• 7 Giugno 2022

Il capoluogo del Parco del Matese

È immaginabile che i capoluoghi del Parco Nazionale del Matese saranno due, uno nel versante campano e uno in quello molisano

di Francesco Manfredi-Selvaggi (da ilbenecomune.it)

7 giugno 2022

Back

È un dibattito che a presto si aprirà, subito dopo l’individuazione dei componenti dell’organo direttivo. C’è chi proporrà di fare la base dell’Area Protetta in Campania e chi in Molise. Boiano sembra uno dei candidati favoriti. Napoli e Roma non sono assai lontani, vedi che non si decida di porla in una di queste due metropoli, non ci sono precedenti perché nessun altro parco è così ad esse vicino.

Partiamo dalle conclusioni: è immaginabile che i capoluoghi del Parco Nazionale del Matese saranno due, uno nel versante campano e uno in quello molisano. Del resto anche per il Pollino è così, con Rotonda in Basilicata e Castrovillari in Calabria. Il modello Parco Nazionale d’Abruzzo, l’illustre vicino per tanti aspetti da imitare, non è esportabile da noi per quanto riguarda la sede della direzione del Parco e ciò perché non vi è nel comprensorio matesino un centro, come lo è Pescasseroli, semmai lo è il gruppo Gallinola-Miletto baricentro rispetto all’intera area protetta.

Rimanendo sul PNdA viene da pensare, datosi che Pescasseroli è il paese d’origine di Benedetto Croce, uno dei principali fautori del Parco, che quest’ultimo è stato delimitato in modo che Pescasseroli ne stesse al centro, chissà se c’entra anche la questione di orgoglio paesano; infatti il PNdA nella conformazione ufficiale ricomprende distinte emergenze montuose, non un’unica come il Parco Nazionale del Matese il quale si identifica totalmente con tale montagna (è da notare che il PNdA è, tra i parchi montani, il solo a non avere nella propria denominazione il nome di un monte o di monti), che convergono nella valle in cui sta il luogo natio del grande filosofo.

Non ci sono le condizioni, geografiche, per il complesso matesino di replica della formula abruzzese, di un parco del tipo Pescasserolicentrico, che è pure un’immagine emozionante, quella dell’Area Protetta avente un “cuore”, l’insediamento umano, palpitante, di gioie e di dolori, si starebbe per dire. Per cominciare, vi dovrebbe essere un Comune confinante da ogni lato, con altri facenti parte del Parco, proprio come a Pescasseroli, e ciò non c’è, salvo Roccamandolfi e Castelpizzuto (2 rondini non fanno primavera).

In verità, tale situazione si potrebbe verificare se il Parco venisse esteso fino a includere entità comunali poste sulla fiancata del fondovalle dirimpettaia dell’Appennino diremmo matesino, cioè sui fianchi di quel sistema di rilievi che il geografo Lucio Gambi definì il “piccolo Appennino” (una catena anch’essa, più corta e più bassa, che va dalla Montagnola a monte Saraceno comprendente Montevairano e Monteverde). Il quadro che ne emerge è di due file di emergenze montuose parallele fra loro e separate, sempre fra loro, da un continuum di vallate di cui quella chiamata di Boiano (da tenere a mente questo nome poiché comparirà spesso in seguito) è la valle mediana.

Non è una descrizione, per così dire, asettica quella che si è fornita in quanto conduce ad una lettura della striscia, striscia essendo più lunga che larga, pianeggiante quale conca inter-montana, inter-posta com’è tra due montagne, in cui la piana coincidente con l’alto corso del Biferno, dove sta Boiano, è in posizione inter-media. Non è un mero affiancamento della pianura alla duplice fascia di territorio montagnoso, un semplice accostamento, al contrario vi è una inter-dipendenza. I detriti che durante l’emersione il blocco montuoso si scrollava dalle spalle andarono a colmare i fossi scavati dai fiumi fino allo spianamento della superficie, le attuali piane: ciò ne è una prova.

Ci hanno stancato tutti questi inter- e allora fare un inter-vallo, un inter-mezzo (ci siamo ricascati!) parlando non più di morfologia territoriale, bensì di storia. I Romani costrinsero i Sanniti a scendere giù dalle alture irregimentandoli all’interno delle colonie create ai piedi del massiccio. A questa quota la memoria della grande civiltà romana ancora aleggia, ci sono i resti di Altilia o il decumano ricomparso dell’antica Bovianum a tenerla viva. Poca cosa le testimonianze pervenute, specie tenendo conto che le opere volute da Roma furono sovrabbondanti tanto che nelle epoche che seguirono si dovette effettuare una selezione tra gli ex-municipium, la ragione per cui Saepinum fu abbandonata.

Nel medioevo lo splendore di tale magnificenza si offusca, coerentemente con i tempi, i “secoli bui”, e alle curve di livello inferiori dell’ambito matesino i soli bagliori sono quelli della cattedrale e del castello, in verità non fiochi, una sopra, Civita S. e una sotto, Boiano trattandosi, rispettivamente della cattedra vescovile, la quale muoverà per Campobasso meno di un secolo fa e della residenza dei conti di Molise. C’è, inoltre, il tracciato tratturale, un raggio luminoso della raggiera dei tratturi che si irradia dal ponte della Zittola, il quale attraversa fulmineamente, si starebbe per dire, poiché rettilineo, la vallata secondo il suo verso più lungo.

Luci ed ombre, queste ultime sono quelle della galleria, siamo passati all’aspetto naturalistico, di salici e pioppi che ombreggia il corso del Quirino classificato Sito di Importanza Comunitaria e dell’ombroso bosco planiziale, una tipologia forestale ormai rara in Italia, costeggiato dal Rio Bottoni a S. Maria del Molise. Dal quadro delineato emerge il notevole interasse storico e ambientale di questa piana la quale ha le carte in regola per fungere, perlomeno, da Area Contigua del Parco.

Boiano ne è il polo, alla stessa maniera che la cima di monte Miletto è il fulcro della parte sommitale del Matese, una linea ideale di mezzeria li collega. Il ruolo nodale, pure rispetto alla zona di altitudine è stato già riconosciuto a Boiano al momento dell’istituzione della Comunità Montana. Sono storicamente stretti i rapporti tra la città, l’unica nel Molise sotto-stante a un monte, e la montagna sovra-stante (un sotto e un sopra con il trattino), si pensi ai caseifici. È legittima l’ambizione di diventare il capoluogo del Parco per la centralità e per il costituire da sempre riferimento delle comunità matesine, piuttosto che per la sua superiore taglia demografica.

Anzi lo penalizza il fatto che sfori i 5.000 abitanti, la soglia fatidica entro cui si è un Piccolo Comune, la forma insediativa caratteristica e caratterizzante degli areali appenninici, Pescasseroli, un villaggio tipico, ne è l’emblema. Non scaturisce, in definitiva, dall’essere grande l’essere sovra-ordinato, piuttosto c’è il rischio di essere sotto-ordinato continuando il gioco dei vocaboli composti. In una perimetrazione dove sono ricompresi gli agglomerati urbani di ogni Comune pericolosamente, un po’ più giù, c’è il fondovalle, una ulteriore penalizzazione sarebbe il non includervi la porzione moderna, il “polmone”, di questa cittadina, limitandosi a inserire il nucleo antico: la prima ha il suolo piatto, il secondo è sul versante, quasi che i confini del Parco debbano coincidere con la terminazione della montagna, che la piana, chissà per quale capriccio, non possa farne parte, non ne sia degna.

di Francesco Manfredi-Selvaggi (da ilbenecomune.it)  

Back