• 18 Febbraio 2022

Un paese piccolo piccolo e la sua grotta

“Leggete questo raccontino che, senza aggiungere e senza togliere nulla alle verità, anche se in forma di favola parla di ciò che è successo davvero nel paese piccolo piccolo”

di Aurora Delmonaco

21 febbraio 2022

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Per questo racconto subirò un PROCESSO PER DIFFAMAZIONE da parte degli “uomini neri” e a maggio comparirò come imputata nella prima udienza. Come imputata. Cose da preti!

C’era una volta un paese piccolo piccolo. In questo paese c’era una grande roccia e, nella roccia, una grotta. 

Questa grotta in un tempo molto lontano era stata una chiesa, ma poi la chiesa vera fu costruita sulla sua testa, e la grotta piano piano fu lasciata abbandonata e sola. Era triste perché la gente, anche il prete della chiesa grande, la riempiva di rifiuti, come se fosse un immondezzaio.

Poi, un giorno, venne un nuovo prete che la guardò e disse: “Perbacco! Questo non sta proprio bene. Facciamo di questa grotta il cuore del paese.” 

Tutti furono molto contenti e lavorarono, lavorarono insieme giovani e vecchi, uomini e donne per fare della grotta il loro cuore. 

Anche la grotta era molto contenta, diventò un gioiello con un altare fatto con la macina del vecchio mulino abbandonato, un bellissimo crocifisso senza braccia e tutt’intorno le panche su cui la gente si sedeva e diceva: “Com’è bella la nostra chiesa rupestre!”. Quando cantavano o facevano musica, i suoni sembravano quelli degli angeli perché la grotta dava il meglio di sé. Non era una chiesa vera e propria perché non era consacrata come tutte le chiese, ma era proprio quello che la gente voleva, cioè il cuore del paese piccolo piccolo. Lì si raccontavano storie, si riunivano tutti per decidere cose belle e buone, si faceva festa e si stava insieme nei momenti tristi e in quelli lieti, come quando qualcuno si sposava davanti a quell’altare che era soltanto una macina di mulino. 

Cominciarono ad arrivare da ogni parte per vederla, e tutti dicevano: “Che meraviglia! Non ce l’aspettavamo una chiesa rupestre così commovente!” 

Poi un brutto giorno venne un uomo vestito di nero e chiuse la grotta a chiave:  “Questa non è vostra – disse – questa non serve a voi, serve alla parrocchia che sta qui sopra” 

E portò via la chiave. I visitatori che erano venuti da molto lontano se ne andarono scornati e la gente si ribellò perché sapeva che la sua grotta era molto triste per tutto questo, ma non ci fu niente da fare. Niente tornò come prima.  

Intanto il sindaco del paese piccolo piccolo non riusciva a dormire la notte perché la grotta era molto triste, la gente arrabbiata, e pure lui si sentiva un grande peso sul cuore. Allora andò da un signore che sapeva tutte le leggi, un avvocato, gli raccontò il fatto e quello disse: “Sono cose da pazzi, ma che volete fare? Se andate in tribunale ci vorranno anni, vi conviene cercare un accordo e, se proprio non è possibile, allora non ci sarà altro da fare che una bella causa lunga lunga.” E il sindaco fece scrivere da quell’avvocato una lettera così ben fatta che l’uomo vestito di nero disse: “La chiave è mia, però apro la grotta solo durante il giorno per i visitatori, ma voi state lontani.” 

Un giorno la gente doveva incontrarsi perché c’era da parlare di cose tristi e importanti, e allora si misero tutti all’aperto, vicino alla loro grotta a cui era proibito entrare. La grotta si infuriò e chiamò alcune nuvole sue amiche: “Aiutatemi, questa cosa non posso vederla!” E le nuvole che fecero? Mentre si cominciava a parlare versarono sulla terra gocce grosse come limoni, e tutti per forza si rifugiarono nella grotta che li abbracciò felice, ma la cosa non piacque all’uomo vestito di nero.  

Però bisognava riavere la grotta tutti i giorni, senza una guerra continua, e il Sindaco disse all’uomo vestito di nero e a un suo compagno come lui: “Qui dobbiamo fare un accordo che ci faccia riavere la grotta come prima” ma gli fu risposto: “Ci fa piacere, ma tu devi dichiarare che siamo noi i padroni di quella grotta” (loro la chiamavano cripta ma si sbagliavano perché la cripta è tutta un’altra cosa). Questo non era possibile perché non era vero, e poi il Sindaco non poteva dire chi è il padrone di questo e chi di quest’altro perché non è compito suo, però insisteva e quelli dicevano: “Sì, sì, come siamo felici di fare un accordo! Però la chiesa è nostra, non è consacrata ma facciamo come se lo fosse, e voi dovete obbedire a noi, perché siete troppo indisciplinati!” 

Non ci fu giorno in cui il Sindaco, con quelli che lo aiutavano, non facesse qualcosa per risolvere la situazione, ma gli uomini neri pensavano sempre che l’accordo si doveva fare come dicevano loro. Si andò anche dal rappresentante del governo, che ascoltò tutti e poi disse: “Questa cosa non ha né capo né coda, e non si capisce perché succede”, e il secondo uomo vestito di nero disse: “La chiesa è della parrocchia perché sulla porta c’è scritto A devozione di Cesina”.  Cesina era una donna molto pia, aveva comprato la porta e quindi era come se la grotta l’avesse consacrata lei. Per questo la parrocchia doveva comandare su quella povera, triste, abbandonata chiesa rupestre. 

Per scrivere il testo dell’accordo le carte andavano e venivano, il Sindaco non si strappava i capelli ma era come se lo facesse, e continuava a lottare per la popolazione e per la grotta che aspettava muta e triste. Fece sapere la faccenda anche ai capi degli uomini vestiti di nero, a Roma, e quelli dissero: “Ma perché questa povera gente deve rimanere senza la sua grotta?” però gli uomini neri pensavano fra loro: “Aspettiamo, che la gente si stancherà e ci lascerà fare come vogliamo noi.” 

Ma la gente non si stancava, e neppure il Sindaco, e allora pensarono una cosa importante, e dissero: “Se giovedì non si fa l’accordo come vuole il paese piccolo piccolo, allora…” Giovedì sta per venire, e la grotta aspetta impaziente di abbracciare la gente del paese piccolo piccolo.

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