Web no limits?
Affrontare il tema del rapporto tra gli esseri umani e la rete internet significa non semplificare con facili allarmismi o esaltazioni indiscriminate
di Umberto Berardo
11 ottobre 2016
Affrontare il tema del rapporto tra gli esseri umani e la rete internet significa a nostro avviso uscire anzitutto da semplificazioni come i facili allarmismi o le esaltazioni indiscriminate.
Ci siamo già occupati dell’argomento, ma gli aspetti sono tanti ed è bene continuare a parlarne.
La tecnologia appartiene a tutta quella serie di mediazioni umane e culturali che servono a migliorare la qualità della vita e le relazioni tra le persone.
Ha ragione allora Nathan Jurgenson a sostenere che in realtà non esiste un sistema esistenziale allo stato puro, ma sempre mediato da tutta una serie di strumenti scientifici, psicologici, tecnologici e sociali.
Internet è una delle variabili esistenziali che può aiutarci a migliorare il sapere, i sistemi di comunicazioni e le relazioni con gli altri a patto di utilizzarlo non come un fine o come il congegno privilegiato per i rapporti umani, ma unicamente come uno strumento che la ricerca ha messo a disposizione, purtroppo ancora non per tutti, per migliorare, si spera, gli aspetti benefici dell’individuo e della collettività.
Le tecnologie digitali hanno sicuramente la possibilità di allargare l’orizzonte della conoscenza, l’accesso all’informazione e la relazione con un numero elevatissimo di persone, ma ci mettono davanti ad un sapere e ad un’informazione troppo veloci e difficilmente controllabili come pure a conoscenze di persone che spesso si rivelano ipocrite, false, ingannevoli e perfino molto pericolose.
Sono proprio queste difficoltà che hanno portato Pierre Lévy a pensare ad una gestione sempre più allargata e decentralizzata del sapere e della cultura attraverso una forma, come lui la chiama, di “intelligenza collettiva” che tuttavia ancora non si è in grado di costruire.
Internet allora va adeguatamente relativizzato attraverso un uso intelligente, critico, non eccessivamente esteso e comunque sempre funzionale ad un miglioramento qualitativo della propria esistenza; diversamente può generare in tutti seri rischi di esposizione ad onde elettromagnetiche, dipendenza, alienazione dalla realtà, serie regressioni delle capacità intellettive, delle funzioni sensoriali e di quelle emotive.
Tra l’altro, al di là di ogni forma assai diffusa di narcisismo spesso infantile, la presenza sul Web può avere un senso solo se ha una sua utilità funzionale ad una nostra crescita sul piano etico, culturale ed umano.
L’interattività dei New Media offre sicuramente grossi aiuti nella medicina, nel lavoro, nella ricerca culturale e nell’interconnessione globale, ma occorre prendere coscienza del fatto che, come già detto, non siamo sempre in grado né di controllare il sapere e le informazioni in rete, né tantomeno di avere certezze sull’identità degl’interlocutori; è per questo che, rispetto alle seduzioni ed alle intromissioni del virtuale nella nostra vita privata, serve riprendersi l’autodeterminazione nelle scelte di vita.
Se la rete è piena di bufale e di nickname che non solo permettono il mascheramento dell’identità con l’anonimato, ma perfino la finzione e l’inganno nelle discussioni di gruppo dei social network, newsgroup, forum o chat, capite benissimo che il fake, come si definisce in gergo, rappresenta una falsificazione non ammissibile ed individuabile come una vera e propria truffa.
Altra cosa da cui liberarsi è la forma d’integralismo digitale che diventa molto pericolosa quando ci porta a pensare di poter controllare nella sua totalità il sapere e l’informazione, rompendo ogni aspetto critico rispetto alle fonti ed agli strumenti.
Tale convinzione non solo ci rende massimalisti, ma ci chiude al confronto illudendoci della massima libertà in rete, mentre forse stiamo diventando sempre più succubi di nuovi poteri finanziari e tecnologici che ci trasformano in servi volontari della tecnologia stessa, sempre più disponibili a cedere alle sue lusinghe anche a rischio di finire controllati da moderne oligarchie, come sostiene il filosofo torinese Enrico Donaggio.
C’è chi ritiene che perfino la sovranità popolare e la democrazia possano essere affidate alla rete, ma le modalità attuative appaiono davvero al momento molto aleatorie e talora perfino truffaldine.
Esiste poi la questione relativa alla libertà di espressione e di accesso al Web.
È indiscutibile che essa vada assicurata per tutti ed a livello globale, ma è anche necessario salvaguardare i diritti delle persone online ed offline; è per questo che bisogna pensare ad un quadro di regole condivise in grado di garantire e difendere i diritti di tutti, visto che oggi è ancora difficile normare sulla rete il copyright, l’imposizione fiscale sugli utili e la persecuzione dei reati, né si è in grado di eliminare forme di anonimato che creano gravi problemi di ordine psicologico, giuridico ed etico.
La discussione sulle funzioni, sui vantaggi, sull’utilizzo e sui pericoli di Internet sta approfondendosi e diventando sempre più articolato.
In un recentissimo saggio intitolato “Baciami senza rete” Paolo Crepet affronta tali tematiche con la serenità, la passione e la libertà di studioso, ma anche con la necessaria analisi didattica ed umana di chi cerca di portare tutti ed in particolare i giovani verso una consapevolezza articolata, piena e razionale sull’utilizzo delle tecnologie digitali e dei social network.
Quella di Crepet è una discussione aperta, argomentata e scientificamente documentata su un obiettivo che egli stesso così definisce nel volume: “Il mio scopo fondamentale è cercare di continuare a discutere sulle conseguenze, volute o indesiderate, del grande cambiamento che le nuove tecnologie digitali stanno imprimendo alla nostra quotidianità. È il tentativo di sottolineare contraddizioni ed effetti collaterali di un nuovo mondo che si presenta non solo come l’ultima e più stupefacente rivoluzione industriale – quella digitale – ma, soprattutto, come una strabiliante e inattesa mutazione antropologica”.
L’autore analizza in particolare gli effetti sulla mente umana riguardanti la sfera cognitiva, sensoriale, emotiva, relazionale, morale e comportamentale di quanti fanno un uso prolungato ed acritico delle nuove tecnologie mettendo in guardia dalle tante fonti del male che attraversano il Web.
Secondo Crepet, delegando ad esse quanto per fortuna appartiene ancora all’esperienza, alla ricerca, ad un tempo ampio e non interrotto di formazione, potrebbe esserci un rischio serio di declino per il pensiero riflessivo, l’intuizione, la creatività, la contemplazione e l’etica come componenti fondamentali di una personalità matura e critica.
C’è chi oggi tende ad ignorare o rimuovere un tale dibattito.
Questo è sicuramente l’atteggiamento peggiore che si possa tenere rispetto ai tanti problemi aperti nel rapporto che abbiamo ogni giorno con la rete attraverso i più disparati strumenti della tecnologia.
di Umberto Berardo