60 Anni di professione religioso-missionaria
3 Ottobre 1963 – 3 Ottobre 2023
di p. Antonio Germano Das, sx. antoniogermano2@gmail.com
21 Settembre 2023
“Il frutto del silenzio è la preghiera;
il frutto della preghiera è la fede;
il frutto della fede è l’amore.
Ed il frutto dell’amore è servire gli altri”.
(Madre Teresa di Calcutta, citata da Dominique Lapierre nel libro “Più grandi dell’amore” pag. 374 e da me riportata nel mio diario il 21.09.1990).
Il 3 ottobre del 1963 ricorreva, a quell’epoca, la festa di S. Teresa di Lisieux, Patrona delle Missioni. Dai due noviziati, quello di S. Pietro in Vincoli per gli studenti che provenivano dalle scuole apostoliche (così venivano chiamate allora) e quello di Nizza Monferrato per i seminaristi che provenivano dai vari seminari d’Italia e per i giovani di vocazione adulta, approdammo a Parma nella chiesa della Casa Madre, che non era Santuario, perché il Fondatore, ora San Guido Maria Conforti, non era stato ancora elevato agli onori dell’altare. Non ricordo esattamente in quanti eravamo, ma certamente più di 50 giovani baldanzosi, pronti a donare la propria vita per la Missione attraverso i voti di Castità, Povertà e Obbedienza. Una data dunque memorabile quel 3 Ottobre di 60 anni fa.
Ma più memorabili e significativi rimangono per me quei 15 minuti di fine Agosto 1962 trascorsi in ginocchio dinanzi al Tabernacolo della chiesa madre di Duronia, dove avevo ricevuto il battesimo. Quei 15 minuti per me valgono immensamente di più della professione dei voti del 3 ottobre 1963. Quei 15 minuti sono il fulcro della mia vita e ne spiego il perché.
Avevo allora 23 anni ed avevo frequentato il secondo anno di teologia nel Pontifificio Seminario Regionale di Chieti. Mancavano solo 2 anni per diventare prete diocesano. Ma dentro di me sentivo ed alimentavo la chiamata alla vita missionaria. Al riguardo mi sono espresso più volte e non vorrei ripetermi. Il primo incontro con i Missionari Saveriani avvenne nel Seminario Diocesano di Trivento. Frequentavo allora la terza media. Il padre saveriano che conobbi si chiamava Alfeo Emaldi: una straordinaria storia missionaria nell’allora Cina di Mao, troppo lunga da raccontare. Fu proprio in quel 1954 che mi abbonai alla rivista mensile dei Missionari Saveriani, che allora portava il titolo di Fede e Civiltà e vi rimasi abbonato fino alla mia entrata tra i Saveriani.
Durante gli anni del Liceo ed i primi anni di Teologia rimasi in contatto epistolare con i padri Walter Gardini, Callisto Vanzin e Alessandro Patacconi, senza parlare del memorabile incontro con P. Aurelio Cannizzaro, che per due ore tenne inchiodati alle sedie noi giovani seminaristi raccontandoci entusiasticamente la sua missione tra i primitivi nelle Mentaway (Indonesia).
In me dunque tutto era pronto e mancava solo il permesso del mio Vescovo Augusto Crivellari, che alle mie ripetute richieste epistolari rispondeva immancabilmente che la diocesi aveva bisogno di sacerdoti. I miei genitori ovviamente non erano al corrente di quello che segretamente coltivavo dentro di me e aspettavano ansiosamente il giorno della mia ordinazione sacerdotale.
Era dunque il pomeriggio di quel 20 Agosto 1962 ed io ero in vacanza al mio paesello Duronia. Stavo giocando a pallone con tanto di veste talare addosso, quando vedo avvicinarsi a me il postino Antonio Ricciuto, che mi consegna una lettera. Leggo l’intestazione della lettera. Proveniva dal Vescovo. Col cuore in gola, apro la lettera e leggo: “Caro Antonio, sono certo che la tua chiamata viene dall’Alto. Ti concedo il permesso e la mia benedizione”. Capii che era quello il punto focale della mia vita. Bisognava decidere. Fino allora avevo alimentato il sogno che ora vedevo mutarsi in realtà. Seguii l’impulso del cuore. Smisi di giocare e mi diressi verso la chiesa, situata sul punto più alto del paese; vi entrai e mi buttai in ginocchio dinanzi al Tabernacolo. Rimasi in silenzio per 15 minuti e quando mi alzai sentivo di avere dentro di me la risposta e la forza per affrontare qualsiasi difficoltà.
Il resto l’ho raccontato più volte e non voglio ripetermi. Ricorrendo il 60mo della mia professione religioso-missionaria, quei quindici minuti mi ritornano alla mente con la consapevolezza che fu proprio dinanzi al tabernacolo della mia chiesa natale che consacrai la mia vita al Signore per la Missione.
di p. Antonio Germano Das, sx. antoniogermano2@gmail.com