Il Molise raccontato dagli altri
Per una circostanza fortuita ci troviamo proiettati nel circo mediatico che ha ingoiato le nostre vite
di Antonio Ruggieri (da ilbenecomune.it)
19 aprile 2018
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E’ stato gradevole, divertente, garbato e a tratti irriverente Diego Bianchi, nella puntata di Propaganda Live su la 7 dedicata al Molise assediato dai comizi/incontri/riunioni/assemblee/passeggiate dei politici che imperversano, in vista delle elezioni regionali di domenica prossima.
A ruota sono arrivati Antonello Caporale e Pietrangelo Buttafuoco che ci hanno raggiunti per indagarci – così hanno fatto sapere – dal punto di vista antropologico, e Crozza ci aveva già dedicato una canzoncina paragonandoci all’Ohio, lo Stato in cui si decide chi sarà il presidente degli USA.
Grazie a questa dissipativa elezione in differita, il Molise fa notizia.
Salvini si è lasciato scappare che il nostro risultato del 22 aprile, unitamente a quello del Friuli Venezia Giulia della settimana seguente, inciderà sul Governo in gestazione; che cosa avrà voluto dire realmente lo sa solo dio, ma Martina (“l’autoreggente”, come lo ha chiamato Travaglio) ha ribattuto che i molisani e i friulani non possono essere trattati alla stregua di cavie da laboratorio.
La verità vera è che per una circostanza fortuita ci troviamo proiettati nel circo mediatico che ha ingoiato le nostre vite con l’aggravio “partecipativo” dei social network.
Finalmente (e verrebbe da piangere), per qualche altro giorno, saremo argomento del talk show a reti unificate che plasma e rappresenta l’opinione pubblica nazionale.
Ognuno ci racconterà dal suo punto di vista; sensibilità, correttezza e pregiudizi compresi.
Noi, pochi, teneri, marginali e poco comunicativi, continueremo a baloccarci con l’idea in fin dei conti cialtrona di “non esistere”, per evitare di affrontare la questione delle questioni della nostra sopravvivenza, conficcata in un’identità comunitaria della quale ragioniamo poco e superficialmente.
Addirittura l’esistenza, nell’epoca vorticosa che stiamo vivendo, non è altro che un racconto. Qualcuno o qualcosa sarà tanto più ineludibile per gli altri, quanto più il suo racconto saprà restare nel fascio di luce in connessione ininterrotta che illumina la scena planetaria e alimenta il suo discorso.
Stolidamente, noi deprimiamo le infrastrutture del nostro racconto; viviamo in ritardo, avendo smarrito il senso e il ritmo della contemporaneità.
Non coltiviamo la letteratura, mortifichiamo il teatro, frequentiamo (quasi) solo il cinema degli altri ed esorcizziamo il segno pittorico (narrativo) della nostra presenza nel mondo.
Per questo ci condanniamo a una condizione negletta e sospettosa che esiste nella sua claudicante povertà; negarlo è solo questione di falsa coscienza.
Il nostro riscatto, la nostra rigenerazione, sarà il frutto (se lo sarà) di un racconto aggiornato e collettivo, radicato nel patrimonio più originario della nostra cultura, capace di esprimersi in maniera colta e originale.
Saranno indispensabili e proficui i contributi e gli apporti che ci verranno come aiuti, come consigli, ma anche come ingiurie o provocazioni, da chi non ci conosce o vuole imparare a conoscerci; i protagonisti del nostro racconto però – se sapremo esserlo – dovremo essere noi, oppure avvizziremo nell’orizzonte oscuro e minaccioso che ci si profila da tempo.
di Antonio Ruggieri (da ilbenecomune.it)