• 26 Ottobre 2023

I giochi dei bambini di una volta

Calimero e la italo-cinese che giocano con ‘Mazze e piuze’

di Franco Di Biase (da primonumero.it)

26 ottobre 2023

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“La storia di questa bambina mi ha fatto venire in mente immediatamente il libro del generale Vannacci “Il mondo al contrario”, un tomo che inneggia alla cultura ed alla bellezza tutta italica. Una bellezza spinta altamente verso l’esclusione di altre culture tanto da far avere paura a persone come me, per un ritorno di leggi della razza che tanto male hanno fatto nel più buio ventennio italiano…”

Un titolo del genere farebbe venire la pelle d’oca, contemporaneamente, al senatore Salvini ed al generale Vannacci. “Cosa fiene foi adesso?” urlava Paolo Villaggio interpretando il suo Professor Kranz “tetesco di Cermania” molto poco diplomatico ed ancor meno democratico presentatore della tv degli anni che furono. Ecco appunto “chi fiene foia tesso?”.

Apro un messaggio wathapp e trovo la foto di una bambina, la mittente la conosco, ma capisco, sono “troppo” intelligente, che la foto mi sia stata inviata per sbaglio. Mando in messaggio solo per dire a chi mi ha mandato la foto che mi era arrivata e che probabilmente non era arrivata al reale e vero destianatrio/a. Mi arriva un vocale di spiegazioni ma di una eccezionale curiosità.

Il messaggio, in effetti, doveva essere recapitato ad altra persona e per qualche recondito motivo del “mondo” di Mark Zuckerberg è finito nella mia casella. Mi spiegano che la bambina dai  caratteri asiatici è figlia di una cinese e di un italiano, sta giocando a “mazze e piuze” in una manifestazione organizzata dalla pro-loco di Riccia, ovvimente in comune di Riccia, per rievocare – ricordare è troppo poco considerando le playstation ed altri attrezzi elettronici che hanno distratto ed allontanato i nostri bimbi dai giochi di strada di una volta. Mi parlano, poi, della “storia” di questa bambina. Il padre è molisano, appunto riccese, ed ha conosciuta la madre, cinese, durante un viaggio in Sudamerica.

Intanto “lodi, lodi, lodi” alla proloco che ha inteso far “ricordare” i giochi di una volta ai bambini di oggi, e poi ci rendiamo conto della storia dei genitori di questa bambina? Il padre nato in Molise, la madre cinese ma nata in Sudamerica, si conoscono ed hanno una bambina e adesso vivono in Molise. Questa storia raccontata molto brevemente e senza alcuna pretesa biografica, vuole essere solo lo spunto di riflessione a quello che al giorno d’oggi è il nostro mondo. Il mondo che, per quanto ci riguarda, era rurale ma che si sta trasformando, almeno come mentalità, almeno lo spero, e che va incontro a diversissime culture che si incontrano, si incrociano, si implementano e crescono insieme senza rancore ma con stima, affetto e, perché no, amore.

Un modo che si evolve, un mondo che non può rimanere fermo al medioevo, un mondo che ci circonda ma che cambia giorno per giorno.

La storia di questa bambina mi ha fatto venire in mente immediatamente il libro del generale Vannacci “Il mondo al contrario”, un tomo che inneggia alla cultura ed alla bellezza tutta italica. Una bellezza spinta altamente verso l’esclusione di altre culture tanto da far avere paura a persone come me, per un ritorno di leggi della razza che tanto male hanno fatto nel più buio ventennio italiano. Un mondo che non vuole assolutamente gli stranieri ma che poi dagli stranieri “invasori” pretende. Un mondo che si inventa le cose tutto a proprio uso e consumo.

A proposito di cinesi: sappiamo tutti che in Asia il costo del lavoro è molto più basso del nostro, come sappiamo tutti che la merce “made in China” è qualitativamente (magari alle volte) più bassa  rispetto alla “made in Italy”. Ho scritto alle volte perché, per esempio, l’ Iphone strumento universalmente riconosciuto come preciso e tecnologicamente perfetto è un “made in China”, ma con un processo di lavorazione controllatissimo che ne consente di apprezzarne la qualità. Così non è per, per esempio, alcuni capi di vestiario, quelli che magari usiamo tutti i giorni e non quelli di maison famose e prestigiose. I capi di abbigliamento di maison famose sono prodotti all’estero dove il costo del lavoro è sensibilmente più basso, ma la maison italiana non pensa minimamente di abbassarne il prezzo in Italia. Così, giusto per “gradire” abbiamo una perdita di occupazione in Italia con un indubbio vantaggio della maison che si vede abbassare i costi di produzione ma mantiene il prezzo di vendita come se i costi fossero rimasti italiani. Scriverlo nel 2023 è un poco come scoprire l’acqua calda, visto che sono “storie” iniziate agli inizi degli anni Ottanta. Una decina di anni prima della dìcaduta del muro di Berlino.

La legge italiana, tuttora, prevede che anche se solo una delle fasi di lavorazione viene effettuata in Italia, il capo può fregiarsi del “Made in Italy”. Immaginiamo, quindi, se una camicia, per dire la tagliano, la cuciono e la lavorano in Cina, o in Turchia, in Vietnam o chissa dove, poi la portano in Italia in una balla con 12534 altre camicie, la stirano e la impacchettano in Italia, la camicia, avendo avuto una fase di lavorazione in Italia è considerata “made in Italy”. Speriamo che chi è preposto ai controlli li faccia presto, bene, e riesca a venir fuori questa presa per il c….ollo che ci fanno ogni giorno.

Quindi noi, popolo di poeti e navigatori, disconosciamo la nostra storia di navigatori predicando contro coloro che “inquinano” il nostro Paese, ma poi siamo capaci di farci costruire, cucire, inventare, tutto da altri popoli purché, però, restino a casa loro e non ci diano fastidio sull’italico suolo.

Si, ma Calimero? Calimero, il “pulcino piccolo e nero” è un “amarcord” di quando la pubblicità, era concepita come un piccolo spettacolo, uno sketch, come dicevano Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi & Co.

Il pulcino Calimero, protagonista dello sketch di un noto detersivo, si lamentava perché nessuno lo stava ad ascoltare dal momento che si considerava piccolo e nero e chiosava dicendo. “… è un’ingiustizia però”. Ecco: io non sono piccolo, forse sono (quasi ero) nero di capelli però mi viene da pensare “..è un’ingiustizia però”.

Grazie a te, lettore che hai avuto la voglia di arrivare sino alla fine, grazie a tutti e statevi arrivederci per la prossima volta.                                                                                                                       

di Franco Di Biase (da primonumero.it)

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