I campi di internamento in Molise
Una breve analisi
di Giorgio Giannini
12 luglio 2016
Pochi mesi dopo l’ingresso in guerra dell’Italia (10 giugno 1940), il Governo fascista emana il Decreto 4 settembre 1940 con il quale sono istituiti speciali Campi nei quali possono essere raggruppati i sudditi nemici internati (i cittadini stranieri, soprattutto di religione ebraica, fuggiti dai loro Paesi prima della guerra e venuti in Italia nella speranza di scampare alla persecuzione religiosa o politica). In alternativa,le persone possono essere obbligate a soggiornare in una località determinata, sotto la sorveglianza ed il controllo dell’Autorità locale di Pubblica Sicurezza.
Gli Internati appartengono a varie categorie, classificate dalle Autorità: ebrei stranieri, sudditi nemici (compresi i cinesi), ex Jugoslavi (soprattutto Dalmati), allogeni della Venezia Giulia (Sloveni), italiani pericolosi (antifascisti), italiani condannati per infrazioni annonarie (soprattutto per praticare la borsa nera) ed anche fascisti caduti in disgrazia perché critici verso il regime.
In alcuni Campi ci sono solo donne , anche se solo per un periodo, come a Lanciano.
I Campi sono istituiti in genere in strutture private prese in affitto dal Ministero dell’Interno, compresi Monasteri e fabbriche dismessi.
È difficile ricostruire il numero delle persone internate, in quanto nei registri (laddove ci sono pervenuti) i nomi sono spesso cancellati oppure mancano delle pagine. Non si conosce neppure l’elenco preciso dei Campi e delle Località di Soggiorno Obbligato. Il numero accreditato dagli storici è di circa 200 luoghi di Internamento, istituti in Italia, nei Paesi occupati e nelle Colonie.
L’ORGANIZZAZIONE DEI CAMPI
Secondo il Decreto 4 settembre 1940, i Campi sono sotto la sorveglianza ed il controllo del Ministero dell’Interno, che vi delega un funzionario di Pubblica Sicurezza (un Commissario o un Ufficiale di Polizia). Talvolta, però la Direzione è affidata al Podestà (Sindaco) del Comune.
La vigilanza è in genere affidata ai Carabinieri della locale Stazione, che installano un posto fisso di guardia all’interno del Campo o nelle immediate vicinanze. Talvolta, vi sono anche Poliziotti, che svolgono in genere funzioni amministrative.
Con un apposito Regolamento è disciplinata l’attività degli internati e i loro diritti e doveri. Possono svolgere alcuni lavori, conformi al loro rango, ricevendo un equo compenso, determinato dal Ministero dell’Interno. Devono essere trattati con umanità e devono essere protetti contro ogni offesa o violenza e non possono essere destinati in località esposte al fuoco nemico (vicino al Fronte di guerra) o insalubri.
Hanno diritto alla libertà di religione e di culto e conservano gli effetti e gli oggetti di uso personale. Normalmente, di giorno, possono circolare nei dintorni del Campo e nel Paese vicino, ma non possono interessarsi di argomenti politici o militari.
Le spese per il loro mantenimento sono a carico dello Stato, salva rivalsa sui loro beni o sul compenso da essi percepito per il loro lavoro. Se il Campo non ha la mensa,mangiano presso trattorie pagando con il sussidio del Ministero dell’Interno.
Non possono spedire o ricevere corrispondenza postale o telegrafica o pacchi se non tramite l’Autorità di P. S. che ha la vigilanza su di loro. Non possono detenere titoli, gioielli ed oggetti di valore, che devono essere depositati in cassette di sicurezza presso una Banca, e neppure somme di denaro superiori ai bisogni ordinari,che devono essere depositate presso una Banca locale o l’Ufficio postale, con un libretto intestato, dal quale però possono ritirarle liberamente.
All’assistenza sanitaria provvede il Medico Condotto o l’Ufficiale Sanitario del Comune. In caso di necessità e per le visite specialistiche, sono accompagnati dai Carabinieri in ospedale o in città.
Le condizioni igieniche dei Campi sono spesso precarie per il sovraffollamento e per la mancanza di acqua corrente e di adeguati locali adibiti a bagno.
Le condizioni di vita degli internati sono in genere accettabili solo per i sudditi nemici che ricevono dalla Croce Rossa Internazionale (CRI) pacchi con generi di conforto, comprese le sigarette.
La dimensione dell’Internamento nella Regione è stata esaminata dagli studiosi che hanno raccolto notizie abbastanza precise per le 5 località di internamento: Agnone, Boiano, Casacalenda, Isernia, Vinchiaturo (tutte nell’unica Provincia di Campobasso).
AGNONE
È allestito nel luglio 1940 nell’ex Convento di S. Bernardino da Siena, di proprietà della Diocesi di Trivento (?), che dopo essere stato abbandonato per un lungo periodo, era stato adibito dal 1931 a Seminario estivo. Ha una capienza di circa 150 posti, sistemati in 7 camere grandi e 9 piccole. Manca l’impianto di riscaldamento.
È diretto da un Commissario di Polizia. La vigilanza è affidata ai Carabinieri, che allestiscono un posto fisso nell’edificio.
All’inizio, gli internati sono solo uomini, appartenenti alle categorie dei sudditi nemici (soprattutto inglesi) e degli ebrei stranieri (soprattutto tedeschi ed austriaci). Successivamente, i primi vengono trasferiti in altri Campi. Nel luglio 1941, anche gli ebrei (57) sono trasferiti ad Isernia , mentre dal Campo di Boiano, che viene chiuso, arrivano il 15 luglio 58 Rom. Da allora il Campo diventa misto (uomini e donne) e accoglie solo rom originari della Jugoslavia, salvatisi dallo sterminio pianificato dagli Ustascia croati.
Da questo momento le condizioni di vita degli internati rom peggiorano notevolmente e soffrono anche la malnutrizione. Anche la libertà di movimento è notevolmente ristretta, mettendo anche delle inferriate alle finestre, in quanto i rom attuano vari tentativi di evasione e spesso venivano alle mani tra di loro, causando risse. Però, quando la CRI effettua una ispezione, il 21 giugno 1943, sia l’alimentazione che le condizioni igienico-sanitarie sono migliorate. Infatti, i rom coltivano l’orto, possono lavarsi con acqua calda tre volte al mese ed un medico effettua periodicamente delle visite. I malati più gravi sono trasferiti all’ospedale di Isernia. Alcuni rom sopravvissuti hanno dichiarato che la vita per loro era abbastanza accettabile, essendo abituati a vivere in condizioni molto precarie.
Dopo l’8 settembre, i Carabinieri liberano gli internati, molti dei quali si uniscono ai partigiani. Altri, invece, rimasti nella zona, vengono catturati dai tedeschi ed impiegati nella scavo di fossati anticarro e nelle deposizione di mine.
BOIANO
È allestito, nell’estate 1940, in un ex tabacchificio, di proprietà della società Saim e situato nella periferia del paese, vicino alla ferrovia. Può accogliere, secondo un rapporto del Ministero dell’Interno, 250 internati normali oppure 300 zingari (rom), alloggiati in tre capannoni, cinti da reticolati e con le inferriate alle finestre, mentre in un altro ci sono la cucina, il refettorio ed altri servizi.
E’ diretto da un Commissario di Polizia e la vigilanza è affidata ai Carabinieri, che allestiscono un posto fisso nel Campo, ed ad alcuni Poliziotti.
I primi internati arrivano nel settembre 1940 e sono soprattutto Rom, cinesi ed ebrei stranieri. Le condizioni di vita sono alquanto precarie, tanto che il 3 febbraio 1941 un rappresentante degli internati si lamenta con l’Ispettore del Ministero dell’Interno per le condizioni antigieniche dei locali e per la qualità e la quantità del vitto.
Iniziano quindi i lavori di ristrutturazione dei capannoni, in cui ci sono anche infiltrazioni di acqua piovana, ma poi si decide, anche su parere dell’Ispettore Generale del Ministero (Rosati) di chiudere il Campo; così, il 15 luglio 1941 i 58 Rom presenti sono trasferiti ad Agnone.
CASACALENDA
È allestito nelle’estate 1940 nell’ex Convitto della Fondazione Caradonio-Di Blasio,ubicato vicino ad un Ginansio-Liceo, nel centro storico. L’edificio dispone di 3 stanze grandi e 9 piccole, con circa 150 posti. La mensa è autogestita.
Vi sono internate solo donne, appartenenti alle categorie dei sudditi nemici (inglesi), degli ebrei stranieri (tedesche e polacche) e degli ex Jugoslavi (soprattutto dal 1942).
La Direzione è affidata ad un Commissario di Polizia, coadiuvato da una Direttrice, mentre la vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri e Poliziotti (con compiti prevalentemente amministrativi). All’assistenza sanitaria provvede un medico del paese e per le visite mediche specialistiche le internate si recano a Campobasso, con la scorta dei Carabinieri
Le internate hanno 3 ore al giorno di libera uscita, nelle vicinanze del Campo.
Il 22 giugno 1943, c’è una visita della CRI. Sono presenti 49 internate e quelle provenienti dalla ex Jugoslavia protestano per l’imposizione del saluto romano e per non poter ricevere pacchi viveri e di altri generi di conforto. La CRI invia al Ministero dell’Interno una copia del rapporto degli Ispettori, chiede maggiore omogeneità di trattamento tra le diverse categorie di internate e versa un assegno di 1.600 lire, da dare alle internate ex Jugoslave affinchè possano acquistare indumenti e supplementi di viveri.
Dopo l’8 settembre, le internate straniere vengono liberate, in base alle disposizioni dell’Armistizio, in attuazione delle quali il Capo della Polizia emana il 10 settembre una Circolare.
ISERNIA
È allestito nelle’ex Convento delle Benedettine, ubicato sulla strada principale della cittadina, con una capienza di circa 120 posti, in 4 camerate al piano terra ed altrettante al primo piano. In verità, la capienza risulta inferiore, in quanto alcuni locali vengono ceduti alla vicina scuola.
La Direzione è affidata ad un Commissario di Polizia (il primo è trasferito per punizione a Casacalenda in seguito alla fuga di due internati stranieri –uno jugoslavo ed un rimeno). La vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri e Poliziotti (con compiti prevalentemente amministrativi).
Gli internati appartengono ad varie categorie:sudditi nemici,ebrei stranieri,ex Jugoslavi, allogeni della Venezia Giulia ed italiani pericolosi.
Nell’estate 1941, è acquisita una sala cinematografica, con il pavimento in legno, nella quale vengono sistemati gli ebrei trasferiti da Agnone, i quali, ben presto protestano per le ristrettezze dello spazio e per le precarie condizioni igieniche e chiedono,il 19 settembre, l’intervento del Nunzio Apostolico (l’Ambasciatore del Vaticano presso lo Stato italiano) per essere trasferiti a Notaresco (Teramo) o a Campagna (Salerno). Il loro trasferimento è sollecitato anche dal Prefetto di Campobasso. Pertanto, dal 9 gennaio 1942, gli ebrei stranieri vengono trasferiti a Ferramonti di Tarsia (Cosenza) ed al loro posto arrivano ex Jugoslavi.
Dopo l’8 settembre, il Campo non è chiuso ed alcuni internati muoiono in seguito al bombardamento della città del 12 settembre.
VINCHIATURO
È allestito in un edificio privato, della famiglia Di Nonno,in Via Libertà, nel centro storico, senza riscaldamento (durante l’inverno sono messe alcune stufe a legna), con una capienza di 50 posti, ma in verità la capienza è inferiore.
Vi sono internate solo donne. Pertanto, accanto a Direttore (che è il Podestà-Sindaco del Comune) vi è una Direttrice (Amalia Vacalucci,una insegnante in pensione).
La vigilanza è affidata ad alcuni Carabinieri ed all’assistenza sanitaria provvede il Medico Condotto del paese.
Le internate sono quasi tutte straniere (ebree, ex jugoslave, prostitute slave) ma ci sono anche alcune antifasciste italiane ed una Rom. Pertanto,la convivenza, sia per il sovraffollamento che per le differenti categorie sociali di appartenenza, è alquanto difficile. Per questo, due internate tentano il suicidio, nell’estate del 1940 e nel gennaio 1942.
Le internate hanno alcune ore al giorno di libera uscita, nelle vicinanze dell’edificio e talvolta possono recarsi in campagna, con la scorta dei Carabinieri. Il giovedì, le cattoliche, possono recarsi in Chiesa per la messa. In inverno, alcune internate, per passare il tempo, insegnano la loro lingua alle altre ed alcune dipingono.
Il 21 giugno 1943, gli Ispettori della CRI visitano il Campo,che è ritenuto idoneo ad accogliere non più di 35 persone. Quindi, su richiesta esplicita della CRI, 10 internate vengono trasferite in altri Campi.
Dopo l’8 settembre, le internate straniere vengono liberate, in base alle disposizioni dell’Armistizio, in attuazione delle quali il Capo della Polizia emana il 10 settembre una Circolare.
CONCLUSIONI
È auspicabile che i Comuni in cui sono ubicati i Campi si impegnino per la loro conservazione ed appongano almeno una lapide sugli edifici che sono stati luoghi di internamento, per creare un percorso della Memoria, che serva da monito per le future generazioni, soprattutto i giovani, sulle atrocità commesse dal regime fascista.
La Commissione Cultura della Camera dei Deputati ha approvato nel 2002 un Ordine del Giorno con cui si impegna il Governo a promuovere un progetto per l’individuazione di tutti i Campi di internamento in Italia, per creare un Percorso della Memoria. Confidiamo che questo risultato si possa presto realizzare.
Riferimenti bibliografici:
K. Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, Voll. 2, La Nuova Italia, Firenze 1996
C. Di Sante, I campi di concentramento in Italia. Dall’internamento alla deportazione (1940-1945), Atti del Convegno di Teramo 23-24 marzo 1998, Franco Angeli, Milano 2001
Fabio Galluccio, I Lager in Italia, Libere Edizioni Nonluoghi, Civezzano (Trento) 2002
Carlo Spartaco Capogreco, I campi del Duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), Einaudi, Torino 2004http://www.instoria.it/home/campi_concentramento_molise.htm
di Giorgio Giannini (da altomolise.net)