La doppia maglia antropica e naturale a Campobasso
È proprio necessaria una riflessione sulla sostenibilità degli interventi edilizi nella campagna campobassana ed è quanto faremo nel testo
di Francesco Manfredi-Selvaggi
21 novembre 2023
Prima o poi dovrà essere varato il piano di recupero per le aree rientranti nel perimetro della Perimetrazione degli Insediamenti Abusivi.
Si è criticata la concentrazione urbana, e ciò vale per l’agglomerato cittadino, anche se, in effetti, l’accorpamento della struttura insediativa riduce la frammentazione dell’ambiente. Si vuole dire che, a parità di residenti, è meglio avere una compattezza dell’abitato invece che uno sviluppo a bassa densità edilizia e ciò al fine di limitare il frazionamento dell’ecosistema. Non è che con questo si vogliono giustificare i nuovi complessi immobiliari di via Scardocchia, di corso Bucci o di via Gazzani, ma solo rivendicare la necessità di non determinare magari con teorie di villette a schiera in sostituzione di volumetrie concentrate, una eccessiva separazione tra le aree naturali (o meglio semi-naturali perché Campobasso è circondata da terreni prevalentemente destinati all’uso agricolo).
C’è un problema non solo di estensione della superficie urbanizzata, ma anche della sua forma, ben diverse essendo le conseguenze sul sistema ecologico se essa è tendente al rettangolare invece che al quadrato; la spiegazione di ciò è che a parità di ettari occupati, il perimetro della città aumenta quando la sua conformazione è un rettangolo rispetto ad una quadrangolare (per ragioni puramente geometriche) e con esso le zone di “margine”. Queste ultime sono quelle nelle quali si verifica una frizione tra quanto avviene nei due opposti lati, cioè l’edificato e le superfici libere.
In altri termini la natura a contatto con l’insediamento subisce una contaminazione che ne compromette i caratteri costitutivi; meno esteso è, in definitiva, il contorno dell’aggregato edilizio minore è il disturbo alle componenti ambientali. Il capoluogo regionale posizionato com’è su una dorsale la quale divide i bacini idrografici del Biferno e del Tappino tende ad avere una disposizione allungata, accentuata negli anni ’60 dalla previsione del quartiere CEP lungo la direttrice per Termoli, e che non perde neanche quando, siamo nel decennio successivo, le lottizzazioni di Vazzieri e di S, Giovanni dei Gelsi si distendono su versanti vallivi (quella di S. Giovannello, invece, prosegue la tendenza della città di crescere in direzione Termoli).
Si fa rilevare che il progetto di piano regolatore predisposto dal prof. Bequinot avendo assunto quale scelta fondamentale quella della penetrazione dei cunei verdi nel cuore della agglomerazione abitativa per mettere in contatto le persone che lì vivono con gli spazi aperti, con una visione, non lo si dice con tono polemico, di città tentacolare, avrebbe prodotto un incremento (per la regola di geometria già esposta) delle linee di attrito tra i momenti costruiti e quelli non ancora antropizzati; vale la pena fare una esemplificazione di tali cunei che è quella del triangolo compreso tra via Crispi e via Garibaldi, oggi in parte occupato da manufatti architettonici quali il fabbricato in cui ha sede la Banca delle Province Molisane, il supermercato Oasi, gli uffici della Molise Dati e altri ancora.
Campobasso, quella “zonizzata” dal PRG, non è, comunque, unicamente fatta di masse edificate perché vi sono pure lembi di naturalità al suo interno, dalla collina di S. Giovannello a quella dei “monti” fino alla villa De Capoa, oltre ad alcuni giardini pubblici, in verità uno, la villetta posta tra il Distretto Militare e il Municipio, perché l’altro, l’odierna piazza Municipio è ormai pavimentato, che fecero meritare al nostro centro l’appellativo di città-giardino, anche per via dei suoi viali, il corso principale, corso Bucci e viale Elena, oltre a numerosi slarghi alberati, ad esempio piazza Cuoco, piazza Cesare Battisti, villetta Flora.
Vi è uno di questi episodi di verde urbano, la Collina Monforte, che essendo stato riconosciuto Sito di Importanza Comunitaria rientra in una rete ecologica ampia, addirittura di dimensione europea, la rete Natura 2000, e ciò significa che esso dialoga con gli altri punti della medesima maglia, specie con i SIC prossimi. Tra questi vi è il sito di Montevairano e quello, di carattere lineare, del fiume Biferno. Tale griglia della quale i SIC costituiscono per così dire i nodi è composta pure dagli elementi di connessione tra tali punti tra i quali si riconoscono, certamente, i tratturi che sono il Castel di Sangro-Lucera e la sua diramazione e il Braccio Trasversale Matese-Cortile.
I corsi d’acqua pure fungono da collegamenti tra i vari episodi di pregio naturalistici, corridoi ecologici che purtroppo a volte risultano interrotti: è il caso dello Scarafone e del Rivolo a causa dei due depuratori cittadini. In definitiva, l’ambito urbano partecipa di una struttura ecosistemica vasta che abbraccia l’intero territorio comunale. Bisogna, dunque, evitare che esso subisca fratture come potrebbero esserlo una proliferazione incontrollata di costruzioni in campagna. Un’occasione per mitigare la frammentazione ambientale è quella della redazione dei piani conseguenti alla Perimetrazione degli Insediamenti Abusivi che dovrebbero puntare sulla riduzione dei fattori di degrado.
Una regolamentazione è necessaria anche per le attività agricole con una conversione dalla cerealicoltura a colture tradizionali, che sono maggiormente sostenibili e, tra l’altro, produzioni il cui mercato è in crescita. Poi c’è il discorso delle “barriere” lineari che sono costituite dalle strade essenzialmente, non peraltro in quanto la loro rete ha una lunghezza molto superiore alla ferrovia e ciò rimane vero anche se ci limitiamo a quelle principali trascurando la viabilità che collega il centro con le numerose frazioni, essendo questo territorio caratterizzato storicamente dal fenomeno dell’insediamento sparso.
Con il completamento della Tangenziale Nord, lavoro che è in appalto, si va quasi chiudendo il cerchio delle circonvallazioni esterne alla città. Per fortuna, ma pure perché siamo in un ambito collinare che non permette tracciati viari adagiati sul terreno, ci sono sia nella Tangenziale Est che in quella Ovest che nella Nord numerosi viadotti e una breve galleria artificiale da realizzarsi in località Calvario, tipologie di opere nelle quali non è impedita l’ecoconnessione trasversale alla carreggiata stradale. È opportuno evidenziare che i viadotti dovendo scavalcare in genere valloni abbastanza incisi sono sufficientemente alti in grado di consentire al di sotto il passaggio della fauna selvatica. Non è male, però, pensare di aprire dei varchi biologici lì dove il sedime della strada correndo in piano in maniera continua per tratti consistenti o dove si accosta al pendio con i suoi guard-rail può bloccare il movimento delle specie animali.
di Francesco Manfredi-Selvaggi