Una zonizzazione sismica davvero micro
È quanto si sta concludendo in provincia di Isernia, mentre in quella di Campobasso è definita ormai da anni. È una base conoscitiva valida per la pianificazione del territorio
di Francesco Manfredi-Selvaggi
12 Settembre 2023
L’essere giunti in dirittura d’arrivo nella predisposizione della Microzonazione sismica di livello 1 è, di certo, un aiuto per i Comuni che devono avviarsi alla redazione di nuovi strumenti urbanistici. Infatti questi studi sulla pericolosità sismica condotti a livello base, il livello 1, sono assai utili per la formazione del Rapporto Ambientale Preliminare che è a corredo della Valutazione Ambientale Strategica, procedura che accompagna la formazione dei piani.
Va precisato che la Microzonazione non sostituisce l’analisi sulle «condizioni geomorfologiche» necessarie per acquisire il Parere della Commissione sismica regionale, obbligatorio ai fini dell’Adozione sia dei PRG sia dei PdF, ma, comunque, è di grande aiuto trattando le medesime tematiche oggetto della valutazione di questa Commissione. Soffermiamoci sulla comparazione tra la suddivisione in categorie di suolo che costituisce il risultato operativo tanto della Microzonazione quanto delle analisi prescritte per il Parere ex art. 89 del DPR 380/2001 (quello della Commissione), indicate in dettaglio da una circolare della struttura della Regione preposta alla sismica; seppure il numero di tali categorie è diverso, essendo 3 nella prima e 5 nella seconda, esse seguono il medesimo criterio di ripartire il territorio in base alle potenzialità edificatorie dei siti tenendo conto della sicurezza del terreno.
Queste categorie, lo si rileva per inciso, sono diventate addirittura 9 nella Microzonazione condotta nella provincia di Campobasso a partire dal 2003, ma il concetto continua ad essere sempre lo stesso. I termini utilizzati sono differenti, ma la specifica delle varie categorie è molto simile trattandosi di una graduazione del livello di stabilità del terreno da cui si ricava la propensione alla edificabilità: nella circolare regionale la scala della Carta d’Uso del Territorio va da “ottimo” a “buono” a “mediocre” a “scadente”, mentre nella Microzonazione vi sono “zone stabili”, zone stabili suscettibili di amplificazioni locali del moto sismico, “zone suscettibili di instabilità”.
Per quanto riguarda la circolare vi è ad ogni modo una differenziazione sostanziale rispetto alla Microzonazione la quale è che la sismicità non costituisce un fattore da tenersi in conto per determinare se una superficie è sicura o meno nella Carta d’Uso del Territorio rappresentando la Carta della Zonazione Sismica un elaborato a sé, invocando semplicemente una “integrazione” con la prima. Va sottolineato pure che vi è una distanza nella rappresentazione grafica, la Microzonazione adottando una cartografia 1:5000 al contrario della circolare che vuole carte da 1:1000 o 1:2000, che sono le carte che si adoperano nelle tavole dei piani urbanistici generali, fino a quella 1:500 per la lottizzazione.
Abbiamo appena accennato alla Microzonazione effettuata in una parte del Molise a seguito del terremoto di S. Giuliano e, adesso, conviene riprenderla perché è utile per capire come i fenomeni geomorfologici si intrecciano saldamente con lo scuotimento sismico. Diverse forme della crosta terrestre, alle quali questa Microzonazione associa la classificazione di zona instabile provocano un incremento dell’azione del sisma ed esse sono le aree di ciglio (scarpate, terrazzi fluviali), gli ambiti di cresta e cucuzzolo nei quali si ha una polarizzazione dell’onda sismica, quelli di versante con falda di detrito, i conoidi di deiezione.
Inoltre vi sono le aree pianeggianti soggette a liquefazione in presenza di falda idrica superficiale e le faglie attive e capaci; queste ultime sono quelle identificate da esperti del settore a seguito di indagini dettagliate che non si accontentano del riconoscimento della traccia in superficie della rottura avvenuta nel sottosuolo, bensì la mettono in relazione con la deformazione visibile nell’intorno la quale si manifesta attraverso linee di faglia secondarie, il rigonfiamento del terreno o, all’opposto, il suo abbassamento. Vi sono, poi, le frane antiche, attualmente quiescenti, le quali possono essere messe in movimento dall’evento tellurico per cui vengono chiamate frane di seconda generazione.
Vi sono, infine, i cedimenti differenziali lì dove vi è il contatto tra formazioni geologiche molto diverse fra loro. Come si constata facilmente vi è una complessità di ricerche da effettuare cosa che comporta una notevole spesa e, fatto non secondario dal punto di vista dell’interesse pubblico, tempi assai dilatati per la definizione della strumentazione urbanistica. Tutto ciò giustifica la limitazione della Microzonazione che è in atto per i centri della provincia di Isernia a quelle porzioni di territorio comunale interessate alla trasformazione insediativa; in verità si tende, così come fece la Microzonazione nell’altro pezzo della regione, a includere le fasce circostanti alla zonizzazione urbanistica qualora si fosse nutrita qualche preoccupazione per la presenza, mettiamo, di un fenomeno franoso la cui evoluzione negli anni rischierebbe di coinvolgere una Zona C prossima.
Ciò, del resto, è quanto avviene anche nella compilazione della Carta d’Uso del Territorio di cui alla circolare più volte citata. C’è una oggettiva restrizione nelle scelte localizzative di un piano regolatore data dalla presenza di vincoli di inedificabilità imposti da normative ambientali, dai piani paesistici alle disposizioni di tutela degli habitat naturalistici inclusi nella rete Natura 2000, o da individuazioni di ambiti a rischio idrogeologico (a frana e ad alluvione) compresi nel Piano di Bacino: ne deriva la riduzione delle superfici da «microzonare».
In definitiva, si vuole evidenziare che la Microzonazione, in particolare di livello 1, è una valida base conoscitiva da cui partire per la pianificazione del territorio municipale. Essa, riguardante com’è l’intera provincia di Isernia, fornendo dati omogenei permette di effettuare decisioni localizzative di livello sopracomunale se non di tipo provinciale; ad esempio nella programmazione delle strutture strategiche di protezione civile è essenziale conoscere il grado di stabilità del suolo sul quale si pensa di costruire tali opere.
Le medesime valutazioni sono necessarie per il disegno del piano di emergenza di competenza del singolo Comune, l’ubicazione delle sedi operative e logistiche. La Microzonazione è un’attività processuale nel senso che al livello 1 seguono livelli di approfondimento successivi, il 2 e il 3, nei quali si va oltre la determinazione della pericolosità fondata sulla geomorfologia perché si arriva a stabilire il valore dell’accelerazione sismica punto per punto attraverso sondaggi e prove di simulazione sismica dalle quali si ricavano informazioni quantitative, parametri numerici.
(Foto: Una tavola della microzonizzazione di Roccamandolfi)
di Francesco Manfredi-Selvaggi