Fiera di Larino
Fiera d’ottobre, ma anche di novembre, di dicembre, ecc.
di Francesco Manfredi Selvaggi
25 Maggio 2023
La nuova struttura fieristica che dovrà sorgere a Larino non può funzionare solo una volta all’anno, ma si giustifica se diventa sede di eventi espositivi continui. Proviamo ad analizzare i caratteri architettonici di questo progetto
È da immaginare che questa struttura verrà sfruttata per numerose manifestazioni fieristiche, non per la sola “fiera d’ottobre”. Il coefficiente di utilizzo deve, infatti, essere elevato se si vogliono spalmare, come è necessario, su una pluralità di eventi espositivi le spese, le quali sono “fisse”, di manutenzione e, a volte, di riparazione di parti deteriorate. Del resto, una fiera può durare al massimo una settimana, un tempo troppo breve per giustificare un apposito spazio per esposizioni.
Se non attività fieristiche tale opera deve ospitare nei periodi morti altre iniziative, magari culturali o di intrattenimento, perché unicamente da una sua intensa utilizzazione discende una giustificazione dei costi da sostenere. Dal punto di vista della scelta del sito, è da dire che quello individuato è in posizione periferica rispetto all’abitato di Piana S. Leonardo ed è situato sulla strada d’ingresso alla città. Ciò, è evidente, evita l’intasamento di auto nel centro perché altrimenti la circolazione rischierebbe la paralisi in coincidenza specialmente dell’orario di chiusura giornaliera della fiera quando il deflusso dei visitatori è pressoché contemporaneo; i tempi brevi della fuoriuscita delle persone provocherebbe un intenso movimento di auto che si vengono a sommare al traffico ordinario.
A proposito del disturbo acustico prodotto dallo svolgimento dell’evento fieristico, compreso gli spostamenti motorizzati, bisogna aggiungere che tutto avviene di giorno, con orario continuato prolungandosi al tardo pomeriggio, quando i limiti ai decibel permessi sono più tolleranti di quelli notturni. Un’ulteriore osservazione è che si dovrebbe prevedere una fermata del treno in prossimità dell’area espositiva, a mo di metropolitana (anche se, in verità, la stazione ferroviaria non è poi così lontana) così come un punto di sosta degli autobus urbani per i collegamenti con le attrezzature ricettive.
La fiera è dotata di una vasta zona destinata a parcheggio che si ritiene sufficiente per gli utenti prevedibili, pur rilevando che non vi è una stima delle presenze la quale potrebbe derivare dal calcolo dell’affollamento massimo nella superficie destinata all’esposizione indicata nella manualistica in 0,25 persone al metro quadro. I parcheggi sono debitamente alberati e debitamente collocati in prossimità dell’accesso, il quale è unico in quanto per le dimensioni ridotte della fiera non è stato necessario distinguere l’ingresso per il pubblico da quello per i veicoli che trasportano le merci o per i mezzi delle ditte che curano la manutenzione.
C’è un vantaggio legato all’accesso unico ed è che esso facilita il controllo, altrimenti da affidarsi solamente agli impianti di videosorveglianza, oltre che quello di avere una sola biglietteria. Presso quest’ultima ci sono i servizi igienici i quali solitamente sono, a loro volta, contigui al punto ristoro che qui non c’è essendo rimandato, presumibilmente, ad un apposito stand da organizzare all’interno del padiglione. Tornando alla questione degli accessi, a cui si ricollega quanto si esporrà di seguito, si aggiunge che, qualora si svolga la fiera degli animali, per raggiungere il luogo deputato a ciò sarà obbligatorio individuare un ingresso autonomo per le bestie, con percorsi differenti da quelli delle persone.
Dall’accesso si raggiunge prima il padiglione per il quale si dispone del finanziamento e spostandosi ulteriormente coprire con la tensostruttura il gemello, almeno come impronta. Tutti e due sono piccoli volumi che in pianta non superano, ognuno, i 1.500 metri quadri; la somma totale, comprensiva degli stalli dove vengono mostrate le macchine agricole, raggiunge i mq. 5.000 che è una metratura accettabile per una attrezzatura fieristica. I due padiglioni, lo si ripete, quello da costruirsi subito e quello da montarsi temporaneamente, sono paralleli fra di loro e distanziati di poco; tale disegno lo si può intendere dettato dal bisogno di allargare la superficie espositiva in qualche isolata occasione o, più opportunamente, il secondo come un lotto destinato ad una futura esposizione, alla stregua di un’area di riserva.
Altrimenti, invece della disposizione in coppia, sarebbe stato preferibile immaginare la formazione di una piazza, consigliata dai trattati sull’architettura annonaria, sulla quale affacciano i padiglioni. La vicinanza tra i due corpi che denominiamo padiglioni, lo si evidenzia per inciso, non consente di organizzare due eventi distinti contemporaneamente per le interferenze reciproche avendo spazi esterni comuni che non permettono il separamento dei percorsi; pure il funzionamento del padiglione che si andrà ad edificare, se non si provvede alla delimitazione dell’area di pertinenza, sarà penalizzato.
Per quanto riguarda il padiglione il quale con la sua struttura in legno costituisce un segno architettonico interessante ciò che emerge con immediatezza nell’osservarlo è la sua altezza interna, tra i 6 e i 7 metri, contenuta. Sulle facciate lunghe, si sviluppano per 60 metri, non vi sono aperture; la giustificazione dell’assenza dell’illuminazione naturale potrebbe essere quella di voler evitare che l’irraggiamento solare danneggia i prodotti esposti oppure quella di lasciare la parte quanto più possibile libera per poggiarvi le scaffalature o oggetti ingombranti.
Una ulteriore annotazione concerne l’assenza di pilastri nello spazio espositivo i quali, di certo, sono degli elementi di disturbo per la flessibilità nella distribuzione interna degli stand (ne son ipotizzati 44). Passando ad un altro ordine di considerazioni, queste di ordine più generale, si sottolinea che l’iniziativa in questione è nel panorama molisano una cosa davvero singolare non essendovi precedenti, salvo l’area fieristica di Campobasso. È ad ogni modo qualcosa di particolare non solo qui da noi, il collocare le manifestazioni fieristiche in apposite strutture.
Quasi dappertutto gli eventi espositivi hanno luogo in ambiti nati per altri scopi, ad esempio una piazza, uno slargo, ecc. e questa in passato era la regola. Consuetudine in vigore da tempo immemorabile, perlomeno da quando prese avvio la transumanza in coincidenza con la quale si teneva la fiera. Tale fiera all’inizio si svolgeva a maggio con il passaggio delle greggi dalla Puglia all’Abruzzo ed in seguito, precisamente dal 1742, per volontà del sovrano del regno di Napoli Carlo III spostata in autunno nel momento del transito delle pecore che facevano il percorso inverso, dall’Abruzzo ala Puglia, e perciò chiamata «fiera d’ottobre».
(Foto: edificio della Fiera di Larino)
di Francesco Manfredi Selvaggi