Sentieristica e ingegneria escursionistica sul Matese
Attrezzature costose per questo tipo di escursioni, intanto mancano i soldi per la segnaletica degli itinerari naturalistici
di Francesco Manfredi Selvaggi
3 Febbraio 2023
Tutto evolve, anche i sentieri che ora comprendono nel loro sviluppo anche attraversamenti su passerelle ancorate a funi di valloni. Vi sono poi i Voli dell’Angelo svincolati dai tracciati pedonali i quali costituiscono attrattive a sé. Si tratta di attrezzature costose da finanziarsi con fondi pubblici mentre mancano i soldi per la segnaletica degli itinerari naturalistici.
Che il Club Alpino Italiano e i Parchi avessero un rapporto stretto è ben risaputo. Una relazione forte e anche antica come dimostra il fatto che uno dei parchi storici italiani, è del 1935, lo Stelvio fu istituito su impulso del CAI oltre che del Touring Club d’Italia. Questa alleanza prosegue ancora oggi e ha portato ad un accordo tra il Ministero dell’Ambiente, adesso si chiama della Transizione Ecologica, Federparchi e CAI stipulato nel 2019 con cui si programma una variante del Sentiero Italia che tenga insieme, riannodandoli tramite questo cammino, tutti i Parchi Nazionali, quindi le aree di maggior pregio ambientale della nazione, compreso il Matese sebbene, pur istituito con legge, non sia ancora attivo.
Oggi il Sentiero Italia, riveduto e corretto, ha ripreso nuova vita dopo un lungo periodo d’oblio, nato nel 1996 e celebrato in pompa magna da due edizioni del Camminaitalia, le quali sono state il suo collaudo, è poi finito nel dimenticatoio. È una vera impresa sia la progettazione di questo itinerario pedonale perché lungo km. 7000 con tanto di punti di accoglienza nei posti tappa sia la sua manutenzione nel tempo, ma il CAI intende affrontarla con rinnovata energia. Ovviamente anche tale rivisitata versione tocca il Matese il quale era coinvolto pure nella precedente, non nel percorso diretto bensì da una sua diramazione, la Bretella della Transumanza denominata così perché coincide con un tratto del tratturo Pescasseroli-Candela.
Sono state impegnate nella individuazione del tracciato, per i rispettivi territori di competenza, le sezioni locali di questo sodalizio le quali stanno maturando, ci stiamo riferendo a quelle molisane, le prime esperienze nel campo della sentieristica. Il tracciamento dei sentieri era a quell’epoca, cioè al finire del secolo scorso, un’attività nuova, un intero mondo da esplorare qui da noi. Va premesso che a seguito dell’emigrazione, una forte ondata si ebbe proprio nei decenni immediatamente successivi alla II Guerra Mondiale, e del fenomeno della fuoriuscita degli occupati dal settore Primario di cui fa parte la pastorizia nel periodo del Boom Economico in cui si ha l’aumento dei posti di lavoro nel Secondario e nel Terziario, si ha l’abbandono dei sentieri, non ci sono più i pastori che li tenevano puliti mediante il passaggio delle greggi.
Il compito che si assunsero i soci CAI di Campobasso e di Isernia fu quello, insieme alla riapertura delle antiche percorrenze alpestri, quello della loro segnatura. Quest’ultima consiste, lo dice il nome stesso, nell’apporre segnali indicatori del camminamento da seguire i quali sono di tipo tanto orizzontale quanto verticale. Gli uni sono dei cartelli sorretti da palo gli altri delle marcature a terra contenenti entrambi quale segno identificativo la “bandierina” a bande bianco e rosso. A proposito di ciò è da dire che all’opera dei volontari va lasciata la segnaletica orizzontale, peraltro poco costosa e nel contempo difficile da appaltare ad imprese, non è stato mai redatto un capitolato-tipo, mentre gli enti preposti alla valorizzazione del territorio si dovrebbero accollare gli oneri per quella verticale.
Nel momento che stiamo vivendo si assiste ad un incremento degli escursionisti, anche nella stagione invernale calzando le ciaspole quando il tracciato coperto da neve è reso riconoscibile dalla segnaletica verticale. Attualmente la spesa pubblica sembra, però, indirizzata piuttosto che al ripristino, conservazione e segnalazione della rete sentieristica essere diretta esclusivamente al finanziamento di opere della cosiddetta ingegneria escursionistica, i ponti tibetani di cui uno sta a Roccamandolfi.
La localizzazione degli stessi non appare collegata all’esigenza di ricucitura della maglia sentieristica non avendo ai due capi opposti dell’attraversamento sentieri, esistenti o da crearsi, che è poi il mettere in connessione fra loro territori separati da un’incisione valliva la ragion d’essere di un ponte. Il passare, appunto, su tali passerelle di tipo Himalayano è un’esperienza emozionante con l’adrenalina che è destinata ad accrescersi allorché ci si lancia nel vuoto sospesi ad un cavo, il Volo dell’Angelo, ce ne sono un paio in dirittura d’arrivo nel comprensorio matesino.
Provare sensazioni forti come queste va bene se diventa un modo per avvicinarsi alla conoscenza dell’ambiente montano, non se questi scavalcamenti rimangono semplici attrazioni ludiche. La stessa gola, prendi il Quirino, che si solca trasversalmente saldamente attaccati ad una fune d’acciaio, perciò in aereo, tesa tra le due pareti rocciose che la delimitano, in alto, in basso viene frequentata dai canjonisti, qualcosa anch’essa di estremamente eccitante. Ora che non c’è più alcun privato da battere in termini di ascese essendo state, abbondantemente, esplorate le sommità dei monti gli unici record da conseguire sono quelli connessi alle discese.
Le quote massime da raggiungere sono in negativo, non in positivo, si è arrivati già a m. 1000 sottoterra nella cavità del Pozzo della Neve e la penetrazione nel sottosuolo continua. Le cime sono giù e non più su. Se le grotte carsiche quale quella citata e il Cul di Bove viene da pensare siano senza fondo, le forre, al contrario, lo hanno. Queste ultime possono essere intese quali caverne a cielo aperto e vi si penetra dentro con le stesse tecniche utilizzate dagli speleologi. Il mito della conquista, specie in inverno, delle vette è da tempo sfatato, resta la sfida alla scalata dei versanti rocciosi le quali sono distribuite qua e là in tutto il massiccio, un complesso montuoso complesso, alternate a praterie e foreste; un’arrampicata esaltante è quella dei Campanarielli, chiamati così perché pinnacoli di roccia assai elevati.
Dato che l’alpinismo sul Matese è una pratica sportiva giovane è ancora possibile tracciare “vie nuove” di arrampicata che si affiancano alle vie classiche. La passione per l’ascensione alle fasce attitudinali superiori si declina oggigiorno anche al femminile; vi è una manifestazione annuale, vi sono state molte edizioni, intitolata “100 donne sul Matese”. Se ne è fatta di strada, per rimanere al tema che stiamo trattando, a piedi, dalla stagione del Fascismo il quale propugnava l’ “andar per l’alpe” quale disciplina muscolare, “maschia” e quindi destinata ai maschi (gli Scarponi del Matese). L’approccio all’alta montagna era riservato agli uomini, del resto era una società maschilista. L’escursionismo femminile è un passo, stiamo parlando di cammini, per sconfiggere i pregiudizi sessuali, la superiorità del sesso forte sul sesso debole.
(Foto: M. Martusciello – Il circo glaciale del Fondacone)
di Francesco Manfredi Selvaggi