campagna di zio Angelo e zia Pina Bove, e qualche Natale trascorso con la loro famiglia a Busso, e il Battesimo, e Ciccio Bello e zio Rino e zia Gianna e Lorena e Rudy e zia Elisa e zio Franco e tutto l’amore di zia Pina Bove per me. E tutti, sono qui dentro me.
I figli di zia Pina Denaro (e che ve lo dico a fare?) mi adoravano, e anche io volevo loro un gran bene e anche loro li ho tutti qui nel mio cuore: Michele, Rosetta, Antonella, Italo, Gianni Denaro, Denaro Rosario; Gianni Denaro, ha sempre conservato nel portafoglio nel taschino sul cuore, la foto di me bambina, in cui ci sono  lui, la sorella Antonella e due cugine.
Mi ha conservata sul suo cuore, perchè Gianni e i suoi fratelli e sorelle sono buoni come la mia amata zia Pina.
Un giorno d’inverno in cui c’era la neve, decisi nella mia testolina riccia, che volevo vivere per sempre con zia Pina Denaro, e così mentre la nonna stava quasi per riscaldare la cena che ci avevano dato a pranzo alla mensa dei poveri di via Monsignor Bologna, scappai letteralmente da casa e da via S.Antonio Abate, raggiunsi  Via Fontana Vecchia e bussai a casa di zia Pina che tra mille abbacci  soffocanti e bellissimi e grida di gioia, subito mi accolse e mi fece mangiare. V Dopo cena, voleva riaccompagnarmi a casa ma io le dissi mentendo che la nonna voleva che dormissi lì con lei per sempre.
Intanto la povera nonna mi cercava da per tutto. Dovevo essermi addormentata già da un bel pezzo nel lettone altissimo di zia Pina, quando a tarda sera con un vento di tramontana, anche la nonna   a bussò alla sua porta e disperata le chiese se io ero per caso lì con lei.
Colpevole e dispiaciuta, mi nascosi sotto le calde coperte e mi tappai le orecchie con entrambe le mani: non volevo sapere cosa ora ne sarebbe stato di me. Dopo un po’ di tempo zia Pina entrò nella stanza con la camicia da notte lunga e bianca, si mise nel lettone seduta, e mi chiese perchè le avevo detto la bugia io le dissi che quella sera volevo stare con lei e se non avessi detti la bugia la nonna per non darle fastidio, non mi avrebbe mandata. Lei mi abbracciò. Ci addormentammo.
Zia Pina era calda. Era la mamma del mondo intero. Mi manca. Anche lei come la nonna, non ha avuto il tempo per sapere della mia vita serena di oggi, avrei voluto riabbracciarle entrambe. Chi sa se davvero da lassù, mi guardano e gioiscono per me. Chi sa se oltre il tempo, possono udire la mia fragorosa risata che ultimamente sembra essere diventata più debole.
Questo racconto è per te zia Pina Denaro, perchè il mio bel ricordo di te, non abbia mai fine.

di Deborah Rossi

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