La pianta dei centenari
Pianta trabocchetto per gli studenti di botanica
di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)
15 Giugno 2023
La fumaria (Fumaria officinalis), appartenente alla famiglia della Papaveracee, è l’unica specie che non emette latice se le sue parti vengono rotte o stropicciate. E per questo la fumaria è sempre stata una pianta trabocchetto per gli studenti di botanica: pur facendo parte della famiglia del papavero, ha caratteristiche morfologiche che si discostano da quelle del papavero e di altri generi simili. Al contrario, in questi casi, da tutta la pianta secondo alcuni, e dalle radici estirpate secondo altri, emana un odore di fumo, donde il nome fumaria. Fumosterno è uno degli altri nomi con i quali è chiamata.
I densi tappeti verdi di questa pianta annuale erbacea crescono dappertutto: nei campi, dove la fumaria è considerata infestante, lungo le strade, sia in pianura che in collina (da zero fino a 1.600 m), e spesso lungo i muretti a secco e nelle posizioni assolate delle stradine dei centri abitati.
Mediamente raggiunge un’altezza massima di 50 cm. Esiste però un’altra specie, la Fumaria capreolata, che si differenzia per l’altezza che può arrivare fino a un metro e per il colore dei fiori che sono biancastri con la punta rosa. I fusti della fumaria sono eretti o parzialmente prostrati di colore verde azzurrognolo. Le foglie alterne, a segmenti profondamente incisi a lacinie lineari, più lunghe che larghe, sono di un bel verde scuro. Gli oltre venti fiori di color porpora, riuniti in racemi, hanno una particolare forma a “becco d’anatra”. Il frutto, piccolo e globoso, contiene un solo seme.
La raccolta di quest’erba avviene a inizio fioritura, da maggio ad agosto, ma bisogna evitare di prendere la porzione basale più lignificata ed eliminare le foglie secche e rovinate.
Tra i principali costituenti della fumaria, oltre all’alcaloide fumarina e ai sali dell’acido fumarico da cui si sprigiona il caratteristico odore di fumo, troviamo mucillagini, flavonoidi, sostanze resinose e vitamina C. Proprio grazie a questi costituenti essa veniva largamente usata fin dall’antichità in molte parti del mondo, tanto da essere considerata la pianta che aiuta a diventare centenari: un primato che condivide con l’angelica e il frassino,
Dioscoride, botanico e medico greco, già nel I secolo d.C. menzionava la sua azione sulla secrezione biliare e la sua utilità come rimedio tonico e depurativo. Per Galeno, medico romano di un secolo dopo, la fumaria era una pianta capace di eliminare gli umori tossici, di rinforzare il fegato e confortare lo stomaco. Nel Medioevo il succo della fumaria fresca era impiegato per trattare eczemi e problemi dermatologici, oltre che come lassativo e diuretico. La buona fama della pianta prosegue in età moderna: l’umanista di origini senesi Pietro Andrea Mattioli nel 1500 la annoverava tra le piante salutari e benedette, e il medico britannico Nicholas Culpeper, nel 1600, la raccomandava per la cura delle malattie della pelle. E ai tempi della Prima Repubblica durante la Rivoluzione francese era una pianta così conosciuta che c’era un giorno del calendario a lei dedicato: il 3 marzo. Se infine nelle tradizioni erboristiche turche si faceva uso della fumaria come antiallergico, in quelle irlandesi le si attribuivano proprietà diuretiche e ipotensive.
A questo proposito ci piace segnalare una leggenda, relativa alla specie capreolata: la fumaria, in Irlanda, è figlia della nebbia. I contadini di una volta sostenevano che, al mattino, la nebbia che si diradava in realtà non lasciasse del tutto i campi. Si trasformava in una pianta dalle foglie grigie come il fumo, così sottili e frastagliate da ricoprire il terreno con il colore evanescente della bruma. E che fosse un’erba strana, lo confermava anche il bestiame, che difficilmente se ne cibava. Eppure gli allevatori di cavalli la raccoglievano nelle notti di luna piena: se si riusciva a far mangiare alle puledre in allattamento steli di fumaria frammisti al fieno, si sarebbe poi munto un latte magico. Gli irlandesi lo bevevano, centellinandolo come una medicina, per abbassare la pressione arteriosa. Il nome gaelico di quest’erba è An Camán Searraigh, che significa appunto “bastone del puledro”.
La tisana e il decotto, come gli altri prodotti a base di quest’erba, vengono tuttora raccomandati per favorire la depurazione dell’organismo. Per preparare una buona tisana, portare a ebollizione l’acqua e versarvi un cucchiaino di estratto secco di fumaria. Coprire e lasciare in infusione per una decina di minuti, prima di filtrare. Per il decotto, mettere due cucchiai rasi di estratto secco in mezzo litro di acqua fredda, portare a bollore e far bollire per 15-20 minuti, prima di filtrare.
E chissà che, bevendo una tisana o un decotto di fumaria, con tutte le sue virtù, non si diventi davvero centenari, come augurava Pietro Andrea Mattioli!
di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)