• 1 Dicembre 2023

C’è muro e muro

Occorre distinguere tra quello di tompagno e quello portante che hanno un diverso ruolo nella struttura 

di Francesco Manfredi-Selvaggi

1 dicembre 2023

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Partiamo dai tompagni. Le tamponature non possono essere intese, specie quando il loro spessore è consistente (altrimenti si chiamano tramezzi), solo come divisori se stanno all’interno o semplici pareti di chiusura se in facciata. Esse hanno anche una funzione strutturale, seppure di tipo secondario, contribuendo all’irrigidimento dell’organismo edilizio. In effetti, un fabbricato in c.a. è costituito da un insieme di componenti principali quali sono i pilastri, i solai, le travi, le fondazioni, le scale e di componenti secondari che sono i tompagni.

Venuto meno il vincolo al posizionamento dei muri che c’era e c’è nei sistemi costruttivi in muratura dove essi assolvono alla funzione portante, nelle strutture in cemento armato la loro disposizione è libera e addirittura essi possono essere del tutto assenti per avere ambienti sgombri. Si tende, comunque, a perseguire una costante coincidenza tra i setti murari e i telai in c.a.. I tamponamenti vengono, dunque, a far parte del modulo strutturale, seppure più leggeri della muratura la quale, al contrario dei tompagni, ha funzione portante, partecipando all’organizzazione della statica dell’edificio anche se non c’è sempre piena consapevolezza del loro contributo alla resistenza al sisma.

Spesso le tompagnature vengono pensate per nascondere i pilastri configurati con forma rettangolare proprio per essere meglio occultabili nella parete e lo stesso vale per le travi. Nelle facciate dovrebbe essere più scontato avere tamponature «importanti» perché qui esse assolvono alla funzione oltre che di delimitazione dello spazio che è all’interno pure a quella di isolamento termico per il quale è richiesto un maggior spessore della parete; quando le facciate sono occupate da ampie finestrature i tompagni che occupano la superficie residua sono meno incidenti nel sistema strutturale.

Si coglie, quasi incidentalmente, l’occasione che si sta parlando di facciate e di finestre per osservare come la distribuzione regolare delle aperture abbia una corrispondenza precisa con la maglia strutturale, il suo ordinato disporsi è un fattore di sicurezza sismica. Passiamo ora al muro portante, il cui comportamento è molto differente dal tompagno. Alcune considerazioni valgono comunque per tutti i tipi di muro. Per entrambi non si può escludere che si inneschino meccanismi di ribaltamento o di rottura per l’effetto di azioni sismiche con direzione ortogonale ai setti murari.

Tali meccanismi possono essere ingenerati anche da terremoti di non eccessiva intensità, inferiori a quelli che portano a rottura per azioni «nel piano» della parete. Per verificare l’attivarsi di meccanismi «fuori dal piano» si fa riferimento alla teoria del cinematismo, cioè del movimento, dei corpi rigidi, i quali sono le pareti murarie; una volta che si supera il cosiddetto equilibrio limite il corpo, che è inteso quale unico pezzo, cade al suolo o si rompe. È ovvio che sia da sottolineare che siamo di fronte ad un meccanismo ipotetico e non al funzionamento reale se non in casi, appunto, limite.

Lo spostamento di questo corpo è, infatti, la rotazione intorno ad una linea che viene a rappresentare il suo perno e questo può essere l’attacco a terra della murazione, oppure quella che congiunge con qualche altro componente della struttura. Tale linea si denomina corda, parola che richiama la rotazione evocando il salto della corda, per essere comprensibili, cioè intorno alla corda. Va sottolineato che la verificazione della stabilità di ribaltarsi, moto indotto da una forza, quella del terremoto agente perpendicolarmente al maschio murario, è assai differente da quelle previste nella procedura di analisi ordinaria che, invece, sono condotte presupponendo che le sollecitazioni agiscano nel medesimo verso delle murature.

Va precisato che il fenomeno descritto è ipotizzabile nei sistemi costruttivi in muratura e non in quelli in cemento armato. Infine, si fa un accenno all’«analisi limite» applicabile specialmente per le murature. La normativa in vigore ammette l’applicazione di metodi di verifica sismica semplificata, tra i quali potrebbero rientrare, seppure non ricompresi tra quelli indicati nella normativa, quelli predisposti dall’Unità operativa ingegneristico geologico con sede a L’Aquila del Consiglio Nazionale delle Ricerche Dipartimento attività scientifiche e tecnologiche che sono stati seguiti dagli estensori delle Analisi di Vulnerabilità delle scuole.

La metodologia seguita per le scuole è stata stabilita dalle Linee Guida per la Valutazione della Vulnerabilità degli Edifici Scolastici dal CNR e dalla Regione Molise nell’ambito delle attività post-sisma. Va precisato anche che le norme tecniche in vigore permettono l’impiego di queste metodologie confinandone, però, l’uso alle costruzioni esistenti. È un notevole vantaggio poter far ricorso a simili strumenti di calcolo, i quali poiché meno sofisticati di quelli, per così dire, normali sono meno onerosi economicamente oltre che meno complessi dal punto di vista computazionale.

Nonostante si tratti di un qualcosa di facilitato esso è da intendersi un approccio affidabile. Tecnicamente ciò si chiama analisi limite e la calcolazione tende a stabilire quale è l’intensità dell’accelerazione sismica capace di innescare meccanismi di rottura degli elementi costruttivi. È da sottolineare che siamo di fronte ad un meccanismo ipotetico e non al funzionamento reale se non in casi, appunto, limite. È scontato che precede l’analisi limite la conoscenza delle fabbriche, dai materiali ai dettagli costruttivi, alle tipologie del sistema costruttivo, dalla conformazione altimetrica a quella planimetrica e così via, cosa prevista nelle predette Linee Guida.

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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