Bocciato il parco eolico pensato sui resti romani
«E’ una zona rurale e un impianto del genere cancellerebbe i tratti identitari del posto».
di Stefano Di Leonardo
17 febbraio 2016
Stavolta il business del vento ha trovato la strada sbarrata in Molise. Non uno, ma ben tre no al progetto di un impianto eolico da 12 megawatt totali a Santa Croce di Magliano. Arpa Molise, Autorità di bacino e Ministero della Cultura hanno messo nero su bianco il perché un parco da sei turbine al confine con la Puglia non si può fare. Per ragioni ambientali, visto che metterebbe a rischio gli animali presenti, per motivi strutturali, visto che le numerose frane presenti potrebbero aggravarsi e per una lampante spiegazione storico-archeologica: non lontano da quel punto ci sono infatti resti di età romana e solo i pochi fondi a disposizione impediscono ulteriori scavi che porterebbero alla luce altri reperti.
La Giunta regionale molisana ha deliberato quindi uno scontato diniego al progetto presentato dalla ditta Agsm Verona Spa che avrebbe voluto installare sei pale eoliche di 2 megawatt di potenza ciascuna, in un’area che si estende per 1800 metri in lunghezza totale. Il progetto si chiama “Rione Melanico” e prende il nome dalla zona, appunto contrada Melanico, al confine fra Santa Croce di Magliano e Rotello, non lontano dal confine con la Puglia e a 12 chilometri dal centro abitato del paese.
La Valutazione di impatto ambientale è stata netta. Quel parco non ha ragione d’esistere in quel punto e per molteplici motivi. Ci si è messa dapprima l’Arpa Molise, che dopo i necessari studi, ha espresso parere non favorevole all’impianto puntando il dito sui rischi per la fauna, specie gli uccelli che transitano e nidificano in zona. Questi i rischi, in breve: «perdita di habitat di specie e perturbazione delle specie faunistiche durante la fase di cantiere, diminuzione della densità di popolazione nella fase di esercizio». In pratica con le turbine in funzione si sarebbero perse numerose specie, disturbate e spaventate da quel movimento ciclico.
Non meno deciso il giudizio del Ministero per le Attività Culturali e il Turismo, che tramite la Sopritendenza ai beni archeologici ha sottolineato come «l’insieme di quelle opere farebbe acquisire a un’area naturalistico-ambientale un profilo prettamente industriale che andrebbe a scontrarsi con il contesto naturale e rurale». Contrada Melanico è inoltre nota perché proprio lì è stato riportato alla luce un acquedotto risalente all’Impero romano e ulteriori scoperte recenti lasciano ipotizzare ci potesse essere un grosso granaio utilizzato proprio dagli antichi romani.
«Tutti gli aerogeneratori previsti nel progetto ricadono in area dichiarata di interesse archeologico e non è consentita l’esecuzione di alcun intervento» sentenzia il Ministero che cita proprio l’acquedotto romano, l’antico tratturo S.Andrea Biferno e «ulteriori testimonianze archeologiche e storiche» che risalirebbero all’età preromana.
Addirittura viene ipotizzata la presenza, nel sottosuolo, di un’antica villa romana. La conclusione non lascia spazio a dubbi. «Il territorio è di rilevante interesse sia per l’elevata qualità del suo paesaggio sia per i segni e le testimonianze del millenario passato». Ed è questo che porta la Soprintendenza a scrivere che «la realizzazione delle previste sei installazioni eoliche determinerebbe la cancellazione del valore identitario».
Infine, l’ultimo no, quello più strettamente tecnico, dell’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore. «Nei punti di localizzazione dei sei aerogeneratori si riscontano numerosi fenomeni franosi ravvicinati e in qualche caso contigui». In tutto vengono elencati 15 smottamenti, sei dei quali attualmente fermi e altri nove addirittura considerati attivi. Inutile quindi sottolineare la pericolosità di installare turbine, pale e sistemi di conduzione elettrica in una zona ad alto rischio frane come quella.
Per la Giunta Frattura dire di no è stato praticamente automatico e per una volta la corsa al business del vento non ha avuto gioco facile in Molise che ha scelto di difendere la propria storia e la conservazione del paesaggio e del suo ecosistema.
di Stefano Di Leonardo (da primonumero.it)