Giacimenti gastronomici molisani
Dall’olio di pregio alle altre specialità
di Claudio de Luca (da termolionline.it)
15 febbraio 2022
La battaglia promossa negli ultimi giorni contro i propositi d’insediamento di un impianto eolico con torri alte 200 metri nell’agro compreso tra Rotello e San Martino in Pensilis ha riproposto all’attenzione generale anche quelle caratteristiche peculiari del territorio molisano, che permettono la produzione di specialità pregiate nell’enogastronomia.
I giacimenti gastronomici molisani: dall’olio di pregio alle altre specialità.
I produttori di olio e di altri ‘tesori’ culinàri molisani ritengono che, per vendere di più, la Regione dovrebbe essere più attiva. Altrove crescono le richieste per ottenere quei marchi che fanno lievitare le vendite. L’olio di Roma ‘Igp, per esempio’ (una produzione stimata di 75mila tonnellate di olive e 10.500 t/anno di oro verde), è solo l’ultimo di una serie fortunata di prodotti ad ‘indicazione geografica protetta’. Il marchio racconta quel modo nuovo con cui gli olivicultori del Lazio hanno trovato la modalità per stare al passo con un mercato sempre più esigente. Hanno puntato sull’Igp, un tipo di riconoscimento che sta manifestando una spinta che ha portato il prodotto ad una enorme ‘escalation’ delle richieste. “Purtroppo sono solo 6 – scrive l’esperto Pasquale Di Lena – i riconoscimenti dop e Igp che vedono protagonista i tesori del territorio locale. Ma solo la Dop ‘Molise Olio extravergine’ è tutta molisana. In pratica la 20.ma è terz’ultima nella classifica delle Regioni, in quanto a riconoscimenti delle nostre eccellenze, pur potendo vantare un paniere abbondante di prodotti tradizionali, conosciuti e classificati da oltre 25 anni (159 sui 4.813 ad oggi riconosciuti) che la inseriscono al 12° posto. Naturalmente, per emergere, è necessaria una precisa volontà politica che tracci quel percorso che porta produttori, trasformatori, associazioni e istituzioni – con la Regione in testa – ai riconoscimenti di alcuni prodotti e pietanze che sono già oggi immagine del Molise. C’’è da pensare – continua Di Lena – al ‘Tartufo bianco’; alla ‘Pampanella’ di S. Martino in P.; alla ‘Ventricina’ di Montenero di B.; alla ‘Scamorza di Bojano; alla ‘Stracciata’ di Agnone; al pane di Longano e/o di Venafro”; al ‘Brodetto’ alla termolese di Tornola; alla salsiccia di Pietracatella; al ‘Fagiolo bianco’ di Acquaviva di Isernia; alla ‘Signora di Conca Casale’; alla capra di Montefalcone; alle ‘Ostie’ di Agnone; ai ‘Torcinelli’ del Molise; alla mozzarella. Il marchio? STG, quello riguardante le Specialità Tradizionali Garantite”.
Invece, per quanto riguarda gli oli Dop, il riferimento va all’Azienda “Marina Colonna” di San Martino in Pensilis; all’Oleificio “Mottillo” di Larino e ad “A.pro.pol.”, con il suo Centro di imbottigliamento posto alla periferia del capoluogo frentano. Poi, a guadagnare la ribalta, sono stati due extra-vergini di oliva non “dop”: quelli de “La sorgente” di Poggio S. (patria dell’olivetta nera, varietà autoctona locale) e quelli dell’Oleificio “Pallotto” di Bagnoli sul Trigno. Questo quadro di sintesi rappresenta adeguatamente il ruolo dell’olio molisano che fa da testimone al territorio ed alla sua agricoltura, al suo ambiente ed al suo paesaggio. Nella 20^ sono circa 13mila gli ettari di terreno dedicati a tale coltura; un’estensione che configura l’1,15% della superficie coltivata ad olivi in Italia (1.140.000 ettari). Su detta superficie si contano oltre 2.500.000 piante. Le qualità territoriali più famose sono l’”Aurina” di Venafro e la già citata “Gentile” di Larino (oltre 1.000.000 di olivi sparsi su tutto il territorio frentano). A queste due varietà autoctone occorre aggiungerne almeno altre 16 catalogate che fanno comprendere quanto sia ricca la biodiversità locale. Gli esperti ricordano l’”Olivastro d’Aprile”, le “paesane” (oliva bianca ed oliva nera, detta anche “Ceciarola”). Poi c’è la varietà “Gentile” di Colletorto; l’“Olivastro” e la “Cerasa” di Montenero di B.; la “Cellina” e la “Rosciola” di Rotello; l’“Olivetta nera” di Poggio Sannita; lo “Sperone di gallo” del Molise centrale; la “Noccioluta” di S. Giuliano di P.; la “Salegna” di Larino. Sul territorio operano più di 100 frantoi che producono 600.000 tonnellate di olio, vale a dire l’1% della produzione nazionale, che è sì poca cosa, ma comunque da ritenere importante, e pregiata, per il comparto agricolo.
L’Azienda “Marina Colonna” opera in Contrada Bosco Pontoni del comune di S. Martino in P. La superficie olivetata copre 70 ettari con 25mila piante della varietà “Leccino” (85%) e “Gentile” di Larino (15%). La produzione è pari a 5-6mila quintali con una resa di 600 di olio. Il frantoio è aziendale. Poi c’è l’Oleificio “Di Vito” in contrada Cocciolete di Campomarino. Lavora 800 quintali di olive (60% “Gentile” e 40% “Leccino”) che, assieme a quelle acquistate, rendono 170 ettolitri. Ancora a Larino: in contrada Monti, c’è La “Casa del Vento” (3 ettari di “Gentile”) da cui fuoriesce un prodotto da agricoltura biologica, mono-varietale, fruttato medio; alla contrada Cappuccini, l’Oleificio “Bruno Mottillo”, attivo su 4 ettari di oliveto, tutto coltivato a “Gentile” locale. Produce 11 ettolitri di olio extravergine “dop Molise”. A Colletorto opera la “Giorgio Tamaro”, 4 ha, a conduzione familiare, con 700 piante che producono 11 quintali di olio della varietà “Oliva nera” di Colletorto: il “Colle d’Angiò”, fruttato medio. Infine, va citata l’Azienda Agricola “Michele Fratianni” in contrada Buccaro di Campomarino (8 ha con piante secolari che danno 700 quintali di olive con una resa di 70 ettolitri di fruttato medio, l “Olio di Virginio”, così detto dal nome del capostipite).
Tutti questi prodotti vantano delle caratteristiche precise: di colore sono giallo-dorati, con riflessi verdognoli; si presentano intensi ed avvolgenti all’olfatto, complessi e fini al gusto, con note di ortaggi di campo, altri con sentòri di carciofo, di cicoria e di lattuga, talvolta con toni di mela bianca, di banana, di pepe nero e di mandorla e con rimembranze di basilico; né mancano, in altri casi, i toni della cicoria e del cardo di campo. Spesso il senso dell’amaro e del piccante è presente in modo armonico. Si accompagnano ai piatti più vari: ad insalate d’orzo, a marinate di ricciola, a verdure ai ferri, a zuppe di legumi, al pesce alla griglia, al coniglio arrosto, ai formaggi freschi a pasta molle, agli antipasti di molluschi, con le verdure, con le insalate di ceci, col risotto con carciofi, con le seppie alla piastra, col coniglio arrosto e con i formaggi caprini.
di Claudio de Luca (da termolionline.it)