Il Molise è piccolo, tenero, marginale, e soprattutto poco comunicativo
L’aria che vi si respira è ammorbata da una mefitica cultura del sospetto che impedisce le collaborazioni, sabota le convergenze, ostacola la diffusione della cultura cooperativa e complica fino all’implosione, addirittura le riunioni di condominio
di Antonio Ruggieri (da ilbenecomune.it)
26 maggio 2016
lo Spirito Pubblico, emarginato e negletto.
Non abbiamo dimestichezza col futuro, che ci sta di fronte come un’ossessione; come un buco nero da esorcizzare.
Viviamo uno stolido e grossolano presente, che ha fatto del profilo basso la sua cifra distintiva.
La nostra classe dirigente è mediocre, senza progetto e senza coraggio; le fanno difetto irrisarcibile lo slancio e la curiosità.
Ci avvoltoliamo in una miseria culturale che stentiamo a riconoscere, deprivati progressivamente della qualità ambientale e della bellezza dei nostri luoghi, dei conterranei che se ne vanno e dei bambini che non si decidono a nascere.
Ci rimbambiamo senza sosta con la recita in malafede di una giaculatoria identitaria che si adopera ridondante intorno ai Sanniti, quando in realtà, per la determinazione della nostra condizione contemporanea, ha agito assai più efficacemente la Democrazia Cristiana che ha gestito la modernizzazione di media incidenza che ormai ci ha circondati.
Ci troviamo in mezzo al guado.
Possiamo arrenderci e accondiscendere al disastro che si profila sull’onda (ci starebbe anche la “t”) di processi planetari che ci soverchieranno mentre già spazzano via i comuni più piccoli, le prefetture, gli uffici postali e la corte d’appello a Campobasso, oppure dichiarare “la prima rivoluzione molisana”.
Una rivoluzione autentica, innovativa e solidale, ma soprattutto pacifica e pacifista, basata sulla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini, sulla cura e la coltivazione del bene comune; sulla Costituzione e sulla cultura del lavoro buono; dei suoi diritti e anche dei suoi doveri.
Una rivoluzione basata sulla cooperazione e sul coordinamento armonioso, che sappia riconoscere la funzione immorale e antisociale della concorrenza; che si muova si nel mercato, ma in quello allegro e colorato dei rioni, popolato di uomini e soprattutto di donne, anziché in quello asettico spietato e criminale della finanza.
Il Molise, i suoi 300.000 abitanti ancora residenti, devono fare una rivoluzione dei bisogni e dei consumi.
Meno merci e più valori.
Più servizi e meno supermercati; più scuola, più università, cultura, ricerca e innovazione; più ruralità, agricoltura biologica e tradizione, ma raccontata con con una lingua colta e contemporanea.
Meno rifiuti, tutti differenziati e poi riciclati; recupero e riqualificazione dei fabbricati invece di nuove costruzioni; tutela ambientale e paesaggistica; trasporto pubblico efficiente e sostenibile per un turismo selezionato e di qualità; una cultura e una sensibilità non più senile e conservatrice.
Poche infrastrutture, funzionali e indispensabili e infostrutture diffuse capillarmente su tutto il territorio.
Accoglienza e integrazione di chiunque voglia risiedere con noi, in modo da affrontare con rigore e serietà la nostra questione fondamentale, quella demografica.
Un nuovo rapporto, amichevole e maturo, con i tanti nostri corregionali che vivono altrove nel mondo, i quali rappresentano un patrimonio prezioso e mai messo a frutto.
Il Molise, per la sua prima rivoluzione, prima di tutto, ha bisogno della letteratura, del cinema, della musica, del teatro e della comunicazione.
di Antonio Ruggieri (da ilbenecomune.it)