La carica dei giovani birrifici artigianali
La terra della Tintilia ama anche il luppolo
di Patrizia Di Nunzio (da primonumero.it)
19 settembre 2016
Chi l’ha detto che il Molise, terra notoriamente conosciuta per la produzione di ottimi vini e madre della Tintilia, non possa dar vita a un’altrettanto ottima birra? E chi l’ha detto che i consumatori, abituati da decenni al consumo di Forst, Peroni e Nastro Azzurro, non possano decidere di ‘cambiare rotta’ dopo aver assaggiato qualcosa che qualitativamente si trova agli antipodi?
Produrre birra artigianale, per i pionieri molisani del settore, sarà stata sicuramente una scommessa (non poco) azzardata. Ma a guardare oggi il buon andamento del mercato non è stata una mossa così tanto pericolosa: sono sempre di più i clienti alla ricerca di prodotti di un certo livello, per i quali sono felici di spendere qualcosa in più, ricevendo in cambio, quasi sempre, la garanzia di una qualità maggiore.
Per esplorare da vicino il fenomeno Primonumero ha incontrato alcuni dei produttori attivi in Molise, che si sono prestati a rispondere ad alcune domande sulle loro attività, quasi tutte con pochi anni di vita alle spalle.
Questi imprenditori sono in gran parte giovani, pieni di energia ed entusiasmo per il proprio lavoro, e in molti hanno già aperto le porte al commercio fuori regione (qualcuno anche all’estero).
«La nostra azienda – spiega Romain Verrecchia, proprietario del birrificio Kashmir – è nata dopo quattro anni di esperienza come beerfirm (la pratica di prendere in affitto un impianto per produrre una birra con un proprio marchio e una propria ricetta, ndr). All’origine c’è ovviamente la passione per le grandi birre, oltre all’hobby dell’homebrewing (la produzione casalinga di birra). Nel nostro caso io e il mio socio ci siamo fatti prendere la mano senza accorgercene, iniziando con conoscenze personali e poi facendoci consigliare da produttori amici. Quest’anno abbiamo inaugurato il nostro birrificio, decisione incentivata anche dal fatto che una fetta sempre più larga di persone va alla ricerca della qualità».
Eppure non si può non provare almeno un po’ di stupore nel pensare che in una terra come la nostra, così refrattaria ai cambiamenti, anzi notoriamente attaccata a tutto ciò che è abitudinario, questo fenomeno sia riuscito a espandersi. E invece una risposta positiva c’è stata, stimolata proprio dalla curiosità verso la novità, e una spiegazione a questo aprirsi verso nuovi orizzonti la fornisce Angelo Scacco, ‘sedicente birraio’ de La Fucina: «Dal lato del consumatore penso che la causa vada ricercata nella grande presenza di prodotti artigianali e di informazione sul settore. Se poi a questo uniamo la sempre maggiore curiosità verso prodotti di qualità, probabilmente riusciamo a spiegarci il motivo di questa crescita. Dal punto di vista di noi produttori, credo che anche il livello medio-alto delle birre artigianali possa aver contribuito ad accelerare l’espansione del fenomeno. Ora la vera sfida sarà mantenere quanto abbiamo raggiunto, continuando sulla strada della qualità e della creazione di consapevolezza nei nostri clienti».
E di clienti in cerca di nuovi sapori ce ne sono tanti: di quelli che, quando si siedono al bancone di un locale, vogliono bere per il piacere di assaggiare qualcosa che soddisfi il palato e la curiosità, e cercano nel bicchiere appena ordinato un profumo, un sapore, una sfumatura di colore propria solo di quella birra, e di nessun altra. Perché le birre artigianali, e su questo convengono tutti gli intervistati, con quelle industriali non hanno niente a che vedere: appartengono a due mondi distanti tra loro anni luce. «E bisogna anche fare attenzione alle tante aziende che, cavalcando l’onda di un immaginario attualmente in ascesa, propongono ai consumatori prodotti ingannevoli, che di artigianale hanno ben poco», aggiungono
Per fare una buona birra artigianale basta seguire pochi e irrinunciabili passi, usando pochi ma irrinunciabili ingredienti, come spiegano Attilia Conti e Alfredo Vicedomini, di Hops up: «Il segreto di un’ottima birra è un segreto di Pulcinella, e cioè deve essere buona. Né più né meno. L’attenzione alle materie prime, ai processi produttivi e soprattutto alla pulizia, la passione e la consapevolezza (grazie a studi e assaggi) di quali sono le caratteristiche di un determinato stile di birra, e infine l’esperienza, sono tutti elementi imprescindibili che portano a produrre consapevolmente una birra di qualità. Tutto il resto è gusto personale, visto che la gamma di sapori a disposizione è enorme».
Ce ne sono davvero di tutti i tipi, e chi le ha assaggiate difficilmente torna indietro: quello che si sta creando è il gusto per un prodotto nuovo, in grado di incuriosire e stimolare. Anche per questo a Campobasso c’è un locale che ha deciso di farsi realizzare una birra propria, con un marchio originale. È la ‘Zeppelin 1431’, creata per l’omonimo pub dal birrificio Hops up, su ricetta di Attilia Conti. «In realtà l’idea è stata di Dino e Attilia – spiega Roberto Alfieri, proprietario dello Zeppelin pub – l’obiettivo era quello di creare qualcosa che si trovasse solo nel nostro locale. Abbiamo iniziato a commerciare birra artigianale su richiesta dei nostri clienti, sempre più abituati a questo tipo di produzione. Questo è stato l’incentivo che ci ha spinto a produrre la nostra birra e così, dopo vari assaggi e tentativi, è venuto fuori un prodotto soddisfacente per tutti, e infatti ha avuto un buon riscontro. Il perché non saprei spiegarlo: c’è chi lo fa per moda, chi per gusto, chi con coscienza, chi meno. Noi ci limitiamo a selezionare le birre migliori, evitando di incappare in prodotti scadenti».
di Patrizia Di Nunzio (da primonumero.it)