• 26 Ottobre 2023

Non chiamateli “clandestini”

Come una sentenza della Corte di Cassazione è riuscita a restituire dignità a 32 persone

di Donatella Loprieno (da nautilusrivista.it)

26 ottobre 2023

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Ci sono delle sentenze della Corte di Cassazione che lasciano molto amaro in bocca perché sembrano essere state scritte da uomini e donne che non vivono questi nostri tempi che, per quanto difficili, necessitano della guida dei princìpi della Costituzione repubblicana.
Stavolta, invece, sento di dover plaudire alla “coraggiosa” posizione assunta dalla terza sezione della Corte di Cassazione che, in data 16 agosto, ha chiuso una penosa vicenda iniziata nel 2016. I lettori e le lettrici non particolarmente avvezzi al linguaggio giuridico stiano tranquilli perché questa breve digressione avrà un taglio quanto più possibile divulgativo. La vicenda da cui trae origine la sentenza ha per protagonista principale la Lega Nord che, nel 2016, per contrastare l’assegnazione di 32 richiedenti asilo ad un centro di assistenza messo a disposizione da una parrocchia di Saronno, aveva convocato una manifestazione affiggendo un buon numero di cartelli con il seguente testo: “>em>Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell’invasione”.
Due associazioni (ASGI e NAGA) avevano agito in giudizio contro la Lega (nazionale e locale) portando come argomento principale il seguente: qualificare i richiedenti asilo come clandestini, dei cui presunti vizi si sarebbe fatta carico la comunità saronnese, costituisce una “molestia discriminatoria” e cioè un comportamento tale da offendere la dignità della persona e a creare un clima umiliante, degradante e offensivo.
Nonostante i giudici di primo e secondo grado avessero accolto le ragioni delle due associazioni, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti delle persone straniere, condannando la Lega la stessa ha ben pensato di proporre (perdendolo) ricorso in Cassazione. Eppure, i giudici dell’appello avevano già chiaramente affermato come non fosse legittimo utilizzare l’espressione “clandestini” nei manifesti che, letta nel suo complesso, era volta a dipingere 32 richiedenti asilo come usurpatori, per non precisati “vizi”, di risorse economiche ai danni degli abitanti del comune e che aveva avuto il sicuro effetto di violare la dignità dei cittadini stranieri e creare intorno a loro un clima ostile, umiliante ed offensivo, per motivi di razza, origine etnica e nazionalità.
Nel ricorrere in Cassazione, la difesa della Lega asseriva che il termine “clandestino” non è di per sé offensivo “anche perché viene esso viene usato in modo associato al problema dell’immigrazione anche da parte di esponenti politici che seguono opinioni diverse rispetto a quelle della Lega”, aggiungendo che i veri obiettivi dei manifesti erano gli onorevoli Renzi e Alfano, in quanto oppositori (a quel tempo) della Lega Nord. Non paga di cotanto approfondimento semantico della parola “clandestino”, la parte ricorrente lamentava una indebita e illegittima compressione della libertà di manifestare le proprie idee. Altrimenti detto: lasciateci dire liberamente che un richiedente asilo è un clandestino vizioso ed usurpatore delle risorse dei nostri cittadini e che vogliamo e dobbiamo opporci alla invasione dei nostri territori.
Ebbene, i giudici della Cassazione, nella interessante sentenza che ha dato origine a questa riflessione, ricordano come, nei manifesti incriminati, il termine “clandestino” fosse stato associato a persone straniere che avevano presentato allo Stato italiano domanda di protezione internazionale, ciò che implica il rilascio di un permesso di soggiorno (che consente di svolgere, dopo sessanta giorni dal rilascio, anche attività lavorativa) e anche il diritto a godere di misure di accoglienza.
Chi teme a ragione di essere perseguitato nel proprio paese di origine o corre il rischio di subire danni gravi se rimpatriato non può a nessun titolo essere considerato “irregolare” e meno che mai clandestino. Non è legittimo, perché contrario alla Costituzione e ad una pletora di trattati internazionali, far passare il messaggio che a causa di 32 richiedenti asilo ci sarebbe stato, per i cittadini di Saronno, un incremento delle tasse e la riduzione delle pensioni.
L’uso che della parola “clandestini” è stato fatto nei manifesti ha contribuito a creare, in assoluto spregio alla pari dignità delle persone, un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo.
Parimenti, la Corte di Cassazione ha ricordato che l’esercizio della libertà di espressione politica non è illimitato e non può atteggiarsi a tiranno rispetto agli altri principi di rango costituzionale: anzi, la libertà di espressione deve essere necessariamente bilanciata con il rispetto e la tutela della dignità della persona.
Qualcuno potrebbe dire che, in fondo, una sentenza della Cassazione che restituisce dignità a 32 persone delle cui vite nulla sappiamo, se non che hanno preferito mettersi in viaggio alla ricerca di un posto migliore, è ben poca cosa.
Le parole sono pietre ma, almeno stavolta, sono ritornate al mittente. 

di Donatella Loprieno (da nautilusrivista.it)

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