• 12 Ottobre 2023

Non reggono in Appello le accuse monstre a Lucano

L’ex sindaco condannato a un anno e 6 mesi (con pena sospesa). La decisione della Corte nel processo al “modello Riace”: assolti 15 imputati su 17. In primo grado la pena comminata era stata di oltre 13 anni

di Mariateresa Ripolo (da corrrieredellacalabria.it)

12 ottobre 2023

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L’ex sindaco di Riace Domenico Lucano è stato condannato a un anno e sei mesi (con pena sospesa) dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, pena sensibilmente inferiore – rimane solo l’abuso d’ufficio – rispetto ai 13 anni e due mesi rimediati in primo grado e rispetto alla richiesta della Procura generale (10 anni e 5 mesi). Oggi assente a Reggio Calabria, l’ex primo cittadino ha atteso l’esito della camera di consiglio durata circa sette ore, nel piccolo borgo del “modello” per molti anni simbolo dell’accoglienza e alla sbarra dopo l’inchiesta “Xenia” della procura di Locri. Dentro e fuori dall’aula applausi e festeggiamenti per la decisione.

L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari, aveva chiesto per l’ex primo cittadino una condanna di 10 anni e 5 mesi di reclusione. Imputati davanti ai giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, (presidente Elisabetta Palumbo, giudici relatori Davide Lauro e Massimo Minniti) Lucano e altre 17 persone.

Si conclude così il secondo capitolo giudiziario scaturito dall’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza che si basa sull’accusa di aver utilizzato i fondi destinati all’accoglienza dei migranti per “trarre vantaggi personali”. Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Queste, a vario titolo, le accuse della Procura di Locri che ha attaccato in toto il sistema di accoglienza messo in piedi nel borgo della Locride. In primo grado il Tribunale di Locri aveva condannato Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione, a fronte della richiesta della Procura a 7 anni e 11 mesi.

Il dibattimento
Nel corso del dibattimento i legali di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, avevano sottolineato come quella di Lucano fosse una «innocenza documentalmente provata» poiché l’obiettivo dell’ex sindaco di Riace «era uno solo ed in linea con quanto riportato nei manuali Sprar: l’accoglienza e l’integrazione. Non c’è una sola emergenza dibattimentale (intercettazioni incluse) dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l’agire del Lucano sia stato diverso».
Nelle motivazioni d’appello i legali avevano sottolineato che in sentenza c’era stato un «uso smodato delle intercettazioni telefoniche, conferite in motivazione nella loro integralità attraverso la tecnica del copia/incolla». Intercettazioni che, in molti casi, secondo gli avvocati, sarebbero inutilizzabili. Nel corso delle arringhe finali i legali di Lucano avevano chiesto alla corte di ribaltare la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che aveva motivato la sentenza in 900 pagine definendo Lucano “dominus indiscusso” del sistema messo in piedi a Riace per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Tanti i sostenitori di Lucano che hanno atteso la decisione dei giudici dentro e fuori la Corte d’appello di Reggio Calabria, tra loro anche Giuseppe Lavorato.
In tanti di sono recati anche a Riace e hanno aspettato insieme all’ex sindaco l’esito del processo.

Le posizioni di tutti gli imputati
Domenico Lucano – 1 anno e sei mesi
Maria Taverniti – 1 anno
Giuseppe Ammendolia – assoluzione
Nicola Audino – assoluzione
Assan Balde– assoluzione
Fernando Antonio Capone – assoluzione
Oberdan Pietro Curiale – assoluzione
Cosimina Ierinò – assoluzione
Oumar Keita – assoluzione
Annamaria Maiolo – assoluzione
Cosimo Damiano Musuraca – assoluzione
Gianfranco Musuraca – assoluzione
Salvatore Romeo – assoluzione
Maurizio Senese – assoluzione
Lemlem Tesfahun – assoluzione
Fimon Tesfalem – assoluzione
Jerri Cosimo Ilario Tornese – assoluzione

di Mariateresa Ripolo (da corrrieredellacalabria.it)

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