UN VERO AMICO
Favola bengalese che può far riflettere anche i nostri ragazzi
di p. Antonio Germano Das, sx.
21 marzo 2017
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Shonkar frequenta la IV elementare. Nessuno è bravo come lui nel giocare a pallone, nelle gare di corsa, nell’arrampicarsi sugli alberi o nel remare in barca. Egli ha un amico che si chiama Rofiq. Anche lui frequenta la IV. I loro papà sono pescatori e ogni giorno escono a pescare sul fiume con la barca. Quando la pesca è abbondante, allegramente si dividono tra di loro i pesci e, quando nella rete non salta neppure un pesce, condividono solo il dolore con la prospettiva che a casa la sera non ci sarà nulla da mangiare.
Rofiq è bravo in matematica e perciò è il cassiere della piccola cassa di risparmio. Un giorno però accadde un fatto increscioso. Rofiq si reca presso il banyantree (albero sacro per gli Hindu) e si accorge che la borsetta nascosta in una fessura dell’albero è scomparsa. Nella borsa c’erano mille take (l’equivalente di 10 euro). Il maestro gli chiede: “Al di fuori di te, c’è qualcun altro che conosce il ripostiglio?” Rofiq risponde: “No, nessun altro”. Tutti pensano che sia stato Rofiq a rubare i soldi della cassa. Da quel giorno nessuno più gioca con lui, nessuno gli rivolge la parola. Non potendo più sopportare la situazione in cui è venuto a trovarsi,Rofik incomincia a marinare la scuola.
Shonkor allora va da sua madre e si fa dare mille take. Il giorno dopo, alzandosi in mezzo alla classe, dice: “Signor maestro, sono stato io a rubare i soldi della cassa. Ecco le mille take. Da quel giorno tutti ripresero a giocare con Rofiq e nessuno più gioca con Shonkor. Egli se ne va lontano e gioca solo soletto a danguli (tipico gioco bengalese: due pezzi di legno, uno più lungo, l’altro più corto e appuntito. Battendo con la mazza più lunga il pezzo appuntito lo si manda lontano e poi si misura la distanza ottenuta). Trascorrono così due mesi.
Un giorno un alunno di IV, fornito di una fune, salì sul narikel (l’albero della noce di cocco). Salito però sull’albero, guardando verso il basso, ebbe paura e non aveva più il coraggio di scendere. Tutti suoi compagni di classe guardavano in alto verso di lui. Allora Rofiq di corsa si precipita a chiamare Shonkor. Shonkor, arrivato, si fa dare dal maestro il suo chador (il ciador è uno scialle molto lungo che gli uomini si avvolgono attorno in tempo d’inverno) e in un batter d’occhio è sulla cima dell’albero. Giunto a fianco del suo compagno di classe, gli lega ai fianchi il chador, dicendogli: “Ti reggo io, non aver paura!”
Così il ragazzo se la cavò. La notte la madre gli chiese: “E’ proprio vero che Shonkor ha rubato i soldi? – “No,mamma. Shonkor per salvare l’amico si era fatto dare i soldi da sua madre”. – “Allora è stato Rofiq a rubare?” – “No, mamma, neppure Rofiq ha rubato. Nessuno ha rubato. Ecco vedi, i soldi li ho io e non ho speso neppure un centesimo”. Immediatamente sua madre corse dalla madre di Shonkor e disse: “Signora, eccoti le mille take. Mio figlio, delinquente, le aveva prese lui e non aveva avuto il coraggio di confessarlo. Prega che un giorno anche mio figlio possa crescere uomo come il tuo”.
di p. Antonio Germano Das, sx.