La Piana dei Mulini a Colle d’Anchise
Recensione tratta dalla “Guida ai ristoranti e trattorie del Sud Italia”
di Marco Contursi
13 ottobre 2023
Mangiare fuori mi piace sempre meno. Dopo una estate di tante delusioni e pochi bei ricordi ne sono sempre più convinto. Poche idee valide e ancor meno mani capaci. Tanta esaltazione del nulla da parte di chi racconta. Leggi pure le recensioni di qualcuno, magari ti fidi, vai lì e trovi roba del discount, ma “cavolo-pensi-questo non capisce una mazza e collabora con un blog così famoso…”.
Lo confesso, sto diventando allergico anche a tanti che scrivono di cibo: si esalta il poco, fiumi di parole inutili sul nulla, pacche sulle spalle dove servirebbero schiaffi. Ma è questo il segreto per avere successo, perché basta dispensare complimenti per diventare un influencer apprezzato ed invitato.
La mia soddisfazione? Che a distanza di anni un produttore mi ha detto: “quando mi criticasti, mi offesi e pensai “ma che vuole questo”, oggi capisco che avevi ragione”.
Meglio tardi che mai…
Vabbè, sfogo inutile (nulla cambierà se tutti vanno in una direzione…) che fa da prologo a questo racconto di un week end felice. Anche con qualche critica che spero venga presa per quello che è: un invito a migliorarsi.
Iniziamo.
Lei è bellissima e merita una qualcosa di altrettanto bello. Un mulino nella campagna molisana mi sembra perfetto e prenoto.
Stanza ampia, proprio sopra il ruscello. Nelle foto sul sito aveva la doccia doppia, la mia non ce l’ha. Magari era l’unica senza, ma un po’ mi ha scocciato, e non pensate subito a giochi bagnati, sono semplicemente grosso e amo gli spazi ampi. Avrei gradito anche trovare un bocconotto o una ferratella di benvenuto in camera. Il suono del ruscello rilassa e accompagna dolcemente tra le braccia di Morfeo. Dormirete bene.
Prima di cena, un saluto alle paperelle. E due passi nella campagna circostante. Il petricore ti riempie le narici e fa affiorare ricordi di infanzia. Effetto madeleine.
Si mangia in uno degli spazi di quello che un tempo era un mulino con le sue pertinenze. La cucina parla il verbo molisano. Grandissima attenzione al vitigno locale, la Tintilia, proposto in numerose interpretazioni di cantine della zona e all’olio, da gentile di Larino, cultivar autoctona che offre sentori fruttati di carciofo ed erba appena falciata e rimandi palatali ad erbe di campo, eleganti e piacevoli.
L’antipasto è una summa dei sapori tipici di questa terra che merita di essere scoperta: salumi (buono il capicollo, dimenticabile il filetto), formaggi (piacevoli, eviterei di mettere in frigo il bocconcino), sfiziosa la polenta con salsa tartufata e i fritti.
Buonissima la pizza e minestra, antico piatto contadino che vede il pane di farina agostinella sposare le verdure di campo.
Una stilla di gentile di Larino e viaggi indietro a cento anni fa, quando era l’unico ristoro di chi tornava a casa dopo una giornata nei campi. Piatto del viaggio.
Molto, ma molto buoni, pure i cavatelli con ragù di maiale e manzo. Qui, ci vuole un rosso di carattere ed ecco stappare la Tintilia Lagena di Angelo D’Uva, nomen omen mai più profetico e qui proposta con un prezzo amico come pure tutti gli altri vini, cosa che apprezzo sempre.
È questa una delle espressioni che più gradisco di questo poco conosciuto vitigno del sud, che regala vini strutturati, speziati, con una interessantissima nota balsamica e sbuffi di liquirizia e pepe nero. Lo adoro.
Il vino regge perfettamente la botta pure sul secondo, agnello, salsiccia e scamorza alla brace (cottura perfetta, carne tenera, saporita e succosa), accompagnati da una cicoria tanto buona quanto coriacea, che mi mette in seria difficoltà nella masticazione, magari qualche minuto in più la rendeva meno difficile da mandare giù. Peccato, perché era veramente gustosa, con quell’ amaricante che a me piace molto.
“Gradite qualcos’altro? c’è un ottimo tiramisù”.
Lei adora questo dolce, io adoro lei. E tiramisù sia. Buono.
Soprattutto se diviso con chi hai nel cuore.
Cena finita, un ultimo saluto alle paperelle e via a nanna, cullati dalla melodia del fiume.
Un consiglio: veniteci, dormiteci, mangiateci.
Poi, il giorno dopo e con calma, andate a vedere il vicino museo paleolitico di Isernia e il centro storico di Campobasso, siete a metà strada da entrambi.
Perché buon cibo e cultura vanno a braccetto.
di Marco Contursi