• 18 Ottobre 2016

Sant’Antonio Abate a Tufara

In questo paese con la ricorrenza della festa si avvia il Carnevaleo

di Aldo Ciaramella

17 gennaio 2017

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A Tufara, inizia il periodo del Carnevale con la tradizione della festa in onore di Sant’Antonio Abate. I festeggiamenti iniziano con la sera della vigilia, domani, quando tutto il paese e non solo festeggia intorno i diversi fuochi accesi nel centro abitato dove si allestiscono banchetti a base di maiale cresciuto durante tutto l’anno all’occorrenza; per quest’anno il fuoco principale sarà organizzato dalla Pro Loco che come sottolinea Giuseppe Faioli della stessa Pro Loco di Tufara grazie all’impegno dei soci ha preparato il falò principale in piazza Garibaldi dove si festeggerà intorno al fuoco con panini con salsiccia, ventresca e un buon bicchiere di vino. Oltre a quello principale molti fuochi saranno accesi nel centro storico. Il 17 gennaio la festa in onore di Sant’Antonio Abate continua nella mattinata. Qui dopo la funzione religiosa dedicata al Santo, sul Sagrato della Chiesa, verrà impartita la benedizione degli animali. Il grande falò acceso il giorno prima con la legna raccolta con la questua nei giorni precedenti la festa sarà il luogo di intrattenimento in attesa di un uomo a cavallo con salsicce e pezzi di lardo appesi al collo e un “friscolo” in testa, il quale, sosterrà davanti al grande fuoco e annuncerà l’imminente Carnevale. Fino a diversi anni fà, era ancora viva la tradizione del “maiale di S. Antonio”. Una persona devota donava alla parrocchia un maiale di 40 giorni, che, una volta  benedetto e messogli un cordone del Santo, veniva lasciato libero. Il maialetto girava per le case del paese e ognuno gli dava ospitalità e cibo. Divenuto grande, veniva venduto all’asta ed il ricavato era destinato per i festeggiamenti di S. Antonio. Spesso, però, il maiale provocava danni ma nessuno mai osava mandarlo via a colpi di bastonate, perché, secondo un’antica credenza, S. Antonio Abate avrebbe fatto morire il maiale che ciascuna famiglia cresceva nel proprio  abitato.

di Aldo Ciaramella