• 30 Gennaio 2023

Scuola, i segnali ambigui di Valditara

Ogni provvedimento, lungi dall’umiliare, deve solo ricostruire fiducia e senso di responsabilità

di Umberto Berardo

30 Gennaio 2023

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Che la scuola italiana presenti aspetti da innovare è risaputo perché è davanti agli occhi di tutti l’insicurezza degli edifici, l’inefficienza della rete scolastica, dei sistemi educativi come talora delle metodologie, degli strumenti e degli stessi criteri di valutazione.

Non si fa strada ancora in maniera decisa l’idea di un apprendimento fondato sulla ricerca e il confronto critico delle fonti, ma l’insegnamento fa spesso riferimento a programmi obsoleti e teorici come a strumenti limitanti quali i testi unici nelle singole discipline.

Le dotazioni tecnologiche, come abbiamo costatato soprattutto nel periodo peggiore della pandemia, non sono ovunque adeguate e mancano politiche efficienti d’inclusione come i supporti per studenti in difficoltà o diversamente abili; anche per questo siamo in Italia davanti a una dispersione scolastica del 12,7%.

Secondo l’ultimo rapporto OCSE 2022 la nostra scuola manifesta risultati ancora lontani dai migliori standard europei e ha ritmi piuttosto lenti di apprendimento.

Nel primo segmento dell’obbligo, cui è iscritto il 92% di tutti i ragazzi, la spesa cumulativa per singolo alunno è accettabile mentre nel rimanente percorso del ciclo scolastico essa è molto al di sotto della media dei Paesi europei.

Nella secondaria di secondo grado e all’università gli studenti continuano a privilegiare materie umanistiche o artistiche piuttosto che discipline tecniche e scientifiche.

Con una tale situazione sarebbe certamente indispensabile che al Ministero dell’Istruzione e del Merito, come lo ha ridefinito il governo Meloni, il professor Giuseppe Valditara avesse a disposizione personale altamente qualificato sul piano soprattutto psicologico, pedagogico e didattico in grado di rendere davvero adeguato il sistema scolastico su tutto il territorio italiano per praticare la formazione e l’educazione in modo efficace ed egalitario.

Attendiamo cosa prevede in merito la progettazione del nuovo governo, ma le prime uscite del nuovo ministro lasciano francamente sconcertati.

Sostenendo l’idea giusta dell’eliminazione delle sospensioni lunghe dalla frequenza scolastica per motivi disciplinari, ha parlato di una risorsa rigenerativa dei “lavori riparativi” nei quali a suo avviso “l’umiliazione” intrinseca dell’obbligo di prestarli responsabilizzerebbe, farebbe crescere gli studenti e dunque sarebbe una risorsa educativa; prendendo atto di una protesta diffusa, ha poi definito quel termine “inadeguato” e “stonato”, ma ormai la gaffe era lì perché un’attività di deterrenza funzionale all’educazione per il rispetto delle regole non può e non deve essere mai mortificante col rischio di generare rancori.

Ogni provvedimento, lungi dall’umiliare, deve solo ricostruire fiducia e senso di responsabilità.

Problemi che generano conflitti ne ha anche la scuola, ma occorre gestirli con intelligenza e superare soprattutto lo sgretolarsi dell’alleanza con la famiglia e le altre agenzie educative.

Di recente durante un seminario interattivo tenuto su Internet organizzato da PWC e GEDI il professor Valditara ha dichiarato che occorre “Trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione”; ha pure aggiunto che, data la necessità di reperire nuove forme di finanziamento alla scuola pubblica, questa si deve aprire alla partecipazione dei privati per coprire spese indispensabili come quelle relative agli stipendi dei professori che potrebbero anche essere diversificati su base regionale.

Su tali nuove prese di posizione Valditara, sostenendo di essere stato frainteso, ha provato a correggere il tiro ritrattando in parte con correzioni ancora ambigue quanto precedentemente asserito.

Quella degli annunci e delle ritrattazioni sembra ormai la tattica del governo in carica. 

Nessuna meraviglia che Mario Rusconi, a capo dei presidi di ANP di Roma, abbia dichiarato che tale proposta “è una misura abbastanza sensata” lasciando chiaramente immaginare che i dirigenti scolastici, unici beneficati a livello salariale dai precedenti governi, saranno disponibili a condividere questi ventilati provvedimenti del Ministero dei quali c’è chi sostiene siano stati in parte ispiratori.

C’è anche qualche giornale che condivide la perequazione degli stipendi dei docenti al costo della vita del territorio in cui lavorano.

Nettamente contrari fin qui alle iniziative del ministro i sindacati e la quasi totalità dei partiti di opposizione all’attuale governo.

Le dichiarazioni del ministro leghista Valditara non sorprendono essendo perfettamente in linea con l’apertura ormai consolidata del suo partito all’ingresso di capitali privati nella scuola e alle logiche dell’autonomia differenziata che sicuramente provocheranno fratture nel Paese e discriminazioni nei diritti.

Sono i segnali che stanno forse annunciando il tentativo di ridisegnare non solo una concezione neoliberista della scuola ma anche un’idea neppure federalista ma addirittura profondamente disarticolata del Paese che sarebbe riportato indietro di anni.

Non credo, come sostiene qualche giornale, che si tratti solo di boutades del ministro, ma sono convinto che siamo davanti a un disegno in formazione che va a mio avviso contrastato non certo in maniera effimera o pavloviana, ma impegnandosi a disegnare un’idea di scuola convincente, funzionale, libera e democratica. 

È bene allora sottolineare che un’aziendalizzazione dell’istruzione rischierebbe davvero di rendere quest’ultima diseguale e iniqua.

Quanto all’apertura ai finanziamenti dei privati il pericolo è rappresentato dalle scelte di sponsorizzazioni delle aziende che ovviamente privilegerebbero, anche a semplici fini pubblicitari, istituti di territori sviluppati, di città popolose e di quartieri ricchi piuttosto che piccoli istituti scolastici di aree interne, economicamente depresse o di periferie non appetibili per il business.

La scuola in ogni caso deve rimanere pubblica e fare affidamento unicamente su finanziamenti dello Stato per mantenersi libera da ogni profilo di condizionamento e da forme di differenziazione territoriale del servizio che diventerebbe sicuramente disuguale, dunque iniquo e quindi inaccettabile perché non più garante di pari opportunità per tutti i cittadini.

Questa scuola che vorrebbero prospettarci non sarebbe certo quella disegnata dalla Costituzione italiana.

Mettere poi le retribuzioni dei docenti in relazione unicamente al costo della vita dei territori senza minimamente guardare all’impegno produttivo in termini di ricerca culturale, aggiornamento, pubblicazioni e sacrifici messi in campo in contesti davvero assai disagiati quali quelli delle aree interne significherebbe avere del problema degli stipendi un’idea limitata, fuorviante e perfino lontana da quel merito di cui ci si riempie solo la bocca.

Non ha nulla di equo a mio avviso la proposta di mantenere il contratto nazionale uguale per tutti valorizzando la contrattazione di secondo livello su base territoriale.

Se esiste una sproporzione tra salari e costo della vita in determinate regioni, vorrei sottolineare che la soluzione razionale non è certo quella proposta dal ministro, ma va ricercata nella regolamentazione di costi quali quelli degli alloggi e dei beni essenziali impedendo qualsiasi speculazione.

Sicuramente occorre rendere adeguati gli stipendi del personale e migliorare le dotazioni degli istituti scolastici come rivedere la rete dei servizi finalizzata a un sistema di educazione permanente e per questo c’è in tutti la consapevolezza della necessità di nuovi fondi economici che tuttavia devono essere erogati dallo Stato individuando le risorse che esistono e vanno solo cercate.

Anche l’ultima finanziaria non prevede nulla al riguardo perché quello attuale come i governi precedenti, guardando di non inimicarsi il proprio bacino elettorale, non hanno mai manifestato concretamente volontà e coraggio per una riforma equa del fisco in linea con la progressività dettata dalla Costituzione, né si sono sin qui attivati oltre le chiacchiere di circostanza per recuperare l’enorme elusione ed evasione fiscale o per applicare una patrimoniale non certo sulle proprietà essenziali ma piuttosto ad esempio sulle speculazioni finanziarie o su altre forme di arricchimento indebito.

La scuola ha davvero bisogno di un impegno politico che manca da anni e che non può più aspettare perché da essa dipende non solo in generale la qualità della vita dei cittadini ma pure la crescita economica del Paese che ovviamente ha bisogno non solo di lavoratori, ma anche e soprattutto di innovazione creativa.

di Umberto Berardo

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