• 3 Marzo 2016

A Pino

Stefano Sabelli ricorda in questa struggente lettera il suo amico, l’attore Pino Misiti, venuto a mancare tragicamente qualche giorno fa

di Stefano Sabelli

03 marzo 2016

Ci siamo incontrati la prima volta, credo, proprio il giorno degli esami d’ammissione all’Accademia. Lì fra i corridoi e i saloni di Palazzo Drago, a Via Quattro Fontane. Già in quell’occasione indossavi uno dei tuoi immancabili maglioni a giro collo, fatti da tua madre, senza camicia, con su una giacchetta o, in alternativa, un giubbotto d’aviatore di pelle marrone. Eri, all’epoca, decisamente più biondo, con quel lungo caschetto con frangetta, a mezzo fra Brian Jones e Nino D’Angelo. Osservavi tutto e tutti col quel tuo ghigno un po’ sornione e cinico che ti contraddistingueva, o per cui ti volevi distinguere. Il tuo idolo era Buster Keaton, la sua faccia apparentemente immobile, capace di nascondere emozioni ma per il tuo esame, avevi preparato una vera e propria messa in scena dai “Sei personaggi” di Pirandello, coinvolgendo una serie di tuoi amici, un po’ coatti, di Cinecittà, affidando loro diversi ruoli, anche se poi l’esaminando eri solo tu! Già all’epoca viaggiavi fra rigore filologico, Carmelo Bene e “Noi ragazzi di periferia”, che non ripudiavi ma da cui però pure ci tenevi a distinguerti, dando spazio alla tua Cultura più da Beat Generation in salsa pirandelliana e dando corpo a quella tua voce, profonda, bella, con cui intonavi De Andrè, rendendolo spesso al meglio. Amavi Majakovskij e Petrolini (“io sono il giovane Prence danese…”) e andavi pure fiero delle origini irpine e avellinesi della tua famiglia che sdoganavano il tuo “mal de vivre”, da simpatico bullo di Cinecittà.
 Essendo comunque romano e con un’infarinatura, in più di noi, delle cose dell’avanguardia romana, in Accademia, seguendo Barberio Corsetti, Anna Antonelli e Ennio Fantastichini, in principio ti professasti presburgheriano, mentre chi come me, veniva dal Molise o da altre regioni più periferiche, teatralmente parlando, divenne costiano. Anche se a Orazio, come pure ad Andrea Camilleri, il tuo aplomb un po’ coatto dall’occhio verde perfido e triste piaceva, come pure Orazio, il “vecchio” Maestro Costa, in fondo piaceva a te. Eri, o giocavi a essere, il più ribelle e impegnato fra noi, quello certamente più scafato e con l’aria più vissuta. Ci tenevi a parlare senza inflessioni particolari, con voce calma e profonda con quel gesticolare continuo, un po’ nervoso e scattante della mano destra, sempre col palmo aperto… Tranne: quanno il romano te scappava!… Mannaggia a te! E ti facevi ballare e arcuare il sopracciglio sinistro. Già: “Mannaggia!” era uno dei tuoi intercalari preferiti, quando non eri d’accordo su un punto! Quel “Mannaggia!” vagamente demodé, più da vecchio Zio o Nonno, lo usavi spesso. Esemplificava il tuo pirandellismo 2.0. Al di là, delle guerre di religione che all’epoca regnavano in Accademia, comunque, diventammo presto amici, anche perché io da Campobasso ero andato ad abitare da solo (è un eufemismo!) in una casa all’Alberone, sulla via per Cinecittà e Don Bosco, il tuo quartiere. Spesso si tornava a casa tardi assieme, o ci si fermava direttamente da me.
A volte ti lasciavo il mio maggiolino e poi la mia R4 ammaccati, tanto passavi a riprendermi la mattina, per tornare in Accademia. La mia, allora, con quella di Ennio a Via dell’Anima, e quella degli anconetani a via Alessandria, era forse la casa più abitata e frequentata fra tutte quelle dei compagni d’Accademia. Ci hanno vissuto Claudio, Natale, Fiorenza: i nostri, certo! Ma anche tanti altri. Volti che apparivano e sparivano. Mi sa che un giorno provammo a fare un conto insieme, a ricordarci chi aveva dormito lì e, in due anni, arrivammo a contarne più di 400… Una Comune, praticamente, sempre aperta!…E che il tuo carattere un po’ burbero manco tanto sopportava. Spesso certo, ci si svegliava incontrando per il caffè gente sconosciuta, che era venuta lì a dormire in sacco a pelo, in salotto. Amici di amici di amici, cui avevano dato quell’indirizzo di via Gino Capponi… All’epoca si portava… l’ospitalità a tutti i costi! Cercai di dare tregua a quell’andazzo, vendendo quella casa di famiglia e andando ad abitare, finita l’Accademia, in una più piccola ma più bella in Centro… E certo delle mie case, di tutte, di quella all’Alberone, come di quella successiva ai Coronari e poi al Pellegrino, tu comunque rappresentavi un po’ il San Pietro.
 Sapevi chi far entrare e chi no, perché tu, tu solo, ne hai sempre avuto, di tutte, le chiavi! Se ero in tournée o in viaggio abitavi a casa mia e sapevo che l’avresti tenuta comunque in cura, anche meglio di me. Non c’era volta che tornassi che non trovavo riparato un qualcosa, un piccolo oggetto in dono o una nuova pianta. Era il tuo modo di sdebitarti, ma in realtà l’avresti fatto a prescindere, perché tu eri così: eri apparentemente molto alternativo, ma poi non amavi vedere cose fuori posto o non curate. Aggiustavi sempre qualcosa nelle case che ti prestavano e che, per periodi, abitavi … Oltre a casa mia, quella di Alvin Currun, a Via dell’Orso, dove andasti con Cloris (per cui fummo, inizialmente, rivali), di Francesca al Biscione e le altre che comunque potevano rappresentare il tuo piede a terre in Centro: quando ti faceva fatica rientrare a Cinecittà e, poi, a Morena, sull’Anangnina, nella casa che con la tua famiglia ti stavi nel frattempo costruendo… e dove, nella tua mansarda, hai spento il tuo fiato. Abbiamo litigato un sacco di volte Pino: per donne, piuttosto che per gusti teatrali, per idee politiche e di comportamento….
Puntigli vari, ma insomma, le chiavi di casa mia, solo tu le avevi! Eppure non hai fatto in tempo a vedere finito il mosaico sul terrazzo, concluso dopo 12 anni! Sì, la mia vera “opera omnia”, come la chiamo e che so, ti sarebbe piaciuta! Ti ricordi? Cominciai a farlo che Eva era piccolina. Ora, più grande, diplomata al Centro sperimentale, ti avrebbe fatto piacere vederla interprete del tuo “Cattive Ragazze”, che mi hai mandato per lei qualche mese fa. Il tuo secondo testo, quello scritto dopo “Via dei Serpenti”, ritratto del nostro mondo di giovani attori spiantati, in cerca di donne, amicizie, tradimenti e successi, che Albertazzi, cui stavi negli ultimi tempi dedicando una biografia, volle far debuttare a Taormina Arte… Ma non t’era piaciuta la regia! Abbiamo viaggiato insieme Pino – grazie a te spesso in prima classe al 10%, il tuo marchio di fabbrica! – raggiungendo Haiti (e quella Ginger house di Jakmel, dove incontrammo quel pugile nero del Bronx), New York, Isole di Capo Verde (non ho mai capito perché passammo lì quell’assurdo Capodanno!), Lisbona ma quel ritorno all’alba, da Venezia a Roma, durante una Biennale Teatro degli anni ’70, dopo il primo anno d’Accademia, in un pulmino WW, che non mi ricordo come ti eri procurato, non lo scorderò mai. C’era con noi anche Gianni Chia, che allora curava gli allestimenti scenici di Giorgio Barberio e della Gaia Scienza e non era ancora diventato, una delle 3 grandi C della Transavanguardia italiana. Eravamo lì a Venezia da qualche giorno, ospiti di quella Ca Specchi settecentesca sui canali, a vedere la Monk, la Musckine, Andrei Serban. Ebbri di quel Teatro nuovo che volevamo noi pure interpretare. Quella sera, andammo a vedere l’ultimo spettacolo della trilogia del Living. Rientrati a Ca Specchi, ci addormentammo, per qualche ora, in una delle tante stanze di quella bellissima casa dove eravamo stati ospiti, felici di aver visto quegli spettacoli indimenticabili. Dovevamo però svegliarci alle 3 di notte per rientrare necessariamente a Roma la mattina. Probabilmente per tornare a lezione in Accademia.
 Non ricordo bene! Non c’eravamo accorti che, nel mentre, erano venuti anche gli attori del Living ospiti in quella casa. E loro erano rimasti svegli, più o meno, fra fumi e afrori vari, tutti raccolti nel grande salone con gli specchi, insieme ad altri ragazze e ragazzi, con loro nel frattempo convenuti. Gente di tutte le razze. Tutti nudi, tutti a fare l’amore! Uomini con donne, donne con donne, uomini con uomini. L’Aids non spaventava ancora nessuno. Mentre chiedevamo scusa cercando di scavalcare i corpi nudi avvinghiati, senza dar loro fastidio, per raggiungere l’Uscita, il canal Grande, il Parcheggio al Tintoretto e poi, via, l’autostrada per Roma….Ridemmo come matti, in quel viaggio di ritorno, dicendoci: “Aò?!…ma ce potevamo ferma pure noi n’altro po’… almeno pe na’ botta e via?!..” Eravamo felici, giovani, ebbri!… E una Via d’Uscita la trovavamo sempre! Era qualche anno, Pino, che non ci vedevamo, pur se negli ultimi tempi ci siamo almeno sentiti con una certa frequenza, per telefono o massaggiati sui Social. Mi parlavi delle tue insonnie. Ma sempre con quel tuo beffardo sarcasmo, incapace di autocommiserarsi. Nell’ultimo anno postavi poesie bellissime che volevi raccogliere per farle editare. Per questo, dopo un giorno le cancellavi subito.
Il tuo motto: “Scrivo Poesie per quelli a cui non piacciono le poesie”. E poi giù versi incredibili, feroci e musicalissimi che, sono certo, piacerebbero a tutti… Specie a chi ama la poesia!Purtroppo sul tuo profilo non ne è rimasta alcuna traccia, tutte eliminate per tenerle vergini, pronte per una futura stampa! Spero che tua sorella Rosalba e tuo fratello le possano ritrovare…. Erano Pazzesche! Folgornti. Davvero bellissime. Dentro c’era tutta la tua intelligenza, il tuo spirito di osservazione, il tuo inafferrabile sarcasmo, che però cercava, indagava, nella forma (“searcing” direbbero all’Actor’s Studio) e si condensava in una lingua di stile, con un italiano perfetto e un po’ aulico. Volevo rivederti Pino! Ce lo siamo detti tante volte negli ultimi tempi. Ti ho invitato al LOTO a Campobasso; a vedere il Saul a Roma; avrei voluto che tornassi al Pellegrino, anche per farti conoscere mia figlia piccola. Una Domenica, lo scorso autunno, riscendendo con Stefania e Francesca dai Castelli, dopo un pranzo con amici, dalle parti dell’Anangnina ti ho chiamato nella speranza che mi rispondessi, sarei voluto venire io a trovarti con loro, a stanarti da Morena. Ho tentato 2/3 volte. Non mi hai risposto subito. Mi richiamasti che ormai ero quasi tornato a casa. “Mannaggia!…- mi dicesti – mi dispiace”. Ma non ho mai capito, se tu davvero volessi che qualcuno dei tuoi amici venisse proprio a casa tua! Io in effetti credo d’esserci stato solo due tre volte! Convenimmo, comunque presto, un’altra possibilità d’incontro. Dalle tue ultime telefonate, sempre premurose, per la mia attività al Teatro LOTO o, l’Estate scorsa, come direttore del Vasto Film Fest, capivo che mi stavi vicino ed eri fiero della nostra amicizia. Eri pieno di consigli, ma pure non riuscivi più a trovare tu per te, avvertivo, una via d’Uscita. Eri stato il “Re di Roma”, sapevo dei tuoi continui viaggi a Santo Domingo e ai Caraibi negli ultimi anni, ma ora da un po’ te ne stavi relegato lì, a Morena… Senza Via d’Uscita.
Al telefono eri sempre molto divertente, preciso nei dettagli e nel ricordo degli amici, ma quella sferzata di ghignante cinismo che ti contraddistingueva, capivo che un po’ la stavi ritorcendo verso di te. L’ultima volta che ci siamo sentiti, a gennaio, ero in ospedale, avevi letto del mio incidente su FB. MI hai chiamato tu. Saputo che mi ero fatto male, per l’ennesima volta, alla mia gamba sinistra (stavolta non il ginocchio ma il femore mi s’era rotto), esclamasti: ” Mannaggia Ste!… è incredibile, sempre là”. E io credo di averti risposto sospirando: “… Vabbè Pi! …È karma!”… Che, per la verità, mi sono un po’ cercato io, andando a pattinare sul ghiaccio con mia figlia il primo gennaio. Per inaugurare il bisestile dei miei sessanta! Ci siamo salutati con l’ennesima raccomandazione: torno a Roma e stavolta ci vediamo… sennò se famo vecchi! Poi, un paio di sabati fa, lessi il tuo ricordo sui social di Victor Cavallo e come un presentimento mi dissi: devo chiamare Pino! Venerdì scorso, dopo anni d’inutile ricerca ho trovato per caso il CD col filmato del musical che ho diretto con Nada Malanima, al Savoia, anche da te e Roberto Antonelli interpretato: “Tu Precipitasti nella mia MalAnima”.
Il pomeriggio, mentre salivo a Teatro Eva, mi ha chiamato annunciandomi: “Pà… forse a Pino Misiti è successo qualcosa di brutto… Ho letto uno strano post su FB di Nancy”… Mi è precipitata l’anima, Pino! Ho aperto il tuo profilo FB e ti ho inciso un messaggio solo col tuo nome: Pinooooo!!! Solo allora mi sono accorto che su quel profilo avevi indicato, come tuo luogo di lavoro il Teatro del LOTO, il mio teatro, dove ti ho sempre invitato ma dove non sei riuscito a venire mai…. L’ho letto come un ennesimo omaggio, non so quanto meritato, a me… Ma tu forse avresti detto a Noi! Solo allora ho avuto la forza di chiamare Nancy… Eh sì, tu nel frattempo avevi cercato e consumato la tua ultima via d’Uscita. L’avevi consumata, lì solo, a casa tua, a Morena…Vabbè Pì..!?… Mannaggia, però! Stefano.

di Stefano Sabelli (da fb)