La cultura della non violenza
E’ necessaria la promozione di una cultura della non violenza capace di far avanzare la parità di diritti per tutti e giustizia sociale
di Umberto Berardo
28 febbraio 2017
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I primi mesi dell’anno raccolgono diverse “giornate della memoria”.
Quest’anno nella sala del consiglio comunale di Campobasso, invitati da Libera Molise a ricordare la Shoah, abbiamo cercato di farne una lettura inconsueta e tenuto una relazione sul tema “Sterminio, una concezione antropologica non ancora superata” sottolineando come la violenza nella storia appartiene ad una concezione secondo la quale taluni hanno pensato e tuttora sostengono che un essere umano o un’intera collettività possono recare sopraffazione all’altro o agli altri fino a determinarne la morte.
Tale idea abita ancora la nostra epoca ed esclude ovviamente il rispetto nel prossimo dei diritti alla vita, all’uguaglianza, alla libertà ed alla piena determinazione della propria esistenza.
L’alternativa ad un tale modo disumano di relazionarsi all’altro è la promozione di una cultura della non violenza capace di promuovere parità di diritti per tutti e giustizia sociale.
I primi elementi della non violenza attiva appartengono al mondo orientale del Buddhismo, del Jainismo e del Taoismo.
In Occidente molti ne vedono gli elementi nel Discorso della Montagna di Gesù Cristo e poi in Tolstoj che li riprende soprattutto nell’opera “Il regno di Dio è in voi” del 1893 diventando così un precursore della cultura della non violenza pur se perseguitato in vita per le sue idee anarco-cristiane e pacifiste.
È noto al riguardo il suo contrasto con Dostoevskij, ma soprattutto la scomunica del Santo Sinodo nel 1901 e la mancata attribuzione del premio nobel per la letteratura cui era stato candidato.
Sicuramente in epoca contemporanea è Mohandas Karamchand Gandhi il primo grande testimone e realizzatore dell’ahimsa come assenza del desiderio di nuocere ed uccidere, ma anche della necessità di opporsi al male che taluni cercano di diffondere nella società con la capacità di resistenza attiva attraverso le tecniche della disobbedienza, del boicottaggio e della non collaborazione con chiunque cerca di attentare alla vita ed alla libertà altrui.
Le sue idee saranno poi riprese da Martin Luther King e Mario Rodriguez Cobos e in Italia da Aldo Capitini, Danilo Dolci ed Antonino Drago.
Anche in Molise abbiamo avuto figure eccezionali nella promozione della cultura della nonviolenza e tra esse ci piace ricordare Piergiorgio Acquistapace e Leo Leone.
Sono questi i testimoni della Satyagraha (forza della verità) gandhiana che hanno poi approfondito il concetto di non violenza attiva rendendola allo stesso tempo un metodo di azione ed uno stile di vita da tenere nei confronti degli altri esseri umani, degli animali e dell’ambiente.
In Italia si elabora la strategia della Difesa Popolare Nonviolenta che troverà le prime applicazioni nel mondo cattolico già con la Resistenza al Nazifascismo e poi negli anni delle lotte sociali.
Si è sin dall’inizio sottolineato che tale strategia dovesse riguardare essenzialmente azioni di difesa, essere popolare e non violenta.
Dopo la caduta del muro di Berlino e la guerra del Golfo e soprattutto davanti agli attacchi terroristici il movimento pacifista sembra entrare in crisi e la stessa idea della Difesa Popolare Nonviolenta viene sostituita dalla cosiddetta Difesa Civile diretta non alla prevenzione, ma alla repressione dei fenomeni violenti ed affidata per delega ad eserciti professionali.
Anche nel nostro Paese si elimina il servizio di leva, si riconosce l’obiezione di coscienza e si crea un esercito di volontari.
Con la legge 6 marzo 2001 n. 64 si è finalmente istituito il Servizio Civile Nazionale per promuovere, secondo il dettato del testo, la solidarietà sociale, la cooperazione, la salvaguardia del patrimonio della Nazione, la formazione civile, sociale e culturale, ma anche per ” concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari “.
É possibile prestare servizio civile in Italia ed all’estero presso Enti pubblici e privati che ne facciano richiesta e presentino progetti in merito.
Ci sono Paesi come il Costarica, Panama e le Isole Mauritius che hanno abolito le forze armate mantenendo solo il corpo di polizia ed orientando sempre più gli investimenti dalle spese militari a quelle civili e sociali.
Da noi nel dicembre 2014 è stata avviata una raccolta firme per la presentazione di una legge popolare per una difesa non armata e non violenta.
Certo i conflitti e la violenza continuano purtroppo ad abitare la nostra esistenza, ma non possiamo ridurre il nostro impegno a condannarli come qualcosa di ineliminabile e neppure pensare che, nonostante persista un commercio scandaloso delle armi, il disarmo debba continuare ad essere visto come una chimera e non come una realtà raggiungibile.
Già dal 1964 il 30 gennaio, anniversario della morte di Gandhi, è stata istituita la Giornata Scolastica della Nonviolenza e della Pace.
Non sappiamo in quante scuole venga celebrata, ma è certo che non ha una diffusione larga soprattutto perché non possiamo nascondere a noi stessi che la cultura della Nonviolenza è poco diffusa e per nulla promossa.
È innegabile che le tecniche di difesa popolare nonviolenta proposte ad esempio da Alexander Langer nei conflitti interetnici o su temi di carattere sociale ed internazionale da Enrico Peyretti appartengano ancora solo ad una minoranza, ma la scuola ed i mezzi d’informazione hanno il dovere di veicolarle proprio perché si riesca ad intravvedere all’orizzonte un mondo in cui i conflitti possano essere risolti in maniera pacifica.
Oggi la Nonviolenza sembra un’utopia soprattutto perché non c’è un serio impegno di ricerca proprio nella direzione di pratiche nuove ed innovative, oltre a quelle già conosciute, verso la risoluzione non violenta dei conflitti e dei problemi interpersonali e sociali che presuppone anzitutto il superamento delle ideologie e dei concetti di violenza, nemico, sconfitta, competizione per andare verso quelli di solidarietà, rispetto per l’altro e convivenza pacifica.
di Umberto Berardo