I quattro errori da evitare
Si sta aprendo una fase politica di grande incertezza non solo per il nostro paese, ma anche per la stessa Europa
di Famiano Crucianelli (da lafonte.tv)
19 ottobre 2022
Con il voto del 25 settembre e con la vittoria della destra di Giorgia Meloni si apre una fase politica di grande incertezza non solo per il nostro paese, ma anche per la stessa Europa. Non siamo agli anni venti, né alla marcia su Roma, né al primo governo Mussolini del 31 ottobre 1922, sarebbe però un “primo grave errore” ignorare il fatto che il voto italiano arriva in un momento di grande crisi del nostro paese e del continente europeo. E gli italiani hanno mostrato nella storia di essere maestri nel capire dove tira l’aria. Per questo sarebbe opportuno che la sinistra e le forze democratiche sappiano utilizzare al meglio le proprie capacità per capire dove siamo e dove può portarci questa situazione.
Bisognerebbe evitare un “secondo errore”, quello di considerare il voto a Fratelli d’Italia e, più in generale, alla destra come un plebiscito: non è così. La destra unita non arriva al 44% e vince in Parlamento solo in virtù di una legge elettorale infame che tutti, proprio tutti, hanno votato. L’Italia, come è stato negli ultimi trent’anni, continua ad essere divisa con una leggera prevalenza della destra. Solo Prodi riuscì per due volte, per pochi voti e per un breve periodo di tempo ad invertire questa tendenza.
Questa constatazione non deve però indurre ad un “terzo errore”, ovvero quello di considerare queste elezioni come uno dei tanti precari e congiunturali passaggi elettorali che in Italia abbiamo avuto negli ultimi trent’anni. Non solo perché il campo del centro-sinistra appare particolarmente scombinato, ma anche perché siamo in un contesto economico e sociale europeo di grande fragilità e di grandi contraddizioni, nel quale la pianta del populismo può crescere ed affermarsi.
Le ragioni di questo stato di cose sono evidenti: impoverimento della società europea, forti squilibri e degrado sociale, precarietà del lavoro e incertezza per il futuro e quindi pulsioni populiste e rigurgiti nazionalisti; in sostanza gira per i Paesi europei una miscela di tensioni sociali e culturali che la destra può utilizzare per cambiare verso alla storia del nostro continente. Infine la guerra di Putin contro l’Ucraina può funzionare come moltiplicatore del malessere sociale, della crisi economica e del relativismo culturale dei cittadini europei. Quando l’inverno sarà freddo e le bollette saranno alte, quando le aziende licenzieranno per i costi di produzione, quando il debito dello Stato sarà oltre il limite di guardia, quando la sicurezza e i diritti sociali saranno ancor più incerti, allora tutto potrà accadere e la situazione politica divenire ancor più critica. Anche perché sono ormai bucati i due paracaduti che nel corso degli ultimi decenni hanno funzionato come garanzia per il sistema: la legittimità del sistema democratico e la stabilità dell’Europa. Siamo quindi nel cuore di una transizione critica italiana ed europea, resa ancor più grave e drammatica dalla guerra Russo-Ucraina.
La sinistra, il mondo democratico possono fare come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia, pensando così di conservare i propri scampoli di potere, illudendosi che prima o poi “adda passà ‘a nuttata”, sarebbe non solo un vaneggiamento, ma un atto di grave irresponsabilità. La partita non è chiusa, ma per giocarla è decisivo che non ci si chiuda nelle segrete stanze per consumare vendette e organizzare qualche intrigo di palazzo. Abbiamo tutti bisogno di scelte nette, di un dibattito trasparente e di sciogliere dannosi equivoci.
Il problema dei problemi è come la sinistra può ritrovare un’empatia, una connessione sentimentale con il popolo. Ignorare questa elementare verità sarebbe un “quarto e drammatico errore”. Anni fa un prestigioso dirigente comunista Alfredo Reichlin ebbe a scrivere una frase che mai come oggi ha un suo fondamento: “Non può esistere una sinistra senza il popolo”. Lo aveva ben intuito Enrico Berlinguer con la sua intervista nel 1981 a Eugenio Scalfari, quando pose al centro della sua riflessione la “questione morale” e la crisi di legittimità dei partiti; già allora iniziava ad essere evidente la crisi di relazione fra il popolo, i lavoratori e la Sinistra. La situazione è poi esplosa nei primi anni ‘90 con la denuncia giudiziaria di “Mani pulite” che sgretolò quel che restava della credibilità della Politica e dei Partiti, e fu proprio Berlusconi che pure aveva tratto enormi vantaggi finanziari dalla commistione politica ed affari, ad interpretare e capitalizzare il nuovo qualunquismo e populismo di massa. Da allora la situazione sociale e politica si è ancor più logorata, la sinistra è evaporata lontana dalla vita e dai problemi reali della gente ed oggi in Italia il partito che ha vinto le elezioni, nel suo simbolo richiama quella Repubblica Sociale di Salò che dal settembre del 1943 all’aprile del 1945 fu voluta da Hitler e guidata da Mussolini.
La situazione è quindi critica, anche perché siamo all’epilogo di una lunga storia e lo stesso contesto europeo è ampiamente compromesso; per questo sono all’ordine del giorno scelte chiare, senza le contorsioni del politicismo. È necessaria una radicale discontinuità di idee, programmi e classe dirigente. È urgente che la Sinistra si spogli degli abiti borghesi e indossi il saio della gente comune. È decisivo che uguaglianza ed ecologia siano l’anima di un progetto di cambiamento radicale delle relazioni sociali e del rapporto fra l’uomo e la natura. È fondamentale che le guerre escano dalla Storia e che vi sia un governo multipolare del mondo. È saggio che in questo nostro Paese le forze, i soggetti democratici, progressisti e di sinistra, fuori dalla palude degli interessi particolari, trovino rapidamente unità di intenti e di comportamento.
di Famiano Crucianelli (da lafonte.tv)