• 8 Luglio 2016

Strategia Nazionale per le Aree Interne

Un punto a due anni dal lancio della Strategia

di Sabrina Lucatelli

08 luglio 2016

Una parte preponderante del territorio italiano è caratterizzata da un’organizzazione spaziale fondata su “centri minori”, spesso di piccole dimensioni, che in molti casi sono in grado di garantire ai residenti soltanto una limitata accessibilità ai servizi essenziali. Le specificità di questo territorio possono essere riassunte utilizzando l’espressione “Aree interne”.

Le Aree interne italiane si caratterizzano nel seguente modo:

• sono significativamente distanti dai principali centri di offerta di servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità);

• dispongono di importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere);

• costituiscono un territorio profondamente diversificato, esito delle dinamiche dei vari e differenziati sistemi naturali e dei peculiari e secolari processi di antropizzazione2.

Vive in queste aree circa un quarto della popolazione italiana, in una porzione di territorio che supera il sessanta per cento di quello totale e che è organizzata in oltre quattromila Comuni, per lo più di meno di 5.000 abitanti (Dps, 2014a).

L’individuazione delle Aree interne del Paese parte dunque da una lettura policentrica del territorio italiano, ovvero un territorio caratterizzato da una rete di comuni o aggregazioni di comuni (centri di offerta di servizi) attorno ai quali gravitano aree caratterizzate da diversi livelli di perifericità spaziale.

I presupposti teorici da cui la mappatura delle Aree Interne ha preso le mosse sono i seguenti: 1) l’Italia è caratterizzata da una rete di centri urbani estremamente fitta e differenziata; tali centri offrono una rosa estesa di servizi essenziali, capaci di generare importanti bacini d’utenza, anche a distanza, e di fungere da “attrattori”; 2) il livello di perifericità dei territori rispetto alla rete di centri urbani influenza la qualità della vita dei cittadini e il loro livello di inclusione sociale; 3) le relazioni funzionali che si creano tra poli e territori più o meno periferici possono essere di natura assai diversa (Ocse 2013).

La metodologia utilizzata per l’individuazione delle aree interne del Paese e il disegno della mappa si sostanzia in due fasi principali:

• Individuazione dei Poli di attrazione – definiti “Centri d’offerta dei servizi”, secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali: sono Poli quei comuni – o quelle aggregazioni di Comuni – capaci di offrire: 

o per l’istruzione superiore, l’offerta completa di scuole secondarie superiori;

o per i servizi sanitari, le strutture sanitarie sedi didi Dipartimento di Emergenza e Accettazione (Dea) di I livello;

o per i servizi di trasporto ferroviario, le stazioni ferroviarie di tipo almeno silver, corrispondenti ad impianti medio-piccoli.

• Classificazione dei restanti comuni in quattro fasce: aree peri-urbane; aree intermedie; aree periferiche e aree ultra periferiche, in base alle distanze dai poli misurate in tempi di percorrenza.

Si ricorda che una lettura del territorio legata al concetto di distanza da centri gravitazionali e supportata da indicatori di accessibilità è riscontrabile sia nell’organizzazione delle politiche territoriali di diversi Paesi (ad esempio il caso del Canada, cfr. Oecd, 2010); e anche nelle ultime analisi e definizioni della ruralità sviluppate sia in ambito Europeo che Ocse (Oecd, 2013). In Italia, l’Unità di Valutazione degli Investimenti Pubblici (Uval) ha sviluppato in nuce questo tipo di approccio in una serie di analisi valutative nella seconda metà del decennio scorso (Dps/Uval, 2006b; 2010). La specificità del metodo di territorializzazione applicato alle Aree Interne è il superamento della contrapposizione classica tra città e campagna: centro gravitazionale può essere un piccolo comune o anche più comuni confinanti capaci di offrire servizi di base, mentre interna può essere una città, se non capace di offrire servizi di base adeguati, nel concetto più alto di cittadinanza.

L’ipotesi portante è, dunque, quella che identifica, in prima istanza, la natura di Area Interna nella ”lontananza” dai servizi essenziali. Da notare che Area Interna, in questa concezione, non è necessariamente sinonimo di “area debole”. Nel Paese esiste infatti un panorama molto differenziato di Aree Interne. In alcune le capacità particolarmente spiccate degli attori locali, assieme ai molti interventi di policy che si sono susseguiti a partire dagli anni Ottanta, hanno permesso di trasformare la perifericità in un asset da valorizzare, innescando interessanti processi di sviluppo, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali e riuscendo a frenare il drenaggio della popolazione.

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di Sabrina Lucatelli  (Unità di Valutazione degli investimenti pubblici)