I migliori ristoranti del Molise
Secondo la Guida 2017 di “Osterie d’Italia” sono 11 i magnifici ristoranti molisani
di pasqualedilena@gmail.com
10 febbraio 2017
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Anche quest’anno Michele Raspa del Ristorante “Marina”, San Salvo” mi ha messo da parte una copia della Guida “Osterie d’Italia”, dove, da sempre, è presente il suo ristorante di “solo pesce”. Mio caro amico e grande cultore, non da oggi, dell’olio, con una presenza costante di sette/otto etichette di aziende abruzzesi e, anche, molisane, fra le quali La Casa del Vento con il suo L’Olio di Flora, un “Gentile di Larino”, biologico. L’olio al Ristorante Marina è cultura com’è cultura il “brodetto alla vastese”. Ringrazio Michele del gentile dono prima di sfogliare con voi lettori la Guida “Osterie d’Italia” 2017, che si presenta con la sua copertina gialla e, in alto, una striscia bianca con la chiocciolina di Slow Food, che la pubblica come sussidiario del MangiarBere all’italiana.
Il Molise viene presentato, con la sua cartina geografica, a pagina 610 con una descrizione, a pagina 611,diversa dall’edizione dello scorso anno, ma anche questa interessante da leggere.
Sono sempre 11 le Osterie riportate che, su 1707 locali molisani consigliati, rappresentano – se non c’è una regola dell’editore che gli inserimenti sono rapportati alla superficie della Regione – un quadro molto riduttivo della gastronomia molisana, soprattutto in fatto di trattorie e osterie, che, personalmente, va ben oltre i pochi numeri riportati.
Comunque interessanti le due novità, “Locanda Mammì” e “Borgo Antico”, mentre, con tutto il rispetto per i critici impegnati nella selezione, incomprensibili appaiono le due esclusioni che, su altre importanti guide, onorano il Molise, Ribo di Guglionesi e Casale Rosa. Conosco questi locali e, anche se ultimamente, per una variazione delle mie abitudini con abbattimento di numero di pranzi e di cene fuori, non li frequento come un tempo, li ho sempre trovati attenti alle materie prime, accoglienti, legati al territorio e alle tradizioni da esso espresse. Ribo, poi, vuol dire Bobo, il re della cucina marinara, uno che continua a dare l’anima per l’immagine del Molise. A Bobo bisogna essere solo grati, come bisogna essere grati a quei locali che hanno fatto e fanno la storia della ristorazione molisana.
Due locali significativi, che, spero, verranno recuperati e inseriti nella prossima Guida 2018, insieme a tanti altri meritevoli di essere citati, e questo per dimostrare anche, con le buone osterie e i buoni ristoranti, la ricchezza della gastronomia regionale e il suo legame con la tradizione. Una tradizione che – come ho avuto modo di verificare in più di un’occasione – è ben presente nella mente e nell’opera dei maestri di cucina che formano i giovani molisani che vogliono diventare i cuochi di domani. E i giovani, formati da istituti alberghieri molto attivi e presenti, sono una realtà bella già in piena azione.
Le due novità 2017
– Locanda Mammì, Agnone, in contrada Castelnuovo, poco lontano dal centro della città delle campane, la giovane e brava Stefania Di Pasquo ha dato ragione alla sua passione per la cucina, con l’apertura, dopo il recupero di una vecchia casa abitata da sempre dalla nonna, di questo ambiente caratteristico, bello.
Agnone è presente sempre, in tutt’e quattro le stagioni dell’anno, con i suoi latticini e formaggi, insaccati e salumi; i prodotti del sottobosco, tartufi e funghi e, anche, lamponi e fragole, mentre il Molise è presente con una selezione dei suoi vini e – speriamo presto – anche una carta degli oli, che il territorio molisano esprime, con dovizia di particolari: da Venafro, Monteroduni, Poggio Sannita a S. Elia a Pianisi, Colletorto, Rotello; da Ferrazzano, Macchia Valfortore a Mafalda, Montenero di Bisaccia, Larino.
– Borgo Antico, Civita Superiore di Bojano, all’inizio di questo piccolo centro, un cumulo di case che domina dall’alto la Capitale dei Sanniti e della mozzarella, l’inizio del Biferno con la sua valle e le colline e i monti che fronteggiano il Matese. Un paesaggio incantevole che invita a meditare e a mangiare.
Filindo Russo, in sala, e sua moglie Antonella Di Dodo, in cucina, propongono e preparano piatti abbondanti di antipasti a base di latticini, salumi,e salsicce di carne e di fegato, come apertura di un pranzo o una cena, con primi di pasta fatta in casa (ravioli e lasagne), condita con le delizie del Matese, funghi e tartufi, o, gli ortaggi delicati della piana. Rinomate insalate per accompagnare secondi a base di carni di agnello e di maiale
Le nove osterie della Guida 2017 presenti anche nella Guida 2016
Da Filomena, Bojano, la trattoria dove, quand’era un buco di bontà in una viuzza nel centro della città sannita, ho avuto modo di conoscere, per la prima volta, Filomena e di assaggiare gli orapi (spinaci selvatici) del Matese, come pure di regalare all’amico mio e del Molise, il grande disegnatore Ro Marcenaro e a sua moglie Augusta, l’agnello ciff’é ciaffe quale variazione sul tema di “Agnello cac’é ove” o “alla brace”.
Il Molise c’è con la zuppa di taccozze e fagioli e anche Bojano con i suoi fior di latte e la mitica Fruffol–a, a ricordare questo territorio vocato agli ortaggi con le sue acque a tenere il terreno sempre umido e le ombre dei monti del Matese.
Aciniello a Campobasso dietro al mercato coperto, con la Signora Maria che, con la sua cucina del tempo dei tratturi mi ha consolato spesso nel corso della mia esperienza di sei anni di consigliere regionale a Campobasso. Obbligatorio per me il piatto che non ho trovato altrove e che Maria con i suoi figli Christian e Raffaele, propone quotidianamente, “a treppucce d’agnello al pomodoro” e, poi, con le sue “pallotte cac’é ove”, i mitici “torcinelli”
La Grotta da Concetta, sempre a Campobasso, o, più semplicemente, “Da Concetta”, in via Larino, la mitica cuoca che ho avuto modo di conoscere per averne solo sentito parlare, a Milano, in occasione di una cena di gala al circolo della stampa di tanti anni fa, quando ho assaggiato per la prima volta i suoi piatti. E’ l’artista della semplicità che diventa concretezza di odori e di sapori. Fabio e Lucia, che hanno dato un tocco di novità anche con l’allargamento del locale con i muri in pietra viva, sono fedeli interpreti della tradizione anche perché Concetta è lì che vigila e controlla. Per quanto mi riguarda, quando vado (purtroppo sempre più di rado), ho imparato a non ordinare e l’attesa mi permette di cogliere l’emozione della sorpresa.
Da Nonna Rosa a Campomarino, dove in un spazio ristretto anche per la mole del proprietario, il pitiglianese Giuseppe Labbate, che propone, nonostante le sue origini marinare, una cucina di terra saporita, delicata, con i suoi ortaggi (carciofi, asparagi, cicorie e verdure di campo) e, anche, quando è filetto di manzo o di agnello alla brace. Prosciutti e insaccati, come pure le mozzarelle di bufala ricercati da Giuseppe per la loro bontà. Per un pugliese verace non possono mancare le orecchiette che Giuseppe propone al ragù bianco di agnello come da antiche tradizione. Una buona cantina e ottimi oli extravergini di oliva, a partire da quelli di Campomarino.
Guado Cannavina a Capracotta. E’ un’azienda agrituristica che– è proprio il caso di dirlo – non ho mai “assaggiato”. La guida parla di un menù unico, ispirato dal pranzo della festa con un ricco antipasto che ha al centro la ricotta prodotta dall’azienda (un soffio di sapore se ricorda quella dei Paglione che ho avuto il piacere di gustare più volte), primi al tartufo e al ragù di agnello e di cinghiale; secondi a base di carni alla brace e scamorza arrosto e, per chiudere, un caciocavallo come da queste parti sanno fare.
L’Elfo, sempre a Capracotta, propone e in modo egregio una cucina all’insegna dei campi e della pastorizia, però, con un po’ di modernità, con il cuoco Michele Sozio e la moglie Franca che sanno intrattenere i graditi ospiti. Non mancano un piatto a base delle speciali lenticchie del comune più alto dell’Appennino, il tartufo e la pezzata che è la ragione di una festa grande i primi di agosto a prato gentile. Ricca la offerta di formaggi e di vini non solo regionali.
Da Adriano a Carovilli. Adriano è il proprietario, un vero personaggio che sa cogliere l’attenzione dei suoi ospiti. Se lo incontri una volta non lo dimentichi e questo succede anche per Bobo del ristorante Ribo di cui parleremo alla fine di questo percorso che dall’Alto Molise, come un tratturo, ci porta ad attraversare il Trigno e il Biferno per poi arrivare al mare di Termoli e di Campomarino. Pasta fatta in casa per assorbire sughi a base di cinghiale o tartufo, erbe spontanee. Agnello e carni per secondo e i formaggi, in particolare il caciocavallo.
Osteria del Borgo nella mia Larino, aperta non più di cinque anni fa da Assunta D’Ermes e Domenico Starinieri, e da subito punto di riferimento di chi vuole mangiare bene e vivere un’atmosfera di grande cordialità. Domenico trova nella passione per la cucina la sua capacità di creare piatti legati ai prodotti del territorio e dell’orto in particolare Una clientela affezionata a dimostrare il successo di questa piccola impresa che la sera illumina via Cluenzio. Fantasia di antipasti, primi tra i quali il piatto di cavatelli, grigliata di formaggi e di verdure. Olio Extravergine di oliva “Gentile di Larino” e vini delle Cantine D’Uva con poche altre proposte aggiuntive.
Osteria Dentro le Mura a Termoli che premia le bontà del mare con il pescato del giorno e i pesci minori dal ricco sapore, quasi sempre legato alla stagionalità. Notevole la proposta delle crudità con antipasti vari e interessanti tra i quali un brodetto di vongole. Davvero ottimi i primi (fusilli alla pescatrice e tagliolini allo scoglio), proposti da Antonio e Lina Terzano, affiancati da collaborati dalla grande cordialità. Una delicata frittura di pesce per chi vuole saltare il famoso Brodetto di pesce alla termolese. Buona la proposta di vini. E, per chiudere, la posizione speciale del locale, nel centro storico con la porta che fa entrare i tramonti.
di pasqualedilena@gmail.com